Coronavirus, 47° giorno. La libertà non muore

LA LIBERTA’ NON MUORE 

di Laura De Franco

L’inquietudine arriva e il senso di protezione si affievolisce. Sentire che il controllo è ovunque non rende così tranquilli tutti. Non è per semplice senso o desiderio di sovversione, non è perché si è stolti, è per istinto prima e per diritto poi. Non poter uscire, non poter incontrarsi sono dei diritti umani e l’animo sobbalza se dal cielo arrivano gli elicotteri dei carabinieri, così come sta accadendo anche nelle piccole città. Sapere che ci sono i droni anche se non li senti o vedi, sapere che hai il cellulare acceso e sei rintracciabile o pedinabile, dipende dai punti di vista, un senso di soffocamento lo dà.
Vero, è una tutela per la salute di ognuno e di tutti. Ma bisogna rimanere attenti. Attenti a non soccombere mentalmente. Innanzitutto, attenti nella difesa della democrazia, tutte le restrizioni vanno comunicate, la popolazione deve saperle e accettarle, la stampa deve essere molteplice e rispecchiare ogni voce.

Già Marco Damilano, in un editoriale sull’ Espresso di Marzo, ha ben chiarito alcuni di questi concetti. Il direttore del giornale sottolinea come tutto quello a cui noi stiamo rinunciando sono diritti costituzionali: il diritto di movimento (articolo 16), il diritto di riunione (articolo 17), il diritto di associazione (articolo 18), il diritto di esercizio in pubblico di culto religioso (articolo 19), ed è vero che per ognuno di questi diritti la stessa Costituzione prevede una sospensione ad esempio per sanità o sicurezza. Resta il fatto che sono diritti che, in altri momenti, per difenderli si scenderebbe in piazza.

Ma il punto più importante è l’invito e il monito che Damilano fa ai lettori: “Oggi abbiamo la responsabilità di accettare tutto in nome della salute pubblica, abbiamo il dovere civile di tutelare la nostra sicurezza dal contagio e di chi ci sta accanto, accettando i sacrifici individuali che ci vengono imposti, ma abbiamo anche il diritto di dire che restiamo vigili e che ci stiamo accorgendo di quanto succede”.

Vigili sulla democrazia appunto, non sulle denunce, sul desiderio di segnalazione, sulle accuse che ormai inondano gli animi dei più.
On line si assiste a una catena di inviti a restare a casa ma anche a continui insulti a chi è in strada. Non esiste più una capacità di discernimento, dai finestrini delle auto volano urla a chi si crede stia passeggiando e magari si reca solo a piedi al bancomat, si scattano fotografie col rischio che qualcuno più intelligente più in là nel tempo, invii loro una querela di risposta. Si esortano con volgarità genitori che accompagnano figli disabili a prendere un po’ d’aria a tornare a casa. I non curanti delle regole e del rispetto altrui ci sono, per carità, ma tutto questo è davvero un invito corale alla sicurezza? La paura che veste la rabbia non ha mai protetto nessuno. Il linciaggio era pratica antica, si aizzava la folla per uccidere o per rendere legale un delitto.

E’ così che le restrizioni punitive piacciono sempre di più, discutendo, si fanno esempi di come in molti paesi il popolo si è salvato grazie ai controlli sempre più pesanti, senza ricordare però che in quei paesi vige la dittatura, che lo si sa non è gran bella cosa.
Ci vuole buonsenso, certo. Ci vuole tanta razionalità anche se la paura di morire ci assale, ancor peggio se per la nostra morte si può tranquillamente accusare qualcun altro.
Ma non si può sempre andare avanti a colpi di pancia, in isolamento con tutto il tempo che abbiamo, diamo spazio anche alla forza del ragionamento. E soprattutto, non lasciamo che sfugga l’idea che la libertà non si può mai bandire, non si può nemmeno, e addirittura, negare la libertà di morire.
Restiamo coscienti, consapevoli e attenti. La guardia in democrazia non si abbassa mai.