Catanzaro, la curia di Bertolone: il diktat contro don Mimmo Battaglia e le gravi denunce dei seminaristi

C’è imbarazzo nei corridoi dei palazzi che il potente vescovo massomafioso di Catanzaro, Vincenzo Bertolone, ha abbandonato da qualche giorno. Il trasloco repentino dell’inquilino, quello che a tutti è sembrata una fuga, sta generando il caos: veleni, segreti e sospetti tornano indietro come un boomerang colpendo a vicenda le tonache, quelle che erano potenti perché nel cerchio magico del vescovo Bertolone e quelle che sono state vittime e che cominciano a cantare il “Magnificat”…

Allora Maria disse: «L’anima mia magnifica il Signore  e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,  perché ha guardato l’umiltà della sua serva. D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata. Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente e Santo è il suo nome: di generazione in generazione la sua misericordia si stende su quelli che lo temono. Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato a mani vuote i ricchi. Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia, come aveva promesso ai nostri padri, ad Abramo e alla sua discendenza, per sempre» (Luca 1, 46-55).

La vera vittima di violenza è la Chiesa, come istituzione secolare, come riferimento di un gregge che vive la mancanza del suo pastore, quello che a Catanzaro per un decennio si è travestito come tale per non dimostrare di essere lupo, alla guida di un branco di altri lupi con le sembianze di agnelli, che hanno avvelenato la storia della curia catanzarese. La Chiesa affaristica e massomafiosa secondo il sistema Catanzaro.

E’ “codice rosso” nella Chiesa del sistema Catanzaro. La regola del silenzio che ha sepolto domande e risposte sulle dimissioni indotte del vescovo Vincenzo Bertolone, secondo una procedura di seppellimento negli archivi della Santa Sede, sta saltando nelle latitudini più vicine al palazzo della curia ed il chiacchiericcio tipico degli ambienti ecclesiastici si trasforma in comunicazione, in scritti via mail, nella narrazione di fatti e misfatti, insomma in una rivelazione postuma. La confessione inversa dei veleni alla luce del sole.

Si conferma, per quanti ancora abbiano dei dubbi, che il ministero del vescovo Bertolone non è stato quello dell’apostolato dell’ascolto, il suo orecchio è sempre stato sordo, bensì quello di essere federatore della massomafia, facilitatore e protettore di prelati affaristi, allibratore clandestino di scommesse della politica corrotta, ma soprattutto manutentore e guastatore della Misericordia: lui prima di tutti, prima di Dio.

Nessuno poteva e doveva fare ombra al potente vescovo di Catanzaro, è sua la scena dal pulpito delle omelie politicamente scorrette, i pizzini lanciati ai suoi sodali come raccomandazione e come monito della sua potenza. Non ha rappresentato il Vangelo né con la parola, né con i fatti, ha dispensato benefici esclusivi ai suoi leccapiedi, ha imposto “scomuniche” ad horas a chiunque poteva offuscare il suo prestigio, di vescovo massomafioso. Uno per tutti, la notizia ci è stata rivelata in queste ore, don Mimmo Battaglia (così viene ancora chiamato in città), l’attuale arcivescovo di Napoli al quale era impedito di celebrare Messa nella sua comunità, il Centro Calabrese di Solidarietà ogni qual volta ritornava a Catanzaro. Mistero della Fede oscena di Vincenzo Bertolone.

Fede, Speranza e Carità nel lungo regno di Bertolone sono state derubricate a bestemmie, quello che tanti avevano capito usando un metro di equilibrio con la ragione, senza adulare in modo bigotto le non virtù del vescovo inquinato. In tanti hanno ricevuto la sua buona novella, quella del Vangelo e cappuccio sussurrata di nascosto, e molti hanno ricevuto la gratifica, i nuovi incarichi prima della fine del suo mandato, come il suo segretario, don Francesco Candia, promosso a difensore del vincolo presso il Tribunale Ecclesiastico Interdiocesano Calabro di Appello, nonostante le sue strane frequentazione nelle vie buie della città.

Stessa benevola sorte, le promozioni in zona cesarini, è toccata a don Mario Spinocchio nominato Rettore del Seminario Teologico San Pio X di Catanzaro, facendo esplodere i tabernacoli.

I seminaristi non ci stanno e denunciano a noi l’ultimo misfatto di Bertolone: «… Ha fatto di tutto per piazzare come Rettore un sacerdote di Catanzaro la cui fama è ben conosciuta sia in città che nel resto della Calabria!». La denuncia per come ci viene raccontato è stata inoltrata nei mesi estivi alla Congregazione del Clero, alla Congregazione della Fede, alla Segreteria di Stato ed anche al Papa «…per metterli in guardia su quello che stava accadendo, ma nessuno ha voluto ascoltare, o forse qualche “manina” romana ha nascosto tutto!».

