Corigliano-Rossano, caos vaccini e dirigenza “politica”. “Se tutto salta con numeri modesti cosa succederà con le vaccinazioni di massa?”

Sarebbe cosa cortese e gentile capire qual è il criterio adottato dall’Asp di Corigliano-Rossano nelle vaccinazioni.
I medici di base e gli ospedali hanno iniziato le vaccinazioni con gli ultraottantenni. Primo intoppo: le dosi arrivate prima non si trovano, poi mancano. Ed infatti l’inizio viene rimandato salvo poi, in tutta fretta, iniziare sabato 6 marzo con i medici di base che si aggiungono agli ospedali di Rossano e Corigliano.

Lunedì mattina se nell’ospedale di Rossano inizia anche la vaccinazione per i soggetti fragili non ancora ottantenni, che si uniscono a quelli con più di ottant’anni, nell’ospedale di Corigliano non si opera nessuna vaccinazione sui fragili con meno di ottant’anni. Perché questa disparità di trattamento? E perché, se la disposizione regionale, che è molto vaga nell’identificare quale sia la “fragilità” ed il grado d’urgenza/precedenza da utilizzare, stabilisce che i soggetti fragili vadano vaccinati dal medico di famiglia, nell’ospedale di Rossano si inizia? E perché viene prima data notizia che il medico di famiglia doveva segnalare agli ospedali/Asp l’elenco dei nominativi per poi fare, giustamente, marcia indietro? E perché non si provvede a distribuire ai medici di famiglia, che sarebbero i titolati alla vaccinazione dei soggetti fragili con meno di ottant’anni, le dosi di vaccino necessarie? E che fine hanno fatto le vaccinazioni per chi ha diritto alla prestazione domiciliare?

Come si può capire c’è una confusione infinita che mostra tutti i limiti di una direzione sanitaria limitata nell’organizzazione e nella gestione dall’ordinario e dello straordinario, con evidenti criticità a cui non può porre rimedio l’abile comunicazione social di taluni medici, oggi assunti a cariche dirigenziali, che non hanno assolutamente mai gestito situazioni simili e così complesse. Ed a tutto questo si aggiunga un tracciamento dei casi saltato da tempo e una lentezza catastrofica nella gestione dei casi positivi e nella loro individuazione attraverso i tamponi molecolari. Tant’è che, nella maggior parte dei casi, la prassi è quella di lasciare passare i 21 giorni per dichiararli “guariti” e non più contagiosi.

Se tutto salta con numeri abbastanza modesti cosa dobbiamo aspettarci quando toccherà alle vaccinazioni di massa? E perché, di fronte alla disponibili di numerosi medici in pensione a dare un aiuto concreto nella vaccinazione, si risponde che non si può utilizzarli perché potrebbero esserci problemi in caso di reazioni allergiche o malori? Non sarebbe sufficiente chiedere il consenso informato?
Ancora una volta la dirigenza medica locale, figlia più di logiche politiche che di meriti, si palesa con tutta la sua inconsistenza e incapacità gestionale.