Cosenza, la storia racconta. Julius Zsengeller, il professore e i suoi ragazzi

Il Cosenza rimarrà in Serie B, trascinato dal grande campione italoargentino Attilio Demaria, nella stagione 1946-47 ma retrocederà, davvero per un soffio, nella stagione successiva, tra l’altro di riforma del campionato. Il ritorno sembra cosa fatta nella stagione 1949-50 quando il Cosenza di Mosele darà vita a un’avvincente lotta contro il Messina che si concluderà con due chiacchieratissimi spareggi. Il portiere cosentino Luciano Gisberti denuncia un tentativo di corruzione, la giustizia sportiva dà ragione al Cosenza ma il palazzo alla fine ordinerà la ripetizione dello spareggio (che era terminato in parità) invece che promuovere direttamente (come sarebbe stato giusto e com’era già stato deciso) il Cosenza. E così le fortune della squadra rossoblù finiscono e all’inizio degli anni Cinquanta i colori rossoblù precipitano in Serie D. C’è da ricostruire una società, una squadra e il morale a terra dei tifosi.

Fedele alla tradizione che vuole la società rossoblù nell’orbita della Democrazia Cristiana, dopo la felice parentesi di Mario Morelli, tocca a Salvatore Perugini, segretario provinciale del partito scudocrociato e assessore comunale, a prendere le redini della gloriosa As Cosenza. I primi anni dal 1952 in poi sono particolarmente difficili perché la Serie D sembra una categoria quasi impossibile da scrollarsi di dosso. Non basta un tecnico bravissimo come l’ungherese Julius Zsengeller, non bastano giocatori di grido, c’è sempre qualcosa che va storto nel momento più bello.

Il Cosenza 1957-58

Ma il Cosenza di Salvatore Perugini, alla fine, riesce a decollare come uno splendido airone. Conquista la promozione in Serie C nella stagione 1957-58 sotto la guida di Enzo Bellini ed è anche, sia pure a pari merito, Campione d’Italia Dilettanti. Non solo: nella stagione successiva il Cosenza recita un ruolo di primo piano nel campionato di Serie C. Il nuovo tecnico Gastone Prendato ha valorizzato al massimo l’ossatura della squadra dell’anno precedente esaltando le qualità di Mario Uxa, centravanti moderno, di Palpacelli, ala vecchio stampo e Ardit, interno elegante. Ma funziona anche il reparto arretrato con calciatori del calibro di capitan Delfino, Orlando, Federici, Bordignon, Coaro e Vairano. Il testa a testa con il Catanzaro è entusiasmante, ma alla fine ad andare in Serie B saranno i giallorossi per un solo punto.Il presidente Perugini perde la vita in un incidente stradale vicino a Brindisi il 30 maggio 1960, quando il Cosenza era già tagliato fuori dalla lotta per la Serie B. Superata la prima fase di sbandamento, la guida della società passa a Biagio Lecce, l’inventore della Pasta Lecce, imprenditore di successo. Non è un grande intenditore di calcio (in tanti hanno pubblicato l’aneddoto del suo perentorio giudizio su Gianni Rivera: “Gracilino”) ma assicura la giusta passione e si lancia nell’avventura con l’entusiasmo di un ragazzino.

La scelta della guida tecnica cade su un monumento del calcio ungherese, Julius “Gyula” Zsengeller, detto “il professore” per la sua enorme cultura (si diceva che conoscesse a menadito il latino), classe 1915, centravanti e cervello dell’Ujipest Budapest e della nazionale magiara. Il suo palmares è impressionante: ha segnato 416 gol in carriera e ha vinto tre scudetti e sei titoli di capocannoniere. Con la Nazionale (39 presenze, 32 reti) ha giocato i mondiali italiani del 1938. L’Ungheria era considerata la squadra più forte: il suo modulo si basava sul possesso palla, sui tocchi di fino e su lunghi fraseggi, che se da una parte esaltavano le qualità tecniche (in primis quelle del trio di punta formato da Zsengeller, Sarosi e Tiktos), dall’altro costavano in termini di velocità della manovra.

L’Ungheria conquista la finale di Roma contro l’Italia a suon di vittorie. Zsengeller fino a quel momento aveva segnato sette gol, uno in meno del formidabile brasiliano Leonidas Da Silva e quattro in più del mitico Silvio Piola. Nel 4-2 che gli azzurri rifileranno all’Ungheria, Zsengeller rimarrà all’asciutto. Trionferà invece il modulo dell’altrettanto leggendario ct Pozzo: difesa attenta e contropiede micidiale. E Piola segnerà due gol.

Il professore continua a giocare a buoni livelli, ma la guerra ne blocca l’ascesa internazionale. Nel maggio del 1947 però fa in tempo a tenere a battesimo l’esordio in Nazionale del giovanissimo Ferenk Puskas a Torino contro l’Italia formata per dieci undicesimi dai calciatori del Grande Torino. E Zsengeller resterà in Italia per giocare due campionati con la Roma ma senza lasciare il segno e uno in serie C con l’Anconitana, promossa in Serie B grazie soprattutto ai suoi gol. Siamo nel 1950. Julius smette di giocare e diventa allenatore e nel 1954 accetta la chiamata del Cosenza in Serie D. Sono Carlo Leonetti e il connazionale Andrea Kutik (ricordando anche i vecchi trascorsi di Krappan e Vanicsek) a convincerlo. Era il Cosenza “Freccia del Sud” battuto politicamente dal potentissimo Cirio. Il professore torna in Ungheria per qualche anno ma neanche 5 anni dopo, nel 1960, il Cosenza lo richiama e lui non saprà resistere alla voglia di vincere della città dei Bruzi. Gli viene affiancato Ciccio Delmorgine, bandiera del calcio cosentino, che ha smesso di giocare nel 1952 ed è subito entrato a far parte del settore tecnico con la guida del settore giovanile.

