Cosenza, assurda violenza a via Macallè: l’aggressore è il fratello di un pentito di camorra

È il fratello di un pentito di camorra che si trovava in un luogo protetto del cosentino, l’uomo che a Cosenza ha dato un calcio ad un bambino di origini marocchine di tre anni perché si era avvicinato alla figlia neonata in carrozzina.

L’uomo e la moglie, entrambi denunciati per lesioni personali aggravate, sono stati immediatamente allontanati dalla Calabria e trasferiti in altra località protetta.

Secondo quanto si è appreso, intanto, le immagini delle telecamere di videosorveglianza visionate dagli agenti delle volanti della Questura di Cosenza non hanno ripreso la violenza subita dal bambino, ma dai filmati è stato possibile rintracciare diversi testimoni che una volta ascoltati hanno portato all’identificazione dei due giovani.

“I miei figli hanno visto quell’uomo vicino alla Questura e mi hanno detto che era quello che li aveva aggrediti. L’ho affrontato e gli ho chiesto: perché? Lui ha detto di non sapere che cosa volevo e stava andandosene per cui sono corsa ad avvertire i poliziotti”. A raccontarlo è la madre del bambino di 3 anni di origini marocchine, colpito con un calcio da un uomo a Cosenza.
Gli agenti della sezione volanti della Questura di Cosenza lo avevano già identificato, ma un’ulteriore conferma è venuta proprio dai fratellini del bimbo, che hanno 14 e 10 anni.

Il bimbo picchiato, vista una neonata in carrozzina con l’innocenza dei suoi tre anni si è avvicinato, forse per salutarla. Ma quella vicinanza non è andata giù al padre ed alla madre dalla carnagione chiara della piccola (e non un bambino come si era appreso in un primo momento). Così, per allontanare il piccolo, la coppia ha aggredito il piccolo, colpendolo con un calcio all’addome.

“Ero dal medico – ha ricordato la donna – ed ho mandato i bimbi ad aspettarmi giù e poi ho sentito le urla di mio figlio più piccolo. Sono corsa a vedere cosa fosse successo e sono stati minuti di paura, pensavo fosse morto, ma non riuscivo a capire nulla. Devo ringraziare chi ha soccorso mio figlio e chi ha fermato quell’uomo. Siamo qui dal 2003 e non mi era mai capitata una cosa del genere”.