Cosenza. Assoluzioni tarocche di Occhiuto e compari: la procura non ricorre in appello

Se mai ce ne fosse ancora bisogno vi forniamo l’ennesima prova di come funziona la Giustizia (corrotta) a Cosenza, e non solo. Anche se i cosentini hanno ben chiaro che nelle aule del nostro tribunale per gli amici degli amici esistono i favori e l’impunità, per tutti gli altri c’è la Legge. Tutti sanno che la sentenza di primo grado, quando risulta “non gradita”, è sempre appellata da una delle due parti in causa (difesa e accusa). Ad eccezione dei rari casi dove accusa e difesa concordano sulla sentenza, per lo più quando è assolutoria nei confronti dell’accusato: capita che il pm chieda l’assoluzione dell’imputato e se la richiesta è accolta dalla corte, nessun difensore si sognerebbe di proporre appello. Ma può anche capitare di essere reo confesso e accettare il verdetto di primo grado di condanna, senza proporre appello. A parte questi casi, la situazione che spesso e volentieri si configura al termine del primo grado dopo la lettura della sentenza (dispositivo), è l’annuncio dell’avvocato difensore, o del pm di ricorrere in appello. Quante volte abbiamo visto in tv pm annunciare appello a gran voce contro sentenze assolutorie, e avvocati convocare conferenze stampa per comunicare i “motivi” dell’appello.

Ricorrere in appello contro un sentenza di assoluzione, dopo che si è convintamente sostenuta la colpevolezza dell’imputato con una richiesta di condanna, è un dovere della procura, che è quello che generalmente la procura fa quando la sentenza di assoluzione riguarda l’uomo qualunque, non certo gli amici degli amici. Tutti abbiamo letto delle assoluzioni di questi giorni di Mario Occhiuto, dei dirigenti comunali e degli imprenditori coinvolti nella truffa degli appalti spezzatino alle ditte amiche in odor di mafia e degli illeciti rimborsi per finte missioni istituzionali, ma quello che nessuno ha ancora letto è il comunicato della procura che annuncia appello.

Certo, qualcuno dirà: ma non sono ancora trascorsi i 90 giorni per il deposito della sentenza, e quindi non è possibile “stilare” i motivi di un eventuale appello, e ci sta, ma ciò non impedisce alla procura di “annunciare”, anche solo dopo aver letto il dispositivo, un eventuale ricorso in procura, come succede in ogni tribunale d’Italia. Ricordiamo che per Mario Occhiuto nel processo Cirò, il pm aveva chiesto la condanna dell’ex sindaco a 3 anni e 6 mesi di reclusione, il che significa che per la procura Occhiuto è colpevole e la sentenza di assoluzione proprio non ci sta. Stessa cosa per i dirigenti comunali e gli imprenditori, ma in entrambi i casi, dove tutti sono stati assolti, dopo le infuocate arringhe dei pm che ne chiedeva la condanna, la procura ha, evidentemente, inteso non ricorrere in appello. E il totale silenzio dei pm e del procuratore capo, in merito a queste assoluzioni, ne sono la prova. Di più: la procura di Cosenza, generalmente è solerte nel proporre appello a sentenze di assoluzione che smontano il loro faticoso lavoro investigativo, specie quando si tratta di nemici della paranza, ma non nei casi sopra citati, segno evidente che nell’aula del tribunale più che lo svolgimento di un regolare processo, è andata in scena la solita pantomima da vendere agli allocchi: la procura che fa finta di accusare l’imputato, e il giudice che ha già la sentenza di assoluzione pronta. Giusto per salvare le apparenze.

E per meglio capire la solerzia della procura di Cosenza nel proporre appello (tranne che per Occhiuto e compari) a sentenze non gradite, facciamo un esempio: noi siamo stati denunciati dal signor Francesco Patitucci (già condannato per 416 bis) che si è sentito offeso da alcuni nostri scritti, dove raccontiamo la sua ascesa criminale e lo descriviamo per quello che è: un mafioso che per anni ha vessato imprenditori e commercianti, rovinato famiglie e versato sangue con ferocia e violenza. Bene. Il giudice ha disposto l’archiviazione della denuncia, ma la procura si è opposta, sostenendo che Iacchite’ ha offeso la reputazione del signor Patitucci descrivendolo come un boss violento e feroce. Per la procura di Cosenza è più importante difendere l’onore del signor Patitucci, opponendosi all’archiviazione, che difendere gli interessi dei cittadini saccheggiati dalla malapolitica e dai corrotti. Ed è per questo che la procura non ricorrerà in appello contro Occhiuto e compari, ha cose più importanti da fare…