Per il Cosenza Calcio il 2014 è stato l’anno dei Centenario e il 2024, di conseguenza, è l’anno del 110° anniversario. E anche se la società non è stata in grado di organizzare nulla di “serio” per dare sfogo alla passione infinita de tifosi, facciamo ancora in tempo a tirare fuori tanti ricordi, specie quando si parla di Cosenza-Catanzaro.
Il tifo dovrebbe essere l’aspetto più genuino del calcio. Da tempo purtroppo non è più possibile fare il tifo come una volta per una serie di motivi che sarebbe troppo lungo analizzare e in questa sede non è neanche il caso. E allora è inevitabile guardarsi alle spalle e cercare di far parlare il passato.
La storia di una società calcistica fa leva inevitabilmente sull’estro dei calciatori e sull’abilità dei dirigenti. Negli annali saranno scritte a caratteri più o meno cubitali le loro imprese ovvero i trionfi. Ognuno di noi è legato a un ricordo particolare, a un calciatore che ha lasciato il segno più di tanti altri, i magari a un presidente che ha avuto la fortuna di essere seduto su quella poltrona nel momento migliore.
Ma se calciatori e dirigenti passano, magari rimanendo nel cuore di un’intera città, non c’è dubbio che i tifosi rimangono ed entrano nella leggenda molto di più rispetto ai protagonisti delle singole annate.
Il limite di chi racconta il calcio nella nostra realtà spesso è quello di non tenere nella giusta considerazione i personaggi più carismatici della tifoseria fermandosi alla cronaca o tutt’al più alla documentazione di una coreografia. E così andiamo a scavare nella memoria del tifo. E riprendiamo il discorso sul derby da dove lo abbiamo lasciato, vale a dire dalle orifini e dalla sfide degli anni Trenta.
COSENZA-CATANZARO, LE SFIDE DEGLI ANNI ’30 E LA POESIA DI CIARDULLO (https://www.iacchite.blog/cosenza-catanzaro-derby-numero-50-le-sfide-degli-anni-30-e-la-poesia-di-ciardullo/)
Nel 1946 il Cosenza conquista per la prima volta la serie B. Il “Città di Cosenza” è diventato una baraccopoli per gli sfollati e, di conseguenza, la squadra è costretta a giocare al vecchio “Militare”, sempre a via Roma. Quel campionato regalerà a tutti grandi emozioni e il pubblico cosentino sarà protagonista di splendide pagine di tifo.
IL TIFO AL “MILITARE”
Il 13 gennaio 1946, per l’undicesima giornata del campionato di serie C, il calendario prevede la sfida tra il Cosenza e il Leone Palermo. Al Militare sono in dodicimila gli spettatori che tifano per un successo sui siciliani, al comando della classifica con ben sei punti di vantaggio sui lupi della Sila. E i due punti arriveranno, grazie a un gol di Pompei a quattro minuti dalla fine.
“Ci ha colpito profondamente – scrive la stampa dell’epoca – lo spettacolo di folla veramente superbo e che non ha precedenti in materia per Cosenza. Questa folla ha dimostrato che lo sport a Cosenza è risorto in tutta la sua forza e si impone la necessità di avere a disposizione il vecchio campo “Città di Cosenza”, perché quello attuale è insufficiente…”. La questione del campo sarà il tormentone di tutta la stagione. Il sindaco Francesco Vaccaro si trova in mezzo a due fuochi, con il problema ancora più grande delle elezioni alle porte.
Il 3 febbraio nuovo bagno di folla per Cosenza-Messina.
Sul “Corriere del Sud” Kinklas cura una fortunata rubrica dal titolo: “Calcio che passione”, che ci restituisce gustosi spaccati del tifo cosentino.
“In città sale la febbre del tifo. Ore 14: tutti occupati i posti di prima, seconda e terza fila. La partita comincerà tra un’ora, ma tutta quella gente per occupare i primi posti forse non ha mangiato. Questo è tifo! Alle 15,05 entrano in campo le squadre, ma nel contempo entra in campo un esercito di portoghesi, dopo aver preso d’assalto i recinti…”. “Come una volta – scrive ancora Kinklas – ritornano gli scritti sulle vie, con i nomi degli idoli a stampatello tra palloni e teste di lupo: Busoni sei un lupone; Viva ‘a Papagnella’…”.
Il Cosenza vincerà ancora una volta nei minuti finali. Questa volta a segnare sarà Capone. In classifica il Leone Palermo è ancora primo a quota 19, il Catanzaro insegue a 17 mentre il Cosenza è terzo a 16 punti.
Il 3 marzo 1946 (per ironia della sorte, anche quest’anno si giocherà il 3 marzo) arriva il giorno di Cosenza-Catanzaro. I giallorossi hanno ancora due punti di vantaggio e la partita viene attesa spasmodicamente dai tifosi che, nonostante la pioggia battente, accorrono in undicimila al Militare. E i cronisti si esaltano… “Giove Pluvio ha voluto provare la resistenza fisica e morale dei tifosi, nel Militare già dalla mattinata. Raffiche di vento e di pioggia hanno martorizzato l’enorme folla che imperterrita ha resistito mirabilmente alle intemperie...”.
