Checco insegna cos’è la comicità. Aldo Grasso: “Spero che Pandemia ora che vai via vinca Sanremo”

di Aldo Grasso

Fonte: Corriere della Sera

Non vorrete mica che dica «quanto è stato bravo Checco Zalone» o «viva la scorrettezza». Come suggeriva quel grande, se guardo Checco Zalone, non mi interessa giudicarlo, né, fondamentalmente, capirlo; mi interessa sapere che cosa significa il fatto che io lo guardi. L’attesa è stata più lunga del solito perché preceduta da un monologo che ha messo in crisi l’orario dei treni del Festival che nella prima serata aveva addirittura fatto arrivare il convoglio in anticipo. Non dirò nulla del monologo, salvo che un’attrice dovrebbe pur avere una maggior confidenza con quello che legge e con i tempi drammaturgici. Le buone cause sono ancora più buone se realizzate bene. C’era il rischio che questo Sanremo finisse per essere un inno al torbido prestigio del correttismo con le vallette (il ruolo rimane), scelte per categorie ed elevate, solo nominalmente, a ruolo di co-conduttrici: «Brave anche le altre conduttrici che ti ha imposto Giovanna (la moglie). Però manca la scema».

Molti non hanno capito, pazienza. Poi Checco si esibisce in una fiaba calabrese, una rilettura di Cenerentola in chiave lgbtq. Amadeus è un bravo presentatore, ma come spalla fa quel che può. Già prima poteva intervenire ad asciugare tempi e lacrime al monologo, ma far ridere con un copione in mano è impresa impossibile. Di fronte alle canzoni «Che ipocrisia nell’universo» e «Poco ricco» («vede le insegne di Prada, ma sente una voce amara che dice Zara», «un padre eccezionale che va a puttane dentro il Bosco verticale») è la coscienza che mi interroga. Perché rido, perché Checco Zalone libera la brutta persona che alberga in me, perché capisco che c’è una differenza tra l’intelligente e l’intellettuale? Perché? Anch’io ho tentato invano di far emergere il senso del ridicolo sul presenzialismo dei virologi, ma Checco insegna cos’è la comicità . Spero che «Pandemia ora che vai via» vinca il Festival.