Catanzaro, la deriva del Pd. Il concorso silenziato e le “cantate” di Celia

Catanzaro è la città riconosciuta della massomafia. Acquisito il dato, peraltro confermato dall’operazione della procura di Nicola Gratteri denominata “Basso Profilo”, quello che è diventato ormai il manuale delle istruzioni di una politica protagonista in negativo, ritorniamo ad osservare le “attività”, diciamo pure losche che nel segno della continuità caratterizzano i palazzi della città.

Nella città dell’ex vescovo massomafioso Vincenzo Bertolone, quello fuggito con il favore delle tenebre e con la cassa, tutto è rimasto immobile, consegnato alle famiglie del cappuccio e compasso, perché le obbedienze e le logge si moltiplicano nel perimetro ristretto di Catanzaro come i conigli, anche perché è ormai strada certa per entrare dal portone d’onore al tavolo della spartizione, quello che soddisfa i bisogni di pianerottolo e di famiglia.

La svolta di CambiaMò tanto decantata dal sindaco Nicola Fiorita è rimasta ai blocchi di partenza, simbolo dell’ennesima truffa, anche ideologica per certi versi (per quanto ormai possano contare le ideologie), consumata sulle spalle dei catanzaresi nella corsa alla poltrona ed al potere. Vengono fuori come corredo le frizioni, gli appetiti di un branco di famelici cinghiali, si ripropone nei fatti lo schema ed il metodo del “sistema”, la caratterizzazione dell’era Abramo e l’eredità accettata nei sottoscala da Nicola Fiorita. Così come quella di Tallini è passata a Talerico dopo il tragicomico rimpasto.

Il clima è rovente, la rivolta degli straccioni è al limite del confine cittadino e le grane stanno diventando interessanti sia dal punto di vista della cronaca che da quello strettamente giudiziario. Il cammino di Nicola Fiorita, detto “Nick marmitta”, è pericolosamente accidentato, ora che le domande sono diventate pubbliche, quelle che mettono spalle al muro alcune procedure consolidate negli anni, emblema del “sistema” Catanzaro, a cominciare dai concorsi. Il terreno di scontro adesso è il concorso per il nuovo comandante della Polizia Municipalequello che dopo l’esperimento delle prove scritte è stato bloccato da Nick marmitta dopo una provvidenziale “notizia” pubblicata su un giornale per una presunta incompatibilità del presidente della Commissionela segretaria generale Vincenzina Sica, conosciuta anche come la mistica di Simeri Crichi, tanto da chiedere l’intervento chiarificatore dell’Anac ovvero l’Agenzia Nazionale Anti Corruzione. Mica pizze e fichi. 

A questo punto le domande diventano importanti, pesanti, tanto da rompere il cliché ed i silenzi di Fiorita, lui, il paladino della trasparenza e della legalità, quella sbandierata almeno fino al raggiungimento dell’obiettivo, la poltrona di sindaco, per poi tradire tutto e tutti con  piroette da ballerino provetto. Cade, almeno questa volta, il clima circense che è ormai la costante della gestione di Nick marmitta, dove fra foche fulminate e qualche pachiderma rincitrullito, fa quasi notizia il festival degli aquiloni piuttosto che la certezza delle regole e l’equivalenza verso i cittadini.

Le domande ci sono tutte e sono ormai conosciute e, nonostante la replica, stranamente istantanea, alle legittime domande del consigliere comunale Antonio Corsi, i dubbi restano legittimamente intatti.

Ci si domanda: perché Fiorita non ha chiesto il parere ai suoi tecnici nominati e pagati con i soldi dei contribuenti, giusto per non ricorrere all’AntiCorruzione e dilatando i tempi, ma soprattutto ci si chiede a cosa servono i consulenti nello staff del primo cittadino, se questi non battono chiodo?

Perché il quesito chiesto dal sindaco, che ha bloccato lo scorrere del concorso, avviene dopo le prove scritte?

Risulta credibile il dubbio che si tratti di un percorso orchestrato per ribaltare l’esito sfavorevole della prova scritta per alcuni candidati, usando come strumento e giustificazione quanto pubblicato dalla testata giornalistica Calabria7?

Qual è l’intento politico che mette in contraddizione il sindaco e la segretaria generale, alla quale la risposta dell’Anac poi dà fondamentalmente ragione?

Ma, in particolare, qual è la correlazione fra la sospensione del concorso ed i risultati della prova scritta?

