Cosenza, la denuncia della famiglia Vinto: “Siamo finiti nella rete di usurai senza scrupoli”

Davide e Ippolito Vinto

La famiglia Vinto ovvero Davide, la signora Marcella e il figlio Ippolito, ha coraggiosamente denunciato, oggi pomeriggio, a Lino Polimeni nella sua trasmissione televisiva (CalabriaTV) “Articolo 21”, di essere finita nella rete di usurai senza scrupoli.
Davide Vinto è stato un imprenditore di discreto successo all’alba degli anni Duemila e ha lavorato molto con la sua impresa di servizi per gli enti pubblici, in particolare per il Comune di Cosenza.

Il signor Vinto ha eseguito per molti anni lavori di una certa importanza per conto della Multiservizi, una partecipata comunale guidata all’epoca dall’ingegnere Mauro. Anni di lavori ma anche di incredibili vicissitudini, perché, ad un certo punto, l’esperienza della Multiservizi è andata in fumo (con relativo fallimento), la sua impresa non veniva più saldata ed è stata costretta a rivolgersi alla “giustizia”. Morale della favola: nonostante Davide Vinto accreditasse una somma complessiva che si aggirava sui 900 mila euro, non è riuscito ad incassare nulla, è stato costretto a chiudere baracca e a licenziare i dipendenti e infine a indebitarsi e ad andare “sotto strozzo”.

Nel corso dell’intervista realizzata da Polimeni a casa Vinto, a Rende, ci sono stati momenti drammatici. Quando Davide Vinto ha confessato di essersi rivolto agli strozzini, ha detto con chiarezza che non si trattava di delinquenti veri e propri ma di “colletti bianchi” insospettabili, che non esitano a mandare la manovalanza ad intimidre lui e il figlio.

Ce ne sarebbe abbastanza per far intervenire la magistratura se non fosse che a Cosenza, come tutti sapete, c’è il porto delle nebbie e qualcuno deve aver dato ordine di bloccare le cause dell’impresa Vinto se è vero, com’è vero, che tutto viene sempre fermato. Cause vinte, tasse e oneri pagati, eppure vuoi per un motivo, vuoi per un altro, la catena si ferma. Ad un certo punto del racconto, Davide Vinto stava anche per rivelare il rapporto di parentela tra un giudice della sezione civile e qualcuno dei “colletti bianchi” che sguazzano su Cosenza, ma Polimeni l’ha fermato in tempo perché queste denunce vanno fatte agli organi competenti. Fatto sta che quanto ha dichiarato la famiglia Vinto è davvero molto grave.

Noi conosciamo da tempo la famiglia Vinto e ce ne siamo occupati tra la fine di novembre e l’inizio di dicembre del 2016, quando Ippolito, esasperato dalla situazione, era andato via di casa lasciando i suoi familiari nello sconforto. Per due giorni Ippolito ha vagato nella zona di Arcavacata di Rende, in piena campagna, passando un paio di notti alla meno peggio. Poi qualcuno lo ha visto e ha fatto sapere alla famiglia dove si trovava. E così Davide Vinto ha raggiunto Ippolito e lo ha riportato a casa.

Ippolito all’epoca ci aveva consegnato una sua riflessione su quello che gli era accaduto, dalla quale traspariva abbastanza chiaramente la situazione denunciata con forza oggi.

Mi scuso con tutti per questo mio gesto incomprensibile e soprattutto con i miei genitori.
Purtroppo sono arrivato al limite della sopportazione: odio vedere mio padre supplicare i suoi sacrifici chiedendo l’elemosina ed essere preso per il culo a 75 anni. Odio arrivare la sera a casa e farmi rincuorare, odio non poter onorare i miei debiti con i miei amici, che mi hanno permesso di andare avanti finora.
Tutto questo è possibile grazie alle banche che ora scansano la mia famiglia come la peste. Tutto questo per colpa degli enti, che non saldano le loro competenze nonostante le cause vinte e con tutte le tasse e gli oneri pagati. Insomma, si è lavorato per i vecchi Dinosauri, che ancora non sono andati in estinzione e che continuano a mangiare alle spalle delle persone che lavorano.
Vorrei delle risposte, vorrei che mio padre fosse saldato dei soldi che gli spettano per avere una possibilità di ripartire.
Chiedo ancora scusa e ringrazio tutti quelli che si sono preoccupati per me con grande affetto.
Ippolito Vinto