Cosenza corrotta: la banda di Potestio ricatta la procura e la Manzini insabbia

Il procuratore Spagnuolo e il suo aggiunto Manzini

Come volevasi dimostrare l’inchiesta sugli affidamenti diretti, dove risultano destinatari di un avviso di garanzia da un anno e due giorni l’ex capo gabinetto Potestio, l’ex dirigente Cucunato, il dirigente Pecoraro e gli imprenditori Scarpelli e Amato, condotta dalla Manzini, è finita a tarallucci e vino.

Non ci voleva zingara per presagire questo scontato risultato. Nonostante la nostra campagna stampa, e le prove inconfutabili dell’avvenuto saccheggio delle casse comunali a suon di determine farlocche, la procura di Cosenza preferisce insabbiare. Non può procedere, anzi non vuole procedere. E vi spieghiamo, ancora una volta, il perché.

Questa inchiesta è destinata a morire perché è evidente, come vi abbiamo raccontato con carte alla mano, il coinvolgimento dello stesso Tribunale di Cosenza che ha ricevuto determine di somma urgenza per lavori mai svolti pari a 750.000 euro. Determine che abbiamo pubblicato una per una, sottolineando le frodi e i tarocchi, fino ad indicare persino il numero della fattura delle tende che risultano pagate due volte (fattura n.19 cambio tende 39.900 euro X 2). Ma neanche questo è servito a niente. La Manzini non può procedere perché se così fosse, sarebbe costretta a chiamare in causa mezza procura, ovvero coloro i quali sollecitavano i dirigenti comunali indagati a firmare determine farlocche, quasi sempre alla stessa ditta.

Dunque per coprire i suoi colleghi collusi la Manzini rinuncia all’inchiesta e non può fare altrimenti. Se vuole continuare a fare il magistrato.

E’ questo il vero problema della nostra città: la procura collusa mani e piedi in tutti questi intrallazzi. Se la Manzini procedesse senza guardare in faccia nessuno, come sarebbe suo dovere, molti suoi colleghi dovrebbero spiegare tante cose, e Potestio e compari sono stati chiari con Spagnuolo: se ci succede qualcosa faremo nomi e cognomi dei magistrati che prendono mazzette. E questo non deve accadere. Perciò tutto si deve insabbiare, archiviare.

Capite ora perché non succede mai niente a Cosenza? Ecco perché Cirò e compari, nonostante il provato ladrocinio, se ne stanno beati e tranquilli a godersi la refurtiva. Perché hanno sganciato a magistrati stecche e regalie varie. E nessuno li può toccare. Questo oramai è chiaro.

Se le cose non stanno come dico io, allora qualcuno mi spieghi il perché quando si tratta di reati contro la pubblica amministrazione, a Cosenza tutto finisce, come detto, a tarallucci e vino. Aspetto risposte.

GdD