C’è da dire che non ha superato lo scritto Amedeo Cardamone (anche se qualcuno dice che non abbia proprio partecipato), uno dei papabili vincitori, indicato come tale anche dalla testata giornalistica di cui sopra per conflitti di interesse con la signora Sica mistica (che fa anche rima). E non solo, perché il Nostro è stato già vicecomandante della polizia municipale di Catanzaro e di fatto è il comandante facente funzioni, peraltro protetto dal disciolto, nemmeno poi tanto, Movimento Apostolico.

Ma se la partecipazione al concorso di Cardamone era un fatto ormai noto, nessuno finora aveva scritto o detto che in questo calderone c’è un soggetto quantomeno eccellente che risponde al nome di Gerardo Lardieri, il tenente colonnello dei carabinieri fino a poco tempo fa a capo del nucleo di Polizia giudiziaria della procura cittadina, da sempre vicino al procuratore Nicola Gratteri, anzi diciamo pure suo braccio destro per eccellenza. 

E perchP non l’ha scritto neanche Calabria7, il giornale che pure aveva iniziato ad alimentare dubbi sulla regolarità del concorso?

Ebbene, anche Lardieri – sarà un caso ma forse no – non ha superato la prova scritta (forse anche lui non si è presentato…) e in questi ultimi giorni si è capito anche perché. “Gerry” infatti è stato nominato clamorosamente a capo della polizia municipale di… Forlì, vincitore di un concorso, anche questo molto chiacchierato, dove la selezione è avvenuta sulla base dei curriculum… (https://www.iacchite.blog/catanzaro-concorso-comandante-polizia-municipale-fiorita-tra-due-fuochi-il-candidato-della-paranza-o-il-braccio-destro-di-gratteri/).

Le voci del palazzo parlano, cercando di chiarire quei contorni poco cristallini, la caratteristica del comune di Catanzaro ante e post Sergio Abramo, in continuità con Nick marmitta, il sindaco del falso cambiamento che tutela il “sistema”, il meccanismo rodato a cui concorrono le logge cittadine, rispetto alle quali Fiorita non può sottrarsi per ragioni di tenuta politica della sua maggioranza, ma soprattutto per un contributo ricevuto in termini di voti dalle famiglie con il grembiule.

La posizione di Gerry Lardieri resta un problema aperto al pari di quella di Amedeo Cardamone e, in questo contesto il sindaco e la sua maggioranza affamata non possono mettersi contro la Chiesa locale dove l’eredità mafiosa di Bertolone resiste, né per converso contro il sentire della procura locale, per quanto Gratteri sia ormai con le valigie in mano destinazione Napoli. 

La soluzione più credibile è quella attuata a Forlì, la selezione sui curriculum, questo spiegherebbe la posizione di Nick marmitta ed il suo barare al tavolo dei concorsi, sorvolando per benevolenza a quello della legalità.

Tradotto in soldoni, in molti pensano che il silenzio calato sul concorso possa essere funzionale al provvidenziale trasferimento, tra un paio di mesi, di Lardieri a capo della polizia municipale di Catanzaro dalla sua attuale sede di Forlì. Dubbio assolutamente legittimo, alimentato anche dal silenzio compiacente della testata giornalistica. Che prima si è esposta e adesso tace in perfetto stile “tira a petra e ammuccia a manu”.

Che la posizione di comandante della Polizia Municipale è posizione scomoda ed al contempo utile ad alcuni che siedono nella maggioranza di Fiorita, è fatto ormai conosciuto, ancora prima delle domande di Corsi: già nel lontano maggio 2022, ancora sotto il governo Abramo, è un elemento che veniva denunciato dalla Gazzetta del Sud, dopo l’esito negativo del primo avviso pubblico.

Ad oggi la scenografia non sembra essere cambiata, tutt’altro… si carica invece di ulteriori motivi di incertezza, di infiltrazioni pericolosamente tossiche, quelle che sia pure partite da organi di informazione, hanno incrinato il concetto di legalità, forse… mettendo in predicato l’azione del sindaco.

