Comitato per il Diritto alla Salute nella Valle dell’Esaro: “La sanità “sulla carta” non cura i malati”

Comitato “Art.32” per il Diritto alla Salute nella Valle dell’Esaro

Comunicato 5/2022 – La sanità “sulla carta” non cura i malati

La fine anticipata di questa legislatura parlamentare non permetterà ai calabresi di avere risposte chiarificatrici da parte del Ministro della Salute Roberto Speranza riguardo alla Rete Regionale delle Case della Salute. Infatti, in data 17 Giugno 2022, il deputato Francesco Sapia, accogliendo una nostra richiesta, ha presentato una interrogazione a risposta scritta (n. 4-12395) per chiedere al suddetto Ministro se la realizzazione della Rete Regionale delle Case della Salute della Regione Calabria sia compatibile con il nuovo Piano Operativo Regionale.

Questa interrogazione era di fondamentale rilevanza in seguito alle comunicazioni del 4 Giugno 2022 da parte del Commissario Ad Acta Roberto Occhiuto, il quale ha dichiarato pubblicamente che i progetti relativi alla Rete Regionale delle Case della Salute in Calabria “restano tutti in piedi e che saranno finanziati attraverso l’azione 9.3.8 del Por Calabria Fesr fse 2014/2020 per un ammontare massimo di 48.952.332,43 euro”.

Il nostro Comitato ha tempestivamente segnalato alle istituzioni ed alla stampa le incoerenze di una coabitazione negli stessi territori tra Case della Salute e le Case della Comunità. Infatti, su scala nazionale, il modello delle Case della Comunità avrà il compito di riallocare e riorganizzare le Case della Salute esistenti. Ci sembra alquanto difficile pensare che in Calabria, alla luce della disastrosa situazione esistente, sarà fatto uno strappo alla regola. La Rete Regionale delle Case della Salute, prevedeva la realizzazione di 6 strutture presso i Comuni di San Marco Argentano, Cariati, Mesoraca, Chiaravalle, Scilla e Siderno. Nel 2016 furono stanziati 49.315.529,20 Euro per la realizzazione della Rete, ma le ASP coinvolte e la Struttura Commissariale non sono state in grado di impegnare le somme e realizzare i lavori previsti nel termine di chiusura del Piano di Azione e Coesione 2007/2013, da ultimo fissato al 31/12/2022.

Il nuovo Piano Operativo Regionale presentato a Maggio da Occhiuto, annunciava la realizzazione di 14 Case della Comunità “Hub” nei Comuni di Soverato, Amantea, Cassano all’Ionio, Cosenza, Crosia, Rende, Roggiano Gravina, Crotone, Caulonia, Palmi, Reggio Calabria (2), Nicotera e Soriano Calabro. Visibilmente, nessuno dei siti precedentemente identificati è stato riallocato nella nuova rete, anzi, le Case della Salute non sono neanche menzionate nel nuovo Piano Operativo.

Al di là dell’identificazione di potenziali capitoli di bilancio, il Commissario Occhiuto dovrebbe chiarire ai calabresi se più strutture potranno davvero coesistere in territori con bacini di utenza di 50.000 abitanti e, soprattutto, come si riuscirà a far funzionare correttamente le 80 nuove strutture di medicina territoriale visto che si riparte praticamente da zero. Inoltre, come si potrà rimanere negli stringenti paletti finanziari imposti dallo Stato per l’attuazione del Piano di Rientro?

Dal 2010 la nostra sanità è stata macellata in nome del ridimensionamento della spesa sanitaria. Nonostante i costi non siano mai diminuiti, i calabresi hanno subito il taglio lineare dei servizi sanitari e la chiusura di ben 18 ospedali, ritenuti la fonte principale del deficit. Ora, con in un contesto sanitario che si è ancora di più deteriorato e non in grado di assorbire neanche la richiesta di cure primarie, come si può far credere che nasceranno decine di nuove strutture sanitarie sotto ogni campanile? Certo lo si può annunciare, lo si può scrivere, ma quando si tratterà di curare per davvero i calabresi, come si garantiranno i LEA in queste nuove strutture? Secondo i nostri calcoli servirebbe almeno il triplo del personale medico, sanitario ed amministrativo attualmente in organico. In tutto ciò, non si spende parola sul fatto che in un gran numero di territori la distanza dai presidi ospedalieri e di Pronto Soccorso supera abbondantemente un’ora. La soluzione più efficiente, più attuabile e meno dispendiosa sarebbe stato il completo ripristino dei 18 ospedali chiusi, tutti riattivabili per legge in quanto situati in zone territorialmente disagiate.