Catanzaro, tra dubbi e misteri tremano i santuari del potere (di Danilo Colacino)

di Danilo Colacino

Se in questo articolo potessi parlare soltanto di politica, dovrei partire dal toto-nomi sui candidati alla carica di governatore e anche di sindaco di Catanzaro.
Sì, avete capito bene, dal momento che anche nel capoluogo si voterà assai prima del previsto e ormai in città tutti sanno il perché.

Ma, procedendo con ordine, starei come premesso prima sulla politica: con un centrosinistra calabrese, o meglio quel che ne resta, in cui fra errori dei Democrat e soci – oltre a scandali vari – si è da anni alla…canna del gas. Condizione grama da cui qualcuno in quella compagine spera adesso di poter uscire, essendosi ringalluzzito (si fa per dire) in virtù delle iniziative giudiziarie portate avanti dal procuratore Nicola Gratteri che ritiene possano offrirgli la prospettiva di non fare da mero spettatore alle prossime elezioni, togliendo di mezzo insuperabili avversari per via giudiziaria. Peccato però che i guai di questo schieramento non siano pochi, tanto che unicamente un deciso sguardo al civismo in luogo delle polverose fallimentari nomenclature del passato sembrerebbe offrirgli concrete chance di successo.

Al di là delle compagini in lizza, però, la figura di spicco lo scorso agosto data per interessata al vertice dell’amministrazione comunale dei Tre Colli, e invece ora secondo qualche mormorio persino propensa a puntare al decimo piano della Cittadella, è quella dell’imprenditore Floriano Noto. Solido operatore economico del settore alimentare in un passato per la verità ormai parecchio lontano, accostatosi alla politica in prima persona e nel tempo mostratosi dietro a diversi progetti tuttavia privi di fortuna.

Il nome del tycoon comunque sia circola, anche se non è dato ancora sapere per conto di quale squadra in campo. Voci di corridoio, soliti rumors, tentativi di tenere nascosti altri pretendenti davvero interessati? Chissà. Certo la città mai come in queste ore sta vivendo momenti di grande concitazione, addirittura con il “giallo” dei manifestoni (su cui sta indagando la polizia) recanti la scritta: “Un popolo di pecore genera un Governo di lupi” che si attaglia alla perfezione dall’ignavia dei catanzaresi disposti a votare Tizio o Caio pure per un lampione riparato o una buca “chiusa”. E anche per assai meno…

Verrebbe allora quasi da ironizzare che dopo il caso Tallini, al vaglio della Magistratura, c’è cu scappa e cu s’ammuccia, anche dai social. Considerato come dopo l’arresto dello stesso ex presidente del consiglio regionale – posto ai domiciliari dal Gip – il rischio “contagio” nel centrodestra è davvero altissimo. E i più avveduti della coalizione lo hanno intuito sin da subito, essendo ai limiti del paradossale che la mano destra quantomeno non sapesse cosa facesse la sinistra. E si spiega forse in tal senso la solidarietà umana espressa a mezzo stampa dal senatore emerito Piero Aiello nei confronti del collega Tallini. Dirigente forzista, quest’ultimo, con cui il buon Piero – in una logica di normale alleanza strategica – si sostenne in maniera vicendevole alla tornata per il rinnovo del Parlamento del 2018 quando nelle fila dei berlusconiani uno correva per fare il suo ingresso a Montecitorio e l’altro per restare invece a Palazzo Madama. Obiettivo fallito da entrambi.

Silenzio di tomba, viceversa, dal fronte abramiano che dopo l’ennesima dimostrazione della solita inestinguibile fellonia del plurisindaco, e il conseguente goffo tentativo di marcia indietro, si è chiuso a riccio nella speranza di schivare pure questo meteorite. Missione complicata, ma ancora possibile, a patto che la Commissione d’accesso antimafia non sciolga il Comune per infiltrazioni mafiose. Un atto che costituirebbe il primo provvedimento di tale gravità per un capoluogo da quando esiste la legge ad hoc. Una roba neppure vistasi in Sicilia durante l’imperversare della mafia stragista corleonese.

Ragion per cui la città potrebbe presto essere svegliata all’alba dal rumore delle pale degli elicotteri e del suono delle sirene nell’ambito di un blitz che, se si torna allo scenario a tinte fosche delle Amministrative 2017, non sarebbe poi un’ipotesi tanto peregrina anche alla luce dei molti chiacchieratissimi faccendieri e lacchè, di cui si sussurra in vari ambienti, così come della facciata perbenista di una certa imprenditoria “malata” nella piena disponibilità di vertici criminali di alto rango oltreché di stimati e insospettabili professionisti al soldo della ‘ndrangheta sempre attaccati alla gonnella della politica allo scopo di ottenere laute prebende e indebite facilitazioni.