E qui torna in evidenza l’operazione Basso Profilo e la relazione della DDA, che denuncia frequentazioni con soggetti colpiti con l’operazione Jonny e che come pubblicato dal Corriere della Calabria il 31/05/2017 con video annesso, facevano campagna elettorale per il capogruppo e segretario cittadino del Pd, Fabio Celia, nelle elezioni comunali dl 2017. Per dovere di cronaca va detto che Celia non è mai stato indagato per il fatto, mentre i suoi sostenitori borderline sono normalmente “ricoverati”, ospiti nelle patrie galere…

Uno dei candidati alla carica di consigliere comunale di Catanzaro alle elezioni del 2017 (sempre più “strategiche” per capire il sistema Catanzaro) era appoggiato da due presunti boss legati alla cosca Arena di Isola Capo Rizzuto. Si tratta di Fabio Celia, schierato all’epoca nella lista “Fare per Catanzaro”, una delle civiche a supporto del candidato sindaco del centrosinistra alle amministrative del 2017, Vincenzo Ciconte. E poi rieletto anche nelle ultime elezioni comunali dello scorso anno ma nella lista del Pd e addirittura eletto segretario cittadino dello stesso Pd (ora è dimissionario ma vogliono farlo comunque arrivare al congresso).

Celia non fa solo il politico e quindi il consigliere comunale, di professione fa l’imprenditore. “Di successo” secondo i suoi estimatori. Gestisce una catena di supermercati che dà lavoro a circa 200 dipendenti, recentemente è entrata nel gruppo Crai ed opera tra Catanzaro e Crotone. E’ anche titolare di alcuni bar a Catanzaro Lido. E come se non bastasse è anche editore di un giornale on line, Calabria7, proprio quel giornale che con le sue “rivelazioni” ha aperto il caso del concorso del comandante della polizia municipale, sul quale adesso ovviamente è calato il silenzio. 

E oggi è arrivato il momento di rispolverare quel vecchio articolo che ci ricorda quell’appoggio dei boss all’imprenditore candidato e che può decisamente chiarire perché Celia si guarda bene dal citare Lardieri e di creare imbarazzo a Gratteri. Si tratta di un articolo che venne pubblicato dal Corriere della Calabria, a firma Pietro Bellantoni, quando il direttore del giornale era ancora Paolo Pollichieni (deceduto nel 2019).

Catanzaro, un candidato di Ciconte sostenuto da due boss 

https://www.corrieredellacalabria.it/2017/05/31/catanzaro-un-candidato-di-ciconte-sostenuto-da-due-boss-video/

Due video in diretta postati su Facebook dimostrano la vicinanza tra il consigliere di Palazzo de’ Nobili e due presunti luogotenenti della cosca crotonese, Nicolino Gioffrè (detto “Niko”) e Costantino Lionetti, entrambi accusati di associazione mafiosa e finiti in carcere poche settimane dopo nell’ambito dell’inchiesta “Jonny”, la maxioperazione che ha svelato gli interessi della clan Arena nel settore dell’accoglienza ai migranti e delle estorsioni.

IL VIDEO I video riprendono Celia, Gioffrè e Lionetti in un ristorante, intenti a ballare e a cantare. Le immagini (le trovate in testa al servizio, opportunamente tagliate a tutela della privacy degli altri invitati) sono state poi postate lo scorso 7 maggio sul profilo Facebook di Gioffrè, circa una settimana prima degli arresti. Probabilmente è proprio lui a girare le immagini con il suo smartphone. L’atmosfera è di festa. Il primo video parte con uno zoom sul viso di Lionetti, che scherza davanti alla videocamera. In sala si ascolta ad alto volume una canzone di Massimo Ranieri, “Erba di casa mia”. Gioffrè fa qualche passo e mentre continua a registrare grida più volte «vota Celia». Poi si avvicina al tavolo dove sta seduto il candidato al consiglio comunale: «Assessore, qualcosa da dichiarare per la città di Catanzaro?». E Celia: «Un voto libero per tutti. Oggi non farti oscurare dal bisogno, il bisogno soffoca (intanto la persona che gli è accanto mostra il suo “santino” elettorale, ndr), si costruisce con la cultura». «Basta, che mi sto eccitando», risponde scherzoso Gioffrè.

Nel video ricompare Lionetti. Gioffrè allora molla lo smartphone e intona un’altra canzone di Ranieri, “Perdere l’amore”. Si sente un altro grido: «Viva l’assessore!», con Celia che mostra ancora una volta il suo santino. Infine, un primo piano di Gioffrè, che urla: «Vota Celia, vota Celia!».
In un secondo video si vedono diverse persone che ballano. Adesso canta anche Celia, che a un certo punto viene abbracciato da Lionetti. Una voce fuori campo, di nuovo: «Vota Celia!»; e Lionetti approva compiaciuto, ride e muove le mani in segno di condivisione. Il candidato al Consiglio adesso si cimenta in un freestyle sulle note della canzone: «Vota, vota, vota, vota Celia. Vota per cambiare…». C’è ancora tempo per il santino, che viene agitato davanti alla videocamera.

