Catanzaro, il processo di Tursi Prato come una telenovela: il ruolo di “Francesca” e i consigli di Commodaro

Le carte dell’inchiesta “Genesi”, che hanno portato – a gennaio 2020 – all’arresto, tra gli altri, del giudice Marco Petrini, del faccendiere Emilio Santoro e di Pino Tursi Prato, sono in un certo senso tragicomiche e ci restituiscono la desolante immagine di una giustizia corrotta fino al midollo. Tursi Prato, in particolare, fa il “diavolo a quattro” per ottenere quello che cerca ovvero la “restituzione” del suo vitalizio, revocato perché è stato condannato in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa. E le fasi di quel processo, per come ci vengono restituite nell’ordinanza, somigliano realmente ad una “telenovela”… Nella quale compaiono altri giudici tra i quali Domenico Commodaro, per gli amici Mimmo, indagato proprio ieri dalla procura di Salerno. 

Il giorno 12 dicembre 2018 si svolgeva l’udienza camerale per l'”incidente di esecuzione” proposto dal Tursi Prato presso la Camera di Consiglio attigua all’aula di udienza “Ferlaino”, sita al primo piano del Palazzo di Giustizia di Catanzaro. L’udienza veniva monitorata in ambientale. Il Petrini non era presente all’udienza (in quanto impegnato nella vigilanza agli esami di stato per l’abilitazione alla professione forense); all’udienza in Camera di Consiglio partecipava esclusivamente il legale di fiducia del Tursi Prato, avvocato Stefano Giordano del foro di Palermo, il quale esponeva al Collegio, presieduto dalla dottoressa Gabriella Reillo, i motivi per i quali, a suo avviso, era da riformare la sentenza nei confronti del suo assistito; il rappresentante della Procura Generale, di contro, richiedeva il rigetto dell’istanza presentata, richiamando una sentenza della Cassazione alla cui stregua, a suo avviso, risultavano infondate le doglianze del ricorrente. Al termine della discussione del difensore, il Presidente del Collegio ringraziava e salutava il legale, senza aggiungere altro. Lo svolgimento dell’udienza veniva poi riferito dall’avvocato Giordano al Tursi Prato, il quale, sin da subito, si mostrava allarmato in quanto sicuro che il dottore Marco Petrini avrebbe presieduto il Collegio.

Successivamente, per tutto il giorno, si susseguivano, da parte del Tursi Prato, commenti, ipotesi e preoccupazioni legate alla mancata partecipazione al Collegio da parte del Petrini. Da ultimo, in serata, tali perplessità venivano prospettate dal Tursi Prato al Santoro; quest’ultimo si rendeva immediatamente disponibile a fugare ogni dubbio chiedendo spiegazioni direttamente al Petrini: “Dopodomani la sistemo tutta la cosa…”.

L’incontro si è poi svolto il 18 dicembre 2018. Il Petrini rassicurava il Santoro di essere perfettamente a conoscenza delle risultanze di udienza, tanto da richiedere al Santoro di far preparare al legale del Tursi Prato una memoria imperniata esclusivamente sulla sentenza della Cassazione indicata dal rappresentante della Procura Generale come presupposto su cui basare il rigetto. I due, poi, si aggiornavano per incontrarsi il venerdì successivo e, nell’occasione, il giudice chiedeva al Santoro altro pesce e del vino per brindare alla sua salute…

Probabilmente proprio nell’ottica di fornire un pronto riscontro a Santoro nell’incontro che si sarebbe tenuto il giorno successivo, il Petrini, giorno 17 dicembre, dal suo ufficio chiedeva al collega Mimmo (poi identificato nel dottore Domenico Commodaro, consigliere della I e della II sezione della Corte di Appello di Catanzaro) informazioni riguardo l’udienza relativa all’incidente di esecuzione che riguardava il Tursi Prato, chiedendo, in particolare, se l’avvocato avesse esposto in modo esaustivo le proprie ragioni e chi si stesse occupando del fascicolo. “Mimmo, a chi è andato poi… quell’incidente di esecuzione di Tursi Prato… a Francesca? No… se ti dà la memoria, se l’ha già avuta… L’avvocato ha parlato? La problematica è complessa?”.

In relazione alla prima richiesta, Mimmo Commodaro rispondeva che l’avvocato aveva arringato tanto da convincerlo della complessità della vicenda e tanto da indurlo anche ad essere sollevato di non essere lui il relatore del Collegio. In merito alla titolarità del fascicolo, il Mimmo, interpellato, rispondeva che lo aveva Francesca (inteso come dottoressa Garofalo, relatrice della causa). In relazione alla “Francesca” che era stata designata dal Presidente di Sezione, dottoressa Reillo, quale giudice del Collegio relatore per il ricorso proposto dal Tursi Prato, risultava trattarsi della dottoressa Francesca Garofalo, consigliere della I Sezione della Corte d’Appello di Catanzaro, presieduta dalla predetta dottoressa Gabriella Reillo. Appena terminato l’incontro con Petrini, Santoro raggiungeva il Tursi Prato e tra i due veniva registrato un dialogo nel quale poteva verificarsi che il Tursi Prato chiedeva al Santoro, con insistenza, come si poteva essere sicuri che il giudice Petrini sarebbe intervenuto nonostante non fosse assegnatario del fascicolo. Il Santoro, al riguardo, forniva ampie rassicurazioni ribadendo che non era la prima volta che si rivolgeva al giudice Petrini e che non era la prima volta che questi gli faceva dei favori…

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