Cosenza è una città bellissima. Se non fosse per la “cappa” di paura che regna da tempo sovrana, Cosenza sarebbe la città ideale dove vivere: buon clima, ottima gastronomia, tanta storia, luoghi fantastici, ma soprattutto una città “circondata” da una natura che spazia dai monti fino al mare. Una peculiarità che vale oro: se Cosenza fosse una città della Svizzera, oppure della Croazia, ma anche della Spagna, o del Portogallo, sarebbe tra la città più visitate della nazione. E i suoi abitanti dei ricchi benestanti.
Ma purtroppo Cosenza si trova in Calabria dove la bellezza dei luoghi e la storia degli uomini non contano. La Cosenza moderna non ha più nulla a che vedere con la città che fu l’Atene del sud. Ogni cosa è mutata, anche lo spirito dei cosentini, quello che oggi più di ieri conta, è il quieto vivere. Che si ottiene solo soggiogandosi al potere masso/mafioso, e soprattutto facendosi i fatti propri.
È questa la regola principale imposta dalla masso/mafia cosentina a tutti gli abitanti: non disturbare gli affari degli amici degli amici. Chi lo fa ne paga le conseguenze.
Ad imporre l’omertà, prima ancora della cultura ‘ndranghetistica, una cupola masso/mafiosa che da almeno 30 anni governa Cosenza e controlla tutta l’economia cittadina, specie i denari provenienti dalla pubblica amministrazione. La cupola cittadina, come scriviamo da tempo è composta da magistrati delinquenti (sono 15 i magistrati calabresi indagati dalla procura di Salerno, tra cui il procuratore capo di Cosenza il Gattopardo Spagnuolo), servitori dello stato infedeli, dirigenti pubblici collusi, politici corrotti, imprenditori prenditori, qualche ‘ndranghetista di rango, e gli immancabili massoni deviati al cui interno si trova di tutto: commercialisti, avvocati, medici, notai e traffichini vari.
Tutta l’economia della città è controllata da loro. Sono loro che decidono chi deve arricchirsi e chi no. Sono sempre loro che decidono chi deve vivere e chi deve morire di fame. Sono loro che assegnano appalti e lavori pubblici agli amici degli amici, assicurandogli, dietro lauto compenso, impunità e immunità da qualsiasi azione giudiziaria a livello locale. Un giro di affari milionario che avviene sulle teste e a danno dei cosentini.
Tutti i cosentini sono coscienti di questo, perché lo hanno visto con i propri occhi. Anche se nessuno lo dice. La paura di ritorsioni è grande.
Parlare del malaffare a Cosenza significa farsi nemici pericolosi, che non sono i malandrini o i delinquenti di quartiere, ma pezzi dello stato deviato. Gente che fa paura sul serio, perché possono rovinarti la vita in pochi minuti. E gli esempi non mancano: un conto è avere a che fare con il delinquente comune, un altro è avere a che fare con sbirri corrotti e magistrati mafiosi. A minacciare chi osa alzare la testa, a Cosenza, non arrivano gli uomini con la coppola, ma uomini in divisa con spesso in mano un foglio di carta firmato dal magistrato mafioso che li “autorizza” a fare tutti gli abusi che vogliono. E a nulla valgono le denunce, anche perché non esiste un luogo “sano” a Cosenza dove denunciarli.
Come è inutile denunciare alla Dda di Catanzaro. Decine e decine di esposti presentati da qualche coraggioso cosentino a Gratteri – dove si denunciano gli abusi commessi da servitori dello stato infedeli e la corruzione a tutti i livelli e in ogni luogo pubblico, tribunale in testa – sono stati tutti sistematicamente archiviati. Anche Gratteri ha paura ad agire contro questa cupola, figuriamoci un cittadino normale. Mettersi contro il procuratore capo a Cosenza, ad esempio, equivale a guardarsi le spalle tutto il giorno. Il che significa vivere nella paura ogni santa ora del giorno. Più paura si incute, più l’omertà regnerà sovrana. E i corrotti della procura cittadina lo sanno bene. Ecco perché “puniscono” pubblicamente chi si ribella, l’esempio vale più di mille avvertimenti. Tutti devono capire che a Cosenza la Legge sono loro, e non quella scritta nel Codice Penale. Legge che amministrano fuori da ogni senso del dovere, umiliando e piegando il Diritto e la Costituzione al volere del malaffare. Utilizzano le loro prerogative di “pubblici ufficiali” come più gli aggrada senza curarsi di nulla. Tanto un magistrato non deve dare conto a nessuno, può fare quello che vuole. Sono talmente potenti che a Cosenza si ha paura anche solo a nominarli.
Rompere la stretta di paura che hanno costruito attorno alla città, è impresa molto ardua. Ci sarebbe bisogno di una politica sana, e a Cosenza è una chimera. Il più pulito c’ha la rogna. Chi più, chi meno è colluso con la cupola. Ed è questa la principale causa della rassegnazione dei cosentini. Se non parla la politica perché dovrebbero parlare i cittadini? Chi li difende una volta finiti nel mirino dei magistrati corrotti? Nessuno. Perciò la paura di esporsi regna sovrana. E i corrotti ringraziano. Diceva qualcuno, a proposito della paura: “la paura governa il genere umano. Il suo è il più vasto dei domini. Ti fa sbiancare come una candela. Ti spacca gli occhi in due. Non c’è nulla nel creato più abbondante della paura. Come forza modellatrice è seconda solo alla natura stessa”.
E Cosenza è una città modellata dalla paura.