CHI È GIOFFRÈ Le mire della cosca Arena, secondo la Dda di Catanzaro, si sarebbero estese fino al capoluogo di regione, grazie ad alcuni fidati “colonnelli”. Il più importante dei quali sarebbe proprio Gioffrè, individuato dai vertici del clan di Isola quale «rappresentante» per il territorio di Catanzaro. Gioffrè, scrivono gli inquirenti nell’ordinanza di fermo, «è fra gli organizzatori del sodalizio perché dirige la cellula della consorteria operante sul territorio di Catanzaro e zone limitrofe, per il compimento dei delitti, tra cui le estorsioni, volti al controllo del territorio e all’assoggettamento delle vittime».

Sarebbe stato proprio lui a ricevere e veicolare agli altri componenti del gruppo gli ordini della cosca Arena, «provvedendo ad attuarne i piani nel comprensorio catanzarese, riscuotendo, anche personalmente, i proventi estorsivi in nome e per conto della cosca». È inoltre considerato l’«organizzatore, talvolta esecutore, di delitti ricompresi nel programma del sodalizio criminale» ed è «attivo nella programmazione, delle strategie di espansione del sodalizio e nella preparazione di specifiche attività delittuose, ricomprese nel programma associativo, con l’ampio controllo del territorio, conservando ed esaltando l’operatività della cosca, nonché accrescendo la forza economica della medesima, onde rafforzarne la capacità di azione».

Anche Lionetti è considerato un elemento di rilievo della cosca, con compiti di controllo della zona Germaneto di Catanzaro. «Partecipa – è scritto nel provvedimento di fermo – ai summit di ‘ndrangheta per i quali mette a disposizione del sodalizio, quali luoghi di incontro, le villette in località Germaneto, in fase di ultimazione, dove egli ha in corso lo svolgimento dei relativi lavori, programmando anche le strategie di espansione del sodalizio e le specifiche attività delittuose». (Pietro Bellantoni)

Per continuare con la ricostruzione, c’è da dire che l’articolo fece parecchio rumore e venne ripreso, tra gli altri, anche da Repubblica (Candidato consigliere a una festa con ndranghetisti).

Un karaoke può far arrossire il Pd? In Calabria sì. Soprattutto se a cantare abbracciati sono un candidato alle amministrative di Catanzaro e due presunti luogotenenti del clan Arena. L’aspirante consigliere comunale in questione è Fabio Celia, uomo di punta di una lista civica che sostiene il candidato sindaco dem Vincenzo Ciconte. Qualche settimana fa, Celia si è fatto beccare (e filmare) in compagnia degli uomini del clan Arena, arrestati poco dopo per ordine della Dda di Catanzaro. I tre – testimonia un video – sono insieme ad una festa, animata da slogan e cori a sostegno del candidato… 

Dopo una mattinata di silenzio, Ciconte si era affidato ad una nota per chiedere all’aspirante consigliere comunale di ritirare la candidatura. “Sono distante anni luce da vicende del genere, perché il mio impegno politico è stato sempre improntato alla trasparenza, alla rettitudine e al pieno rispetto della legge – fa sapere il candidato sindaco dem – Non vogliamo alcun voto proveniente da ambienti criminali, il nostro impegno è finalizzato a che non ci siano ombre e opacità alcune nell’amministrazione che guiderò con il voto pulito e onesto dei cittadini catanzaresi”. Anche il Pd regionale, tramite il suo segretario dellì’epoca Ernesto Magorno, aveva messo le mani avanti. “A prescindere dai risvolti penali della vicenda, come partito chiediamo l’immediato ritiro di quella candidatura”.