Già nel corso della settimana sono stati lanciati inviti alla cavalleria sportiva, così com’era accaduto nella partita d’andata, finita in parità.
Il Cosenza gioca con: Lombardi, Vignolini, Dedone, Gagliardi, Pompei, Busoni, Lischi, Piero Bruno, Capone, Creziato, Raffaele Bruno. Tre i cosentini in formazione: Gagliardi detto “a papagnella” e i due Bruno. Raffaele, velocissima ala sinistra, è scomparso da qualche anno (alla sua memoria è stata intitolata la Tribuna Rossa dello stadio) e più volte ha avuto modo di ricordare con commozione agli addetti ai lavori quella partita e quello storico campionato, che ha portato per la prima volta in serie B il Cosenza.
I cronisti del “Corriere del Sud” ricordano come la cornice di folla fosse “rumorosa e cavalleresca”. Affermando anche che “Cosenza e Catanzaro hanno rafforzato quella cordiale amicizia che lega ormai le due città limitrofe. In alcuni momenti cosentini e catanzaresi hanno letteralmente fraternizzato…”.
Il Cosenza passa in vantaggio al 7’ con il centravanti Alfredo Capone, bravo a tenere basso il pallone dopo una bella giocata di Piero Bruno. Ma il Catanzaro replica al 24’ con Martini, sugli sviluppi di un’azione portata avanti da Bertè e Sacco.
Al 20’ della ripresa la svolta della partita. Calcio d’angolo di Creziato, salta Aldo “Topolino” Lischi, una sgusciante ala livornese e, nonostante sia il più basso di tutti, mette in rete.
A quel tempo di sostituzioni non se ne parlava. I calciatori che si infortunavano spesso erano costretti a rimanere in campo “zoppi”. E spesso segnavano… Tanto che ancora oggi qualche nostalgico ricorda l’espressione “il gol dello zoppo”. Bene, il centromediano Raffaele Pompei, gigantesco italo-argentino, si fa male e si posiziona in avanti. Raffaele Bruno mette in movimento Lischi che rimette al centro. Pompei si inarca e inventa una splendida semirovesciata che gonfia la rete avversaria. E’ il 25’. Sul 3-1 non c’è più partita. Al 33’ ancora Raffaele Bruno scarta un difensore e serve Capone, il quale piomba in area di rigore e segna con un tiro a mezz’altezza. Il Catanzaro accorcerà le distanze al 36’ con un calcio di rigore di Codeluppi.
L’analisi tecnica è univoca. “Ha vinto la squadra più forte, più organica e penetrativa…”. Il Cosenza aggancia il Catanzaro al secondo posto e avvicina a una sola lunghezza la capolista Leone Palermo.
L’ELISIR ANTICATANZARO
Anche per questo derby c’è un simpatico aneddoto. Con un po’ di fantasia potremmo dire che anche in quel periodo, in qualche modo, i giocatori e gli addetti ai lavori pensavano al doping.
“C’era una bottiglia – racconta il “Corriere del Sud” – di elisir corroborante preparata per l’occasione dal farmacista Massimo Berardelli, che consigliava agli atleti di berne un bicchierino prima della gara… Detto, fatto… Ma il primo tempo finisce 1-1… Vignolini ebbe un vago sospetto e prima di iniziare la ripresa somministrò ai ragazzi un antidoto fornitogli da un altro farmacista, Mario Vocaturo… Il secondo tempo sancirà la vittoria del Cosenza…”.
Significativa anche la chiusa sul clima tra le tifoserie. “… Amici di Catanzaro, gli angoli della tradizionale rivalità sono stati smussati. La partita è stata bella, cavalleresca. Ha vinto il più forte. Il nostro sindaco, a centrocampo, ha dato ai vostri atleti il benvenuto e il saluto della nostra città. Evviva lo sport che affratella…”.
DOVE STA ZAZA’ E LA BANDA MUSICALE
Il fenomeno più coinvolgente e pittoresco del tifo al Militare è quello ideato dal barone (o conte, non si è mai capito bene) Giacomo Gigliotti che, insieme a un gruppo di tifosi, intona a squarciagola la celebre “Dove stà Zazà”, simbolo dell’Italia dissolta alla fine della guerra. Quando la squadra riusciva a entusiasmare il pubblico, a cantare la fatidica “Zazà” era tutto lo stadio.
“Zazà” era di fatto l’inno della squadra, visto che il pubblico affluiva allo stadio dietro gli elementi della banda musicale dell’orfanotrofio “Vittorio Emanuele” che eseguiva la canzone per tutto il percorso da Cosenza vecchia fino al Militare, raccogliendo lungo la strada tutti i tifosi…