Cosenza. Furto con spaccata all’armeria: ma il dirigente della questura ha mai fatto un controllo sicurezza?

C’è qualcosa che non convince nella “spaccata” dell’altra notte a danno dell’armeria “Diana” di Cosenza, situata in pieno centro cittadino a piazza Loreto. E non in merito all’identità dei “rapinatori” che resta un compito delle autorità giudiziarie rintracciare ed assicurare alla giustizia, ma per quello che riguarda la sicurezza dei cittadini.

Già, perché in questa storia quello che puzza è la mancanza di “controlli” da parte di chi doveva controllare ed, evidentemente, non l’ha mai fatto.

Ma andiamo ai fatti, non prima però di aver puntualizzato una cosa: la “spaccata” come atto criminale si caratterizza per la velocità con cui viene effettuato il colpo. Si sfonda la vetrina con un mezzo pesante, si entra e si arraffa tutto l’arraffabile in men che non si dica, e subito via. Non c’è il tempo di fermarsi per aprire armadi, scassinare vetrine e casseforti o tagliare catene. Il tempo a disposizione dei criminali si aggira attorno a due minuti, e questo per via del “rumore” che la “spaccata” produce. Dopo una “botta” in piena notte le probabilità che qualcuno chiami la questura sono alte.

La prima stonatura è in relazione all’orario in cui è avvenuta la spaccata. Stando alle prime veline girate nelle redazioni dei giornali, tutti hanno scritto “durante la notte”, senza indicare un orario preciso. I carabinieri intervenuti sul posto hanno indicato, invece, le 5,30 come orario dell’avvenuta spaccata. C’è da dire che ad allertare le forze dell’ordine dell’avvenuto colpo è stata una telefonata effettuata da un cittadino attorno alle 6,30. L’orario indicato dalle forze dell’ordine cozza però con alcune testimonianze di residenti nella zona, i quali riferiscono di aver sentito due “forti impatti”, a distanza di pochi secondi l’uno dall’altro, attorno alle 2,30. Se così fosse, significherebbe che le armi abbandonate dai banditi per strada sono rimaste lì per terra, almeno 3 ore. Su questo punto gli investigatori sono stati molto vaghi.

La traiettoria della spaccata. A guardare le foto, i banditi scelgono di sfondare, con una Fiat Stilo stationwagon, la vetrina del negozio posta davanti a una panchina di cemento. Quindi, come si vede dalle foto, la traiettoria del mezzo usato per sfondare avviene in maniera obliqua e non frontale come si usa generalmente in questi casi per dare maggior forza all’impatto. Qui invece sfondano in obliquo.

Il bottino per strada. I banditi, dopo aver sfondato la vetrina, entrano nel negozio, arraffano le armi e subito si danno alla fuga. Così come dicono le prime risultanze investigative. Ma nella fuga i banditi perdono 11 pistole e due fucili, che decidono di lasciare per terra. Di fronte a questo, l’istinto di qualsivoglia rapinatore (anche inesperto) è quello di raccogliere il bottino, anche perché, come si vede dalle foto, le armi sono cadute più o meno nello stesso punto. Bastano pochi secondi per raccoglierle e continuare a scappare, ma decidono di lasciarle lì, insieme a due fucili. A questo punto si mettono in macchina, con il resto della refurtiva, come sostengono gli investigatori, e si dirigono verso il “Villaggio Rom”, abbandonando la macchina in località “Serra Spiga”, per darsi alla fuga attraverso la vegetazione della collina, nascondendo, nel mentre, il resto delle armi nei fitti rovi. La prima domanda che sorge spontanea è questa: come fanno le armi a cadere per terra e come sono state trasportate dall’armeria alla vettura? In una busta del supermercato che improvvisamente si è rotta, in un borsone tipo quelli che si usano per andare in palestra che improvvisamente si è scucito, nel risvolto del maglione così come si fa quando si raccolgono le ciliegie dall’albero e non si ha il cestino… Mah, anche questo resta un interrogativo aperto.

