Questa volta tocca alla scuola; in particolare la questione riguarda aspiranti dirigenti scolastici. Proprio quei funzionari ridotti sempre più a burocrati –sceriffi e ai quali si vogliono richiedere anche le impronte digitali.
Lo Stato in Italia a volte sembra funzionare come il gioco dell’oca, quando tocca a te resti fermo un turno, due turni, tutta la vita. A deciderlo però sono i dadi truccati. Che si tratti di assunzioni di dirigenti negli ospedali oppure di posti alle ferrovie o ancora, come in questo caso, di concorsi per dirigenti scolastici. Il percorso vincente di questo strano gioco dell’oca è quello che passa sempre per determinati corridoi e scrivanie e solo dopo alle aule di esame.
Il Corso-concorso sotto lente di ingrandimento sarebbe quello n. 1259 del 2017 del 23 novembre 2017, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 90 del 24 novembre 2017. Sono ben 271 i candidati che hanno presentato in data 17 aprile 2019, un esposto alla Procura della Repubblica di Roma avente ad oggetto circostanze relative all’espletamento dello stesso. Persone provenienti da tutta Italia.
I diretti interessati, assistiti dagli avvocati Pierpaolo Dell’Anno e Giuseppe Murane, fanno presente una serie di violazioni regolamentari che sarebbero state commesse. Tra queste, ci sarebbe il “mancato espletamento della prova in data unica e in contemporanea, la divulgazione in tempi diversi dei quadri di riferimento, la diversa formulazione dei quesiti rispetto a quelli stabiliti dal bando di concorso, i criteri di attribuzione delle prove nel procedimento di correzione, i criteri di abbinamento codice/candidato, le diverse percentuali di ammessi Regione per Regione, le effettive modalità di espletamento della prova scritta nelle diverse sedi e ai differenti controlli ivi espletati, la composizione e ai mutamenti delle commissioni esaminatrici, ai corsi di formazione, alle possibili fughe di notizie e al software Cineca”.
La società Cineca, tra l’altro, è salita più volte agli onori della cronaca negli ultimi anni perché se n’è interessata anche l’Antitrust, in quanto non ha praticamente concorrenti nella fornitura di softwer e gestione di concorsi. Non solo, ma al vertice dell’ente c’è stato un direttore imputato per truffa e il revisore dei conti a processo per bancarotta. Non il massimo della coerenza, se non altro.
Gli esponenti hanno richiesto, si legge nel comunicato, “alla stregua di ogni opportuno approfondimento investigativo, anche di carattere tecnico, e previa acquisizione di ogni utile incartamento concorsuale, che venga svolta ogni più incisiva indagine volta ad accertare le eventuali responsabilità penali correlabili alle violazioni e ai vantaggi in oggetto. Ciò allo scopo di comprendere le ragioni per le quali si sia inteso connotare di permeante oscurità un concorso pubblico improntato per legge ai parametri di legalità e trasparenza e determinare evidenti e inaccettabili disparità di trattamento tra i candidati.”
Inoltre, si mettono a disposizione degli inquirenti e “desiderano estendere a quanti si trovano nella stessa posizione la possibilità di costituire una voce unica e condivisa”. Insomma, c’è voglia e bisogno di far rumore.
Se l’esposto contro il MIUR trovasse accoglienza e seguito nelle aule giudiziarie, sarebbe un paradosso tragico. La scuola, quella che dovrebbe fungere da ascensore sociale e che dovrebbe preparare i suoi studenti perché riescano per meriti e competenze, poi nega e dimentica tutto questo al suo interno e nei suoi meccanismi. Una scuola bistrattata, che si tenta in tutti modi di ridurre ad un forno di bravi dipendenti, invece che incubatrice di uomini. Dimenticata, ma anche dimentica di sé stessa, perché lascia che la sua credibilità vacilli così tanto. In tutto questo il lavoro di trincea e resistenza di tanti insegnanti resta isolato ed eroico.
Sì, bisogna far rumore per chiedere chiarezza, perché dopotutto le oche non giocano soltanto, ma hanno anche slavato Roma.
Saverio Di Giorno