Il racconto-denuncia continua, svelando altri particolari «…Nel mese di luglio scorso all’improvviso tutti noi seminaristi abbiamo ricevuto dal Rettore Don Rocco Scaturchio una lettera in cui ci viene comunicato che dal 1 settembre avremo avuto una nuova Equipe formativa. Non nascondiamo lo sconcerto che abbiamo provato tanti di noi seminaristi. siamo rimasti frastornati e confusi, ma siamo anche sicuri che il Signore continuerà a guidarci. Tuttavia in quei giorni ho ascoltato dal mio Vescovo, mentre parlava con il Vicario Generale, che la CEC avrebbe individuato come nuovo Rettore don Mario Spinocchio della diocesi di Catanzaro; ero vicino a loro e purtroppo ho sentito, ma non ho parlato con nessuno di questo; dopo aver pregato ho sentito il dovere in coscienza di scrivere alla Santa Sede per avvertirli».

Nella lunga confessione arrivata a noi, dopo essere approdata senza alcun esito alla Santa Sede, si lamenta che don Mario Spinocchio sia stato per molti anni padre spirituale nel Seminario San Pio X e che molti seminaristi abbiano aperto a lui anima e coscienza, un fatto che crea dopo la sua nomina confusione. Ma i motivi di preoccupazione sono altri, «…Ma quello che più ci preoccupa è che don Mario lasciò il Seminario perché fortemente depresso, e la maggior parte di noi seminaristi che viviamo per 9 mesi l’anno a Catanzaro, sappiamo che fino ad oggi è sotto cura da uno psichiatra. Dunque come potrebbe guidare il Seminario un sacerdote in questo stato? Oltretutto in un momento così difficile e sconvolgente per tutti noi? Inoltre tutti noi abbiamo facilmente capito che l’Equipe formativa è saltata a causa delle vicende accadute a Catanzaro (movimento apostolico) che hanno coinvolto anche il nostro Seminario, quindi perché scegliere come Rettore proprio uno di Catanzaro? da quanto sappiamo egli è stato anche uno dei fautori della guerra scoppiata in quella diocesi».

Volano gli stracci, quelli sporchi lasciati in eredità dal vescovo massomafioso Vincenzo Bertolone e sulle macerie dei tabernacoli, che hanno lasciato le ostie roventi, vengono fuori altri particolari, ben più strutturati che svelano il grado di impresentabilità di molti appartenenti alla curia di Catanzaro. Non siamo noi a dirlo, ci limitiamo a riportare ancora quanto scritto nella lunga confessione dei seminaristi del San Pio X «… anche far cenno ad una strana relazione che questo presbitero ha con una ragazza di Catanzaro, la quale con la scusa di essere stata una sua ex parrocchiana la frequenta continuamente. Negli anni successivi, dopo che don Mario lasciò il Seminario, molto spesso li incontravamo insieme nella Città. È evidente che non si tratta di un rapporto spirituale. Tutti lo sanno ma nessuno fa niente! Ora, mi domando se tutte queste cose sono chiaramente note a noi seminaristi, come è possibile che i nostri Vescovi non sappiano nulla e abbiano deciso di confluire verso questo prete? In che modo Bertolone, nella sua arroganza, è riuscito ad imporre questo sacerdote anche a tutti gli altri vescovi della Calabria? E perché da Roma nessuno ha fatto niente? Non possono dire di non aver saputo perché ho le email conservate! Nessuno ha pensato al bene di noi seminaristi calabresi prima di cedere a strane logiche di potere, che sinceramente dovrebbero rimanere fuori da un luogo sacro come quello del Seminario. Adesso noi stiamo per iniziare un nuovo anno di formazione e ci troviamo con un Rettore, imposto da Bertolone (le cui ultime vicende dicono tutto), inadatto al ruolo e soprattutto non credibile in quanto la sua vita è totalmente contraria a quella richiesta ad un sacerdote! Quindi come potrà un soggetto del genere formare i nuovi sacerdoti della Calabria?».

Fin qui la cronaca interna dalla curia di Catanzaro, mentre la grande Loggia della CEC continua in modo sibillino a validare la tesi del martirio a secco di Vincenzo Bertolone, dimenticando che la mafia si combatte con i fatti e con le scelte, anche quelle al suo interno, senza dimenticare di lasciare l’uscio sempre aperto alla massoneria, l’altra faccia controversa del sistema Catanzaro, sposato e laudato proprio dal vescovo esule Bertolone. La dimenticanza voluta è metodo e questo forse spiega un’altra grave dimenticanza, non aver espresso alcuna forma di vicinanza, non già di solidarietà, a chi la ‘ndrangheta la combatte quotidianamente esponendo al rischio anche i suoi affetti più cari, il procuratore Nicola Gratteri. La Chiesa tace e la tradizione inquinata continua…