Catanzaro. La Cassazione restituisce i beni alla famiglia Saraco e sconfessa Valea, il giudice corrotto

Nella giornata di ieri si è appreso che il Tribunale di Salerno ha emesso una interdizione di un anno nei confronti dell’ex presidente del Tribunale del Riesame di Catanzaro Giuseppe Valea, disponendo nel contempo una perquisizione nei suoi uffici. Sono sette gli episodi contestati al giudice – ora trasferito su sua richiesta dal Csm al Tribunale di Milano – le cui decisioni sono state depositate tra il marzo del 2021 e il mese di maggio 2021, due delle quali riguardano il procedimento per il sequestro dei beni all’imprenditore Antonio Saraco. Sarebbero proprio questi procedimenti a collegare la vicenda che ha portato all’interdizione di Valea a quelle dell’indagine Genesi che hanno portato a processo il giudice Marco Petrini, che era stato presidente di sezione della Corte di Appello che nel 2018 aveva restituito a Saraco il suo patrimonio. Il Riesame guidato da Valea ha rimesso sotto sequestro i beni di Saraco, depositando la decisione dopo oltre due anni, dopo che era già esplosa l’inchiesta sui presunti episodi di corruzione a Palazzo di Giustizia. Una decisione quella sul sequestro di beni alla famiglia Saraco che i giudici “a latere” del riesame Gaia Sorrentino e Alfredo Ferraro avrebbero appreso soltanto dagli organi di stampa… E che è stata clamorosamente sconfessata appena un mese fa dalla Cassazione. Per come ricordiamo nell’articolo che segue. 

L’avvocato catanzarese Francesco Saraco è stato accusato di aver allestito una tela di corruttele per pilotare sentenze attraverso il giudice Marco Petrini, presidente della sezione penale della Corte di Appello di Catanzaro oggi collaboratore di giustizia. La Corte di Cassazione si è espressa in merito al sequestro dei beni dal quale Francesco Saraco è stato raggiunto e ha clamorosamente sconfessato l’ordinanza del Tribunale della Libertà di Catanzaro presieduto dal famoso giudice corrotto Giuseppe Valea, del quale ci siamo ampiamente occupati nel recente passato (http://www.iacchite.blog/sistema-catanzaro-giudici-avvocati-e-mafiosi-il-presidente-del-riesame-e-il-legale-specialista/). Di seguito, il comunicato dell’avvocato Francesco Saraco. 

L’avvocato Francesco Saraco

In data 21 dicembre 2020 il Tribunale della Libertà di Catanzaro dopo due anni dall’appello proposto dal sottoscritto ed ai miei familiari (rectius terzi interessati) aveva ordinato la confisca di tutti i nostri beni.

Avverso tale procedimento, per il tramite del prof. Avv. Giuseppe Della Monica, del foro di Salerno, abbiamo interposto, ricorso per Cassazione, evidenziando le ragioni che legittimano la restituzione dei beni a nostro favore.

La Corte di Cassazione Sez.II, con sentenza del 28 Aprile 2021, ha annullato l’ordinanza del Tribunale della Libertà di Catanzaro, emessa dal Dott. Valea Giuseppe, così ritenendo la fondatezza e legittimità di un nostro diritto alla restituzione dei beni e ciò sebbene nel frattempo fosse intervenuto un provvedimento di confisca.

Nello specifico, a seguito della pronuncia dell’ordinanza con cui la Corte di Appello di Catanzaro in data 1 agosto 2018 aveva disposto la restituzione dei beni riconducibili a me ed ai miei familiari, la Procura Generale della Corte di appello di Catanzaro aveva interposto ricorso davanti il Tribunale della Libertà di Catanzaro chiedendo l’annullamento dell’ordinanza di restituzione dei beni. Il Tribunale della Libertà di Catanzaro nel decidere l’appello della Procura Generale, aveva ritenuto opportuno riunire tale atto di gravame con due distinti appelli interposti, in data 28 febbraio 2018, da me ed i miei familiari relativi a delle ordinanze che il Tribunale di Catanzaro aveva pronunciato rigettando le nostre richieste di restituzione dei beni.

Il Tribunale della Libertà, Giudice estensore dott. Valea, in data 22 dicembre 2020, dopo due anni, rigettava gli atti di appello avanzati da me ed i miei familiari mentre accogliendo l’appello della Procura Generale della Corte di Appello, annullava l’ordinanza di restituzione dei beni, pronunciata dalla Corte di Appello e disponeva il sequestro di tutti i beni.

La vicenda giudiziaria, da cui è scaturita, anche l’espropriazione integrale dei beni riconducibili a tutta la mia famiglia , si connota, a questo punto, di un ulteriore particolare che ha le vesti di una legittimità massima, qual’è un pronunciato del Supremo Collegio.
Oltre, ai temi, tristemente ben noti, anche il lasso di tempo (enorme), che è intercorso per poter sottoporre al vaglio del Giudice di legittimità la questione relativa alla sequestrabilità dei beni riconducibili a me ed ai miei familiari, rende ulteriormente critica l’intera questione.

Ed infatti, dalla data di presentazione degli appelli davanti al Riesame a quelli in cui il medesimo Tribunale ha deciso sono decorsi oltre due anni e prima, ancora, erano decorsi altri due anni per ottenere una decisione dal Tribunale del Riesame investito da domanda di restituzione dei beni di talché ciò ha limitato fortemente il nostro diritto di difesa davanti al Tribunale di primo grado investito della vicenda il quale ha deciso la confisca dei beni e la condanna di mio padre in fase di pendenza di appello davanti al Riesame .

Con riferimento invece alla misura di prevenzione applicata dei confronti di mio padre è doveroso precisare che la decisione dell’applicazione della misura è del 15 ottobre 2018 tuttavia, il deposito della motivazione è avvenuto in data 31 maggio 2021 di talché la confisca dei beni è illegittima giacché l’ art. 24 del testo unico antimafia al comma 2 dispone che “ il decreto di confisca può essere emanato entro un anno e sei mesi dalla data di immissione in possesso dei beni da parte dell’amministratore giudiziario”.
Orbene, nel caso in esame gli amministratori giudiziari si sono immessi nel possesso dei beni in data 26 aprile 2018 mentre il decreto di confisca è stato depositato dopo 3 anni e 2 mesi .
Tanto dovuto, visto il clamore mediatico che, mio malgrado, ha avuto la vicenda che mi ha visto coinvolto.
Con osservanza,
Avv. Francesco Saraco