Ciao Fabrizio: il “bravo ragazzo” e la bella Cosenza degli anni ’90

La scomparsa di Fabrizio Frizzi ha lasciato sgomenta tutta l’Italia, come sempre accade quando se ne va un artista che entra nelle case degli italiani con quella che una volta si chiamava “Mamma Rai” ed è conosciuto e magari anche apprezzato da milioni di telespettatori. Oggi è trascorso un anno esatto dalla sua prematura morte, sono in tanti a ricordarlo e lo facciamo anche noi.
Frizzi ha fatto la gavetta, come tanti altri presentatori, prima di arrivare al successo: dalla tv dei ragazzi (Il Barattolo, Pane e marmellata e Tandem) ai programmi più importanti della Rai: Europa Europa, Scommettiamo che?, Per tutta la vita, Luna Park, per non parlare di Miss Italia, che ha condotto ininterrottamente per quindici anni, Telethon e La partita del cuore. Ma anche lui aveva avuto alti e bassi e dopo un periodo di appannamento era stato rilanciato alla grande con un programma diverso dal suo solito cliché, “I Soliti Ignoti”, dal quale poi era passato a “L’Eredità”, la sua ultima fatica.

Il «buon Frizzi», quello «troppo buonista», con una «faccia da bravo ragazzo che alla fine diventa stucchevole», il ragazzo della porta accanto con «zero perfidia e nessun erotismo», arrivava a fare anche il 28 per cento di share. Con un programma leggero che t’incollava al video facendoti litigare con la moglie o il figlio perché giureresti che quella signora di mestiere fa la venditrice di collanine e non la maestra elementare. E quel signore deve essere un idraulico, altro che pilota d’aerei.

Il «bravo ragazzo» che tutti davano per spacciato era tornato alla grande su Raiuno e aveva anche sfatato il mito – appunto – del “bravo ragazzo”. «Non sono affatto un bravo ragazzo – diceva Frizzi -, soltanto che non mi piace dire le parolacce. Le battute a doppio senso, che ogni tanto ci stanno pure bene, sono l’eccezione non la regola». E aggiungeva: «Sono felice e sbalordito» e quasi non sapeva spiegare come avesse fatto a riconquistare il primo palcoscenico televisivo d’Italia. Pochi ci avrebbero scommesso. Aveva litigato pesantemente con l’altro Fabrizio, quel Del Noce direttore della prima rete che dopo una Miss Italia andata maluccio (2002) gli fece sapere dai titoli dei giornali («Noioso e troppo buonista») che era stato cacciato. Si beccò un bel «Io non faccio tv volgare, non lavorerò mai più con la Rai finché c’è lui». E fu «esiliato». Ma tornò alla grande.

Ma non è che era davvero troppo «bravo ragazzo»? «Ancora? Mi sono sentito perseguitato da quell’etichetta che mi hanno appiccicato addosso – affermava ancora Frizzi -. Io non sono così. Ho il mio stile, che è diverso da qualcun altro, ma sono un tipo tosto e non ho neppure un gran bel carattere. Non a caso sono l’unico che ha litigato, anche di gusto, con diversi direttori di rete. Sono un combattente, e un ottimista, e siccome ce la metto tutta, desidero essere rispettato. Però quando sbaglio chiedo scusa».

I «Soliti ignoti» di Frizzi piaceva anche senza la battutaccia. Lui faceva il fatalista: «Sto coi piedi per terra. Se il programma non avesse avuto successo avrebbero detto: “Hai visto, il tuo stile classico non va bene”. Adesso dicono: “Il tuo stile classico è tornato di moda”». Che Frizzi comunque fosse come un Burberry messo sopra un paio di boxer sexy, ci stava anche la sua vita sentimentale a dimostrarlo. Altro che «bravo ragazzo». Sembra piuttosto soffrire della sindrome di Peter Pan. Sorrideva quando lo diceva: «Un po’ è vero anche se con l’età sta un po’ sbiadendo».

Sarà, ma lui, dopo essersi separato dalla sua prima moglie Rita Dalla Chiesa («litigavamo troppo ma siamo stati insieme quasi 10 anni») aveva trovato consolazione nelle braccia di una giovane cosentina, Graziella De Bonis, all’epoca venticinquenne, che aveva conosciuto a Miss Italia prima e a Domenica In successivamente (era una corista del gruppo “Sei come sei”) e della quale si era innamorato perdutamente, tanto da lasciare la figlia del generale.

Eravamo alla fine degli anni Novanta (1998 per la precisione ma la storia andava avanti già dall’anno prima) e quella coppia – Fabrizio e Graziella – aveva inevitabilmente conquistato tutte le prime pagine di rotocalchi come Gente e Oggi per non parlare dei giornali gossip. E Fabrizio spesso faceva qualche capatina a Cosenza quando spopolava ancora il decennio manciniano (Giacomo Mancini fu sindaco dal 1993 fino alla sua morte, nel 2002) e la città funzionava davvero, e dove era diventato “di casa”.

A corso Mazzini, naturalmente, dove non era inusuale vederlo passeggiare con Graziella, ma anche al Teatro Rendano quando ancora arrivava qualche attore che valeva la pena vedere e persino all’ospedale dell’Annunziata quando andò a trovare un parente di Graziella e tutti facevano a gara per farsi fotografare con lui. Tutto questo più o meno fino al 2002. Poi il “bravo ragazzo”, dopo quattro anni molto intensi e nel corso dei quali si era parlato più volte di matrimonio, aveva lasciato anche Graziella per l’ancor più giovane Carlotta Mantovan, con la quale convolò davvero a nozze e che le ha dato la piccola Silvia.

«Carlotta è molto giovane, ha quasi 25 anni meno di me… So di aver fatto soffrire, mio malgrado, due donne importanti della mia vita. Ma so anche che quando l’amore arriva non puoi fare nulla per contrastarlo». Ma nonostante tutto è rimasto per sempre un “bravo ragazzo” e forse lo era davvero. Ciao Fabrizio.