Il ritrovamento delle armi. I carabinieri giunti sul posto attorno alle 6,35, si danno subito da fare, transennano l’area ed avviano le prime indagini: tempo qualche ora e l’auto usata dai banditi viene ritrovata, all’interno i carabinieri trovano una pistola. I militari decidono di inoltrarsi nella fitta boscaglia seguendo le tracce lasciate dai banditi, ed è proprio durante la perlustrazione che lungo un sentiero scosceso e fitto di vegetazione i carabinieri ritrovano gran parte dell’arsenale. Gli investigatori dichiarano alla stampa di aver ritrovato il 90% delle armi sottratte all’armeria. In totale come si vede dalla foto 12 pistole e 21 fucili. Quindi stando alla dichiarazione ufficiale in possesso dei banditi sono rimaste solo 3 armi. Perché 33 (il numero delle armi ritrovate) è il 90% di 36. Quindi 36 meno 33 fa 3. La cosa che risalta è che le armi che i carabinieri ritrovano tra i rovi sono solo fucili, e la pistola trovata nell’auto abbandonata dai banditi. E prova ne è il fatto che le armi corte esposte nella conferenza stampa, sono quelle lasciate per strada davanti all’armeria dai banditi. Quindi i banditi lasciano per terra le armi più costose portandosi dietro solo i fucili che sul mercato valgono veramente poco. Quelle che costano sono le pistole.

Questa la dinamica e le incongruenze che ruotano attorno a questo bizzarro furto. Ma la cosa più grave è questa: per aprire un’armeria –  materia che è regolata dal Testo Unico Leggi di Pubblica Sicurezza –  c’è bisogno di avere l’autorizzazione del questore che deve verificare se l’armiere ha rispettato tutte le prescrizioni previste dalle regole. Tra queste l’adeguamento dei locali, che come si sa devono avere determinate caratteristiche legate alla sicurezza. Eccole in breve.

I locali devono essere dotati di efficienti sistemi di allarme attivi e passivi (a guardare la foto quello che è installato all’armeria Diana sembra essere un allarme anni ottanta, di sicuro non funzionante chissà da quando…).

Le finestre esterne devono essere dotate di inferriate resistenti e saldamente ancorate al muro… (non ci sono finestre)

Le porte esterne devono avere vetri antisfondamento, inferriata ed apertura automatica dall’interno (quelle in dotazione all’armeria Diana sembrano delle normali vetrine di un negozio di abbigliamento e non esiste nessuna inferriata).

Le eventuali saracinesche devono avere almeno due serrature di chiusura (come si vede dalle foto le saracinesche non ci sono alle vetrine).

All’esterno dei locali deve essere installato un impianto di telecamere (non c’è nessun impianto all’armeria Diana di videosorveglianza…)

Non deve essere stoccato materiale vicino alle pareti periferiche (questo non lo sappiamo).

Le armi in riparazione vanno tenute in armadi blindati (esistono questi armadi blindati nell’armeria?)

L’accesso al pubblico nei locali di fabbricazione, riparazione e detenzione esplosivi è sempre vietato…

Le armi lunghe esposte nello show-room possono essere esposte in vetrina o su rastrelliere. Nelle rastrelliere le armi devono essere legate con catena in acciaio al manganese con maglie di spessore non inferiore a 5 mm oppure tramite tondino in acciaio non inferiore ai 10 mm. Le catene devono passare attraverso il ponticello dell’arma e debbono essere ancorare alla parete con chiusura tramite lucchetti (i fucili sottratti all’armeria erano legati con la catena così come prevede la regola?). 

Le armi corte vanno custodite in armadi blindati. Nello show-room è ammessa l’esposizione di un’arma corta per ogni modello purché in vetrine realizzate con vetro antisfondamento. Alle armi corte esposte può essere imposto che siano “inertizzate” (ossia rese non idonee all’uso) tramite l’asportazione di una parte essenziale al loro funzionamento per esempio: percussore, molla del cane, leva di collegamento del grilletto.

Le pistole trovate per strada dove erano riposte all’interno dell’armeria? Se erano nell’armadio blindato come hanno fatto i banditi ad aprirlo in pochi minuti ed impossessarsi delle pistole che poi hanno abbandonato per strada?

Seguendo la dinamica dell’azione criminale sembrerebbe che le armi si trovassero in bella vista e alla portata di tutti, e allora la domanda al questore, ma soprattutto al dirigente della polizia preposto al rilascio e al controllo delle licenze è questa: ma un controllo a questa armeria è stato mai fatto?