Cosenza. Caruso (lo zerbino) e l’autostrada killer: ma che razza di ingegnere truffaldino sei?

L’INCHIESTA CHAOS – SALERNO REGGIO CALABRIA

Ad aprile del 2017 l’operazione “Chaos” della procura della Repubblica di Vibo Valentia, che aveva fatto luce su una serie impressionate di incidenti mortali tra gli svincoli dell’autostrada tra Mileto e Rosarno, aveva destato scalpore, anche perché non era mai accaduto che venisse “sequestrato” un tratto di 9 chilometri dell’autostrada.

Quello che aveva scoperto la procura di Vibo Valentia è che tutto l’appalto per la costruzione di quei 9 chilometri, sottoposti a sequestro, faceva acqua da tutte le parti.
Una storia italiana che ci dice molto su come non funziona il sistema degli appalti.

Anche i media avevano dato risalto all’operazione e, per esempio, Presadiretta aveva dedicato ampio spazio a quella storia.

In questa storia c’era dentro (indagato per truffa, falso e abuso d’ufficio) anche Francesco Caruso, ex vicesindaco di Cosenza, aspirante sindaco “zerbino” di Mario Occhiuto – poi “trombato” nonostante la… vittoria di Occhiuto alla Regione -, di professione ingegnere e a quanto pare ancora impiegato dell’Anas dopo essere stato cacciato a calci nel sedere dal ruolo di direttore dei lavori.

Abbiamo scritto c’era dentro usando l’imperfetto perché ieri il soggetto ha diffuso la sua soddisfazione per essere stato prosciolto grazie anche al lavoro dell’avvocato suo omonimo oggi sindaco di Cosenza… Se per la “giustizia” Francesco Caruso (lo zerbino) è innocente non lo è certo sotto il profilo politico.

Caruso lo zerbino faceva parte del drappello di dirigenti, funzionari e tecnici dell’Anas indagati a vario titolo per i reati di truffa, falso ideologico commesso da pubblico ufficiale in atti pubblici, frode nelle pubbliche forniture, abuso d’ufficio, crolli e disastri dolosi: per gli inquirenti, dal 2011 al 2016, hanno fatto parte “in tempi diversi” di uno stesso disegno criminoso per procurare “un ingiusto profitto” ad un’azienda inducendo in errore l’Anas sui lavori di ammodernamento dell’ex autostrada A3 Salerno-Reggio, nel tratto compreso tra Mileto e Rosarno.

Gli inquirenti contestavano ai tecnici dell’Anas l’attestazione di falsi formulari per l’identificazione dei rifiuti di materiale fresato derivato dalla demolizione delle sovrastrutture stradali così come altrettanti documenti falsi (libretti di misura dei registri di contabilità) sui lavori realizzati, e sulle attestazioni del conferimento del quantitativo di rifiuti fresato dall’azienda Cavalleri Spa alla Ecosistem che, sostengono gli investigatori, non sarebbe in realtà mai avvenuto.

Altro elemento su cui si basano le accuse è quello di modifiche, ritenute arbitrarie, al progetto approvato dal presidente di Anas, sempre tra gli svincoli di Mileto e Rosarno: l’obiettivo, affermano gli inquirenti, era quello di risparmiare sui volumi di materiale da impiegare.

Così l’attenzione è ricaduta sulla liquidazione di 360mila euro da parte della società autostradale che sarebbero stati pagati, in verità, per l’impiego, mai avvenuto, di circa 28.500 metri cubi di materiale. Cosa che avrebbe permesso alla Cavalleri di guadagnare ingiustamente milioni di euro per lavori ritenuti inesistenti: cifre che si aggirerebbero in un caso intorno ai 6,8 milioni, in un altro a 4,3 ed in un terzo a circa 1,2 milioni.

Le conseguenze di tutto ciò? Incidenti a catena in quei 9 chilometri e in particolare dentro una galleria definita inevitabilmente “killer”. 

Caruso, 54 anni, è ingegnere ma soprattutto un dipendente a tempo indeterminato dell’Anas dal lontano 2005 ed ha la qualifica di “responsabile tecnico in nuove costruzioni”. E’ entrato anche a far parte dell’Ufficio speciale dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria e in questa qualità è stato più volte direttore dei lavori per i nuovi tratti in costruzione ed in particolare per uno di quelli che è finito sotto inchiesta.

Francesco Caruso, Antonio Cannatà e Pietro La Faro (dipendenti Anas) in particolare sono stati indagati per concorso in abuso d’ufficio in quanto avrebbero omesso alcuni controlli previsti dalla loro funzione, avrebbero consentito che la “Cavalleri Infrastrutture srl” concedesse “senza alcuna autorizzazione alla M.Service srl” lavori di fornitura di materiale, così procurando un illecito vantaggio economico alla stessa M.Service srl, consistente nell’illecita fornitura di 3.750 metri cubi di materiale per un valore di 31.687,50 euro”. Fatti commessi a Mileto e Candidoni dal 4 aprile 2016 all’8 aprile 2016.

Un articolato meccanismo fraudolento che, su indicazione di Cavalleri (titolare dell’omonima impresa), aveva lo scopo di variare le opere con l’impiego di minor quantità di materiali e con invariata imputazione dei costi alla Stazione appaltante. La parola d’ordine sarebbe stata quella di far figurare falsamente maggiori forniture oppure prestazioni mai effettuate imputandone i costi secondo una contabilità infedele. Il tutto per ottenere indebiti pagamenti dall’Anas. Fra le accuse, anche lo smaltimento in luogo imprecisato di notevoli quantità di rifiuti speciali prodotti dalla demolizione del manto stradale e segnatamente miscele bituminose contenenti catrame di carbone.

Dalle indagini sull’esecuzione dei lavori di ammodernamento affidati in appalto dall’Anas per un importo di circa 61 milioni di euro – coordinate dal pm Benedetta Callea ed eseguite dalla Compagnia della Guardia di Finanza di Vibo Valentia – è emerso un quadro di diffuse irregolarità, con diversi episodi di truffa e frodi nelle pubbliche forniture, false certificazioni di lavori mai effettivamente eseguiti, eseguiti solo in parte o eseguiti in grave difformità rispetto alle previsioni contrattuali. Si parla poi di alterazioni della contabilità lavori ed omissioni da parte degli organi della Stazione appaltante. Il tutto finalizzato all’indebito arricchimento degli operatori economici aggiudicatari dell’appalto che, secondo quanto emerso dalle indagini, avrebbero lucrato somme non dovute per un importo di 12.756.000 euro. L’inchiesta ha anche fatto emergere l’esecuzione di opere non solo potenzialmente pericolose per la sicurezza pubblica ma che praticamente hanno determinato una serie impressionante di incidenti in quel tratto, costati la vita a diverse persone.

Di quel processo si sono perse le tracce, quasi inspiegabilmente, per anni e ieri improvvisamente abbiamo appreso del “felice” epilogo ma i cosentini sanno bene che Caruso lo zerbino anche se si crede assolto resta comunque e a futura memoria coinvolto.