LA NOTA DELL’AVVOCATO DI CELIA

L’avvocato che difende gli interessi di Fabio Celia è tale Eugenio Felice Perrone, recentemente salito alla ribalta delle cronache perché il sindaco Fiorita – ma guarda un po’ il caso – gli ha assegnato una importante nomina di sottogoverno ovvero la presidenza dell’Amc, l’azienda municipalizzata dei trasporti. Nomina tra l’altro sub iudice per un ricorso presentato al Tar nel quale si sostiene che il soggetto non ha i requisiti (https://www.iacchite.blog/catanzaro-lavvocato-di-celia-capo-dell-amc-presentato-ricorso-al-tar/). Ma questa è un’altra storia. In questa sede ci interessa sapere cosa scrisse all’epoca il legale per “giustificare” il suo cliente beccato con le mani nella marmellata. Ecco il testo della sua nota. La contestualizzazione degli eventi, desunta dal giornalista, è il frutto di una serie di congetture derivanti unicamente dalla visione del video senza aver contattato previamente il Celia.
Diversamente, il mio rappresentato avrebbe reso valide e utili risposte, senza necessità di inutili clamori, in ogni caso le medesime argomentazioni che si offrono in questa sede.
Segnatamente, l’articolo in esame ipotizza, senza falsi infingimenti, equivoci rapporti del Celia unicamente sulla base di pochi secondi di registrazione captati alla fine di un pranzo.
In realtà, in quella sede, si celebrava la ricorrenza di un compleanno di una terza persona e il dr. Celia risultava essere uno dei tanti invitati (circa cinquanta persone). Tutto qui.
Forse il dr. Celia è reo di non aver richiesto preventivamente l’elenco degli invitati?
Pertanto, rispetto a una apparente celebrazione in favore del candidato,  la realtà presentava ben altra finalità, e tale circostanza è da sola sufficiente a dirimere quel distorto sillogismo presentato dalla stampa e   sganciato da una rappresentazione suggestiva, non immune da speculazioni politiche. Difatti, sotto tale ultimo aspetto, si informa che, da immediate indagini difensive, è stato individuato il responsabile della diffusione del video sui social network e coincidente con un esponente del centrodestra catanzarese, peraltro non candidato. Ma tale argomento sarà portato all’attenzione dell’Ufficio di Procura per le gravi responsabilità e a tutela del decoro e onore del dr. Celia, proverbialmente noto per rettitudine, onestà intellettuale e tatto.

Avv. Eugenio Felice Perrone

Il giornalista Bellantoni gli controreplico così: “Prendiamo atto delle dichiarazioni rilasciate dall’avvocato di Fabio Celia. Solo un paio di cose da puntualizzare: 1) nessuna congettura, le immagini parlano da sole e mostrano l’interesse dei due indagati nei confronti di un candidato il cui santino elettorale è più volte agitato davanti alla videocamera, senza contare i loro numerosi suggerimenti al grido «Vota Celia!»; 2) nessun obbligo di sentire preventivamente il candidato: fino a prova contraria la stampa è libera e Celia non ha la facoltà di autorizzare o censurare alcunché; 3) è «distorto» il sillogismo incluso nella replica, ovvero quello secondo cui Celia non è «reo» per il semplice fatto di essere stato invitato a una festa. Ci saremmo aspettati un intervento nel merito: perché due indagati per mafia inneggiavano al candidato? Perché ne mostravano i santini? Perché sollecitavano il voto in suo favore? Perché, da ultimo, lo abbracciavano? Tra sconosciuti, di solito, non si usano simili confidenze”. 

Ma risposte non ne arrivarono e Fabio Celia si candidò ugualmente nella lista Fare per Catanzaro. Le elezioni le vinse Abramo e non Ciconte ma Celia fu eletto alla grande. Sì, proprio quel Fabio Celia che tanto imbarazzo aveva creato nel centrosinistra per via del video diffuso su facebook che lo immortalava in compagnia di due persone rimaste coinvolte nell’operazione Jonny e ritenute contigue alla cosca Arena di Isola Capo Rizzuto. Ebbene, Fabio Celia si era posizionato immediatamente alle spalle del primo eletto Costanzo totalizzando ben 643 voti di preferenza.

Cinque anni dopo, il Pd non solo non ricordava più quell’imbarazzo, ma addirittura “imbarcava” il Nostro nella sua lista. E Celia è stato eletto con 796 preferenze, aumentando la sua performance e piazzandosi secondo dietro Giusy Iemma. Non solo: è stato anche eletto segretario cittadino del Pd, poi s’è dimesso ma in tempo per fare uscire sul suo giornale quella provvidenziale notizia con la quale ha permesso a Fiorita di bloccare il concorso per il comandante della polizia municipale e anche per arrivare al congresso da segretario di fatto. L’unica che s’è ribellata al potentissimo Celia nel Pd è stata Jasmine Cristallo, che non gliele ha certo mandate a dire ma che ancora non è riuscita a evitare che il Nostro traghetti il Pd al prossimo congresso. Ma in politica mai dire mai…