Chi è Roberto Violetta Calabrese, il pentito che continua a “strozzare”

Roberto Violetta Calabrese è uno strozzino della peggiore specie. Un rovina famiglie, che quando ha visto a maliparata, non ha perso tempo a pentirsi. Roberto, prima del suo pentimento, si vantava di essere un malandrino. Ed andava in giro per la città ad intimidire e minacciare, impunemente, questo e quello.

Ha rovinato tantissimi lavoratori e imprenditori, strozzandoli a più non posso, con l’appoggio di alcuni malandrini che gli coprivano le spalle, e che oggi lui si canta, addossando la colpa a loro. Perché, lui, da vigliacco qual è, non ha mai avuto il coraggio di partecipare direttamente a qualsivoglia “azione”. Delegava ad altri la parte sporca.

Chiunque è caduto nelle sue grinfie sa di quale squallore è fatto questo lurido personaggio. Che nonostante il pentimento non ha perso il vizio di strozzare la gente, e non capiamo come mai questo sia potuto succedere. A tal proposito riportiamo un passo della sua continuata attività di strozzino a pentimento avvenuto.

La cosa che rammarica è che un personaggio viscido come lui non si è fatto neanche un giorno di galera, al contrario di qualcuno che per qualche grammo di fumo è ancora in galera.

Questo il passaggio del suo continuare ad essere uno strozzino :

“Il ricatto. Consumato tra cemento, mattoni e pallottole: l’impasto prediletto dalla mafia. Il protagonista è Roberto Violetta Calabrese, 49 anni, cresciuto negli ambienti della malavita e, da sempre, “amico degli amici”. L’uomo ha deciso di collaborare con i magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro nella scorsa primavera (2013). Temeva di fare una brutta fine. Calabrese, tuttavia, mentre era già stato ammesso a misure urgenti di protezione non ha perso il “vizio” di usare i vecchi “metodi” per far valere le proprie ragioni nei confronti di alcuni debitori. Così, utilizzando una scheda telefonica, ha cominciato a mandare sms ad antichi sodali che gli dovevano dei soldi. Ad uno ha scritto: «Questa storia un giorno finirà e ci rivedremo ». Non solo: il pentito ha pure ricordato all’«amico» che era in possesso di suoi documenti che comprovavano il pieno inserimento in un giro di usura. Con un altro imprenditore con cui è stato in stretti rapporti, il collaboratore è ancora più esplicito. Lo invita, infatti, a rilasciare una «liberatoria» altrimenti segnalerà il caso alla procura e «sarò costretto – scrive nel messaggio – a dire con chi sei associato». La vicenda si riferisce alla posa in opera di alcuni pavimenti per conto di una società di costruzioni nella quale lo stesso Calabrese svolge un ruolo. È l’edilizia, infatti, uno dei campi dove la criminalità organizzata reinveste denaro. Il pentito chiama pure un amico del Paolano invitandolo a collaborare con i magistrati. La frase che dice all’uomo è «salvati pure tu». Calabrese non immagina che i pm antimafia Pierpaolo Bruni e Vincenzo Luberto lo stanno facendo monitorare dai carabinieri del Ros. Non si fidano di lui e lo tengono d’occhio. E così, alla fine di giugno, lo convocano negli uffici della Dda di Catanzaro contestandogli messaggini e chiamate. Il pentito, senza esitazione, crolla. Ammette tutto e consegna i telefonini e le schede di cui è in possesso. Il verbale d’interrogatorio è stato depositato in Assise”.