Cosenza, dopo il Castello ecco piazza Fera: l’ennesimo affare Occhiuto-Aiello

In un primo momento si sono mossi alla chetichella per definire accordi, scartoffie e ‘mmualici vari, finiti i quali sono passati alla fase operativa e nascondere la loro presenza in quel di piazza Fera/Bilotti, non è più possibile. E’ troppo vistoso il viavai che Sergio Aiello compie ogni giorno nel salone espositivo di arte contemporanea posto sotto la colata di cemento della piazza. Uno spazio intermedio tra il parcheggio e la piazza, tanto decantato da Occhiuto al punto di definirlo come la “porta d’ingresso” del Mab. Uno spazio che nel progetto è sempre stato definito “museo”, e la domanda sorge spontanea: che c’entrano gli Aiello che vendono birra e panini da anni con l’arte contemporanea? Sono forse degli esperti? Sono forse dei museologi?

Da quanto apprendiamo e vediamo pare che, dopo il Castello, Occhiuto si sia deciso di regalare anche questo spazio alla premiata ditta Aiello. Contro i quali non abbiamo niente, ma non è più possibile tollerare il loro imposto monopolio nella “gestione” della proprietà pubblica. Sono sempre loro a mangiare. Come se a Cosenza non ci fosse nessun altro in grado di fare quello che fanno loro. Ogni tanto bisognerebbe fare una gara pubblica, una manifestazione di interessi, una migliore offerta. Ma Occhiuto, si sa, non ama questo genere di democrazia. Lui ha stretto, evidentemente, accordi economici con gli Aiello, e questa per lui è la migliore offerta. Ovviamente ricordiamo che Sergio Aiello è cognato dell’impastettato nipote del procuratore Spagnuolo assunto dalla sera alla mattina come dirigente alla cultura del Comune – Giampaolo Calabrese – che garantisce lo scorrere liscio di tutte le carte necessarie per questo nuovo scippo ai cosentini.

Sono giorni che gli Aiello si adoperano per costruire la nuova location per radical chic, pseudo intellettuali di ogni risma, e politici ammatassati, in centro città. Stanno lavorando da tempo per montare il bancone, il palco per i concerti, l’illuminazione glamour, le poltroncine vintage, e tutto quello che serve per l’ennesima pacchianata cosentina. E in un angolino, per giustificare il tutto, qualche statuetta e qualche quadro a rappresentare l’aspetto culturale di questa ennesima pagliacciata. L’opera non è il museo d’arte contemporanea, ma la nuova attività commerciale degli Aiello. Che evidentemente non si abbuttano mai.

E che cos’è? Fate lavorare, non dico sempre, un pochino anche gli altri! E se volete fare gli imprenditori fatelo con i vostri soldi e non con le proprietà pubbliche. Così sono bravi tutti a fare gli imprenditori. Come si dice: l’imprenditore con i soldi dei caggi. Un bene pubblico che ancora una volta, invece di portare qualche denaro alle casse pubbliche, riempie le tasche di questi pseudo imprenditori che guadagnano a dire basta senza correre il ben che minimo rischio d’impresa.  E’ così che intende la democrazia e la trasparenza Occhiuto.

Ma in tutto questo qualcosa non torna: ma tutti i servizi commerciali connessi all’opera non dovevano essere gestiti dall’’ATI che ha costruito piazza, salone e parcheggio, dato che ha partecipato e vinto un “project financing”?

Forse che gli Aiello fanno parte dell’ATI e nessuno lo sapeva? O qualcuno ha mediato, con Barbieri prima del suo arresto, e con qualcun altro dopo, per la gestione del salone espositivo a favore degli Aiello?

Mah, cose che succedono solo a Cosenza. E nello specifico possono stare tranquilli perché nessuno metterà mai il naso nei loro affari, garantisce lo zio dell’impastettato Calabrese: il procuratore capo Spagnuolo.

E poi dicono che siamo noi…