Cosenza 2016, intellettuali da… Lungofiume: che tristezza!

Come natura vuole, a ridosso di qualche tornata elettorale, eccoli che rispuntano, nell’orto politico locale, insieme ara verza e ara jivusa, gli intellettuali cosentini.

Se potessi cambiare una frase della nota canzone di Battiato, Bandiera Bianca, la cambierei così: in quest’epoca di pazzi ci mancavano gli intellettuali dell’orrore. Orrore inteso, nel mio caso, non so se la pensa così pure Battiato, non tanto come sentimento di paura fisica che la parola intende, ma piuttosto un orrore morale.

Dopo un lungo periodo di incubazione, gli intellettuali –  generalmente dura 4 anni e mezzo, trascorsi in salotti, festini, sciampagnini, fine settimana di qua e di là, sempre alla riscoperta di questa o di quella “bellezza”, tutto con un certo stile culturale, e ccu nu portafoglio a mantici – esplodono in tutta la loro virulenza.

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La prima ad essere contagiata, dal virus intellettuale, è la società civile. A seguire i radical chic di sinistra. Poi i vari partitini, o quel che ne rimane, di ispirazione comunista. Che a loro volta la trasmettano subito ai compagni sindacalisti della minoranza della minoranza di questo o di quel sindacato marxista/leninista (a nonna).

Generalmente, dopo aver infettato quest’ultima categoria, la pestilenza viene circoscritta, ma non è difficile che altri possano essere infettati. Solitamente  sono coloro i quali che non trovando terreno di coltura altrove, decidono di ‘mbrusciniarsi  con loro, sempre con fare culturale: personaggi in cerca di sostegno elettorale, e trombati vari.

Ovviamente, questi,  devono rispondere ad una certa tendenza di sinistra per essere ammessi, quindi condividere dei valori di fondo che tutti gli intellettuali di sinistra hanno nel proprio dna: la pace nel mondo, siamo tutti uguali, diritti per tutti. Valori che bisogna esprimere sempre, e soprattutto dall’alto del loro essere uguali agli altri. Ad esempio uguali negli stipendioni, nelle pensioni d’oro, nell’accesso a questo quell’ incarico pubblico, nel prendere un posto di lavoro, nelle rendite economiche.

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Già, perché all’intellettuale di sinistra cosentino oltre che sentirsi bisognoso  (di cultura),  gli piace parlare dei poveri. Ma è meglio se lo fa in una bella casetta in Sila, davanti al caminetto a sorseggiare un buon brandy, in attesa di cenare al ristorantino. Viene meglio la discussione. E poi si sa: non serve vederlo di persona un povero per poterne parlare. Come è fatto un povero si apprende sui libri. Basta che citi, quando parli dei poveri, questo o quell’autore specifico ed è come se avessi vissuto una vita in un quartiere popolare. La pratica che rompe la grammatica è roba da ignoranti.

Mancano ancora pochi mesi alle elezioni amministrative di Cosenza, sempre che il Comune non venga commissariato, e gli intellettuali si ritrovano in un pubblico incontro per discutere di mobilità, Università, periferie, centro storico, politiche sociali e per il lavoro. In due parole  “Ripensare Cosenza” .

Incontro presieduto da Giovanni Caporale del Coordinamento Democrazia e promosso dalle associazioni: Rinascimento Meridionale, Calabriattiva, G. Dossetti, Circolo Valaroti. Poco più di un centinaio di persone, cifra che fa gridare agli organizzatori che la città è presente, si sono ritrovate presso l’hotel Royal per contarsi e per darsi  un tocco pubblico e democratico.

Tra il pubblico presenti anche Paolini e Mimmo Talarico. La discussione è di un palloso che non ti dico. Quattro ore di parole che più inutili non si può. Roba che neanche Fantozzi avrebbe pensato di inserire in un suo copione come tortura per l’impiegato.

Infatti arrivo defilato e un po’ travisato. L’incontro è iniziato e sul pulpito c’è Alessandro Mazzotta del Circolo Valaroti. Una decina di minuti e a guaddrera ha raggiunto livelli inaspettati. Sempre le stesse cose, sempre gli stessi volti. Gente che non si è mai adoperata concretamente, se non attraverso questa specie di incontri seduti su una poltrona a parlarsi addosso, su nulla per migliorare i diritti e le condizioni di vita di chi loro dicono di sostenere: i cittadini.

Con qualche eccezione, giusto per non farmi dire che generalizzo. Ascoltato l’intervento di Mazzotta, che è inutile riportarvi perché è un tripudio di retorica, non c’è più bisogno di seguire gli altri. Tant’è che me ne vado, sempre in sordina, con l’intenzione di ritornare alla fine per ascoltare le conclusioni. Credetemi: sentito uno, sentiti tutti. Chi non c’è andato non si è perso niente.

Ritorno dopo 3 ore e passa e a parlare sul pulpito c’è il professor Massimo Veltri, ispiratore vero dell’incontro. Il  succo del suo discorso mi pare si possa racchiudere in poche parole, al netto del culturalese (neologismo da me coniato): un totale rifiuto degli intellettuali cosentini di diventare una colonia culturale, cosa che disconoscerebbe  il loro ruolo di pensatori sul territorio, di Roma.

La candidatura di Presta è il loro vero problema. L’obbiettivo, del raduno, è quello di affiancare chi ancora nel PD resiste (si fa per dire) a questa “imposizione”. Vogliono, secondo loro, costruire un cartello anti Presta.

Da sinistra: Cannizzaro, il questore Anzalone, Occhiuto e Potestio
Da sinistra: Cannizzaro, il questore Anzalone, Occhiuto e Potestio

Hanno paura che Presta possa riempire la città di starlette, veline, e tutto il nazional popolare possibile, mettendo a repentaglio l’immagine, faticosamente costruita nel tempo di Cosenza Atene della Calabria, alla quale loro tengono tanto, e di cui si sentono i prosecutori. Una roba inaccettabile per loro, abituati da sempre ad un certo spessore culturale, specie in questi ultimi 4 e passa anni di Occhiuto, ai quali hanno partecipato volentieri, tipo il Lungofiume Boulevard. O i Pascariaddri attaccati ai muri della città vecchia. Una cultura che non ti dico in questi anni. Che hanno avallato, mai criticato.

Salvo scoprire oggi che si sentono minacciati nella loro velleità e vanità intellettuale, e potenzialmente esclusi in futuri altri scenari, i difensori dei nostri valori e della nostra cultura. Nonché paladini dei diritti degli ultimi. Gli stessi ultimi di cui guarda caso si ricordano solo quando devono ricontrattare la loro posizione. Di intellettuali si intende.

GdD