GIORGIO TROCINI

Giorgio Trocini all’alba del campionato 1960-61 è l’unico cosentino della rosa. Gioca da centromediano nella formazione giovanile della Fiamma, Campione Ragazzi Centro-Sud nel 1957, con tanto di finali nazionali. Esordisce in Serie C due anni prima e si conquista il posto di titolare soffiandolo al terzino padovano Boaretto. Trocini, in seguito presidente della Morrone e vicepresidente del Cosenza Calcio 1914, nonché papà di Brunello, allenatore del Rende dei miracoli, è un terzino roccioso, bene impostato fisicamente, forte sull’uomo ma discreto anche negli appoggi e capace di scendere sulla fascia per proporre il cross, anticipando i tempi. Sarà uno dei protagonisti della seconda storica promozione in Serie B.

Così Trocini ricorda il suo allenatore: “Lo stimavo molto soprattutto a livello umano: era molto serio, aveva pochi amici e conduceva una vita ritirata, tutta campo e casa. Come tecnico amava il calcio audace, offensivo. Posso dire con orgoglio che non facevamo mai il catenaccio e non a caso vincemmo molto in trasferta”.

FRANCO RIZZO

Dopo l’esaltante campionato con la Morrone, promossa nel campionato di Serie D, nella stagione di grazia 1959-60, i fratelli Emilio e Franco Rizzo vengono richiesti da molte società di categoria superiore. Il Marsala offre 4 milioni e mezzo ma il presidente Feraco privilegia l’offerta del Cosenza: 1 milione e mezzo e il prestito del promettente Pietro Malvasi per acquistare subito Franco Rizzo con la promessa di ingaggiare in futuro anche Emilio.Franco Rizzo è stato il protagonista assoluto del campionato, segnando caterve di gol (sarà capocannoniere del campionato con 15 reti) e imponendosi per personalità sia nel ruolo di ala destra che di mezzala con un tiro esplosivo. Ma ha solo 17 anni e c’è il concreto rischio di “bruciarlo”. Zsengeller lo fa esordire già alla seconda giornata, nella trasferta di Avellino vinta dai Lupi per 2-0 affidandogli la maglia numero sette. Rizzo sarà tra i migliori in campo.

Anche l’ala sinistra Giuseppe Gallo è un giovanissimo alla prima esperienza in Serie C. Arriva dalla Scafatese ed è nativo di Castellammare di Stabia. Il suo inizio di stagione è micidiale: dopo quattro giornate ha già segnato cinque gol e al “Morrone” contro il Siracusa la sua sesta rete è un’autentica perla. Prende palla dal portiere e dribbla come birilli avversari su avversari deponendo dolcemente il pallone in rete. Inevitabile il paragone con Maradona.

Insieme a Rizzo e Gallo gioca da centravanti il livornese Agide Lenzi, già in rossoblù l’anno precedente e grande protagonista della stagione con 18 reti e il titolo di capocannoniere del girone. Il “Trio Meraviglia” lo ribattezzeranno i tifosi rossoblù.

Nonostante qualche pareggio di troppo al “Morrone” – quattro per la precisione -, i Lupi grazie alle vittorie esterne con Avellino, L’Aquila, Crotone e Agrigento e a quelle interne con Lecce e Salernitana, sono subito al comando con due punti di vantaggio sul Trapani. Ma la sconfitta interna col Taranto, la prima del campionato, apre un vespaio di polemiche e consente ai siciliani l’aggancio al comando.

Già da qualche settimana Gallo e Rizzo sono finiti sul taccuino delle società più importanti d’Italia, più che mai attenti ai talenti dei vivai. Su Gallo punta gli occhi il Milan di Gipo Viani, che manda una serie di osservatori a visionare il campione stabiese. Su Rizzo piomba il Torino: il 23 novembre giunge in città Gigi Peronace, l’uomo che ha portato John Charles alla Juventus e che ora sta con i cugini granata.Trocini ricorda così il “Trio Meraviglia”: “Gallo era certamente il più bravo. Aveva un repertorio fantastico: finte, dribbling, tiro. Un vero funambolo. Rizzo calciava divinamente. Aveva un “piedino” destro tanto piccolo (mi pare che calzasse 37 o 38) quanto esplosivo. Franco era la classica mezzapunta: né attaccante né centrocampista. Sì, un po’ come Totti e Del Piero, anche se all’epoca lo facevano giocare molto di più all’ala. Segnava anche lui gol bellissimi. Lenzi non sapeva calciare ma segnava sempre. Il suo pezzo forte era lo scatto violento negli ultimi dieci metri: era potentissimo, una forza della natura”.Intanto, il Cosenza reagisce alla sconfitta interna col Taranto espugnando Bisceglie (1-0), battendo il Pescara (2-0) e pareggiando a Barletta (0-0). L’otto gennaio 1961 Cosenza e Trapani sono ancora appaiate in testa a quota 22. Due settimane dopo, al Vomero di Napoli, per Cirio-Cosenza sono presenti in tribuna gli allenatori di Milan e Inter, Gipo Viani ed Helenio Herrera. Viani segue da vicino Gallo, ormai sicuro di trasferirsi al Milan; Herrera vuole capire se davvero il ragazzo è così bravo e, visto che c’è, dà un’occhiata anche agli altri. Il Cosenza maramaldeggia e vince 3-0 con doppietta di Lenzi e gol di Gallo davanti a duemila tifosi al seguito. Il campioncino del Cosenza è al settimo cielo.Una settimana dopo, come spesso accade nel calcio, si passa dalle stelle alle stalle a causa di una pesante e del tutto inattesa sconfitta in casa con la Reggina. Si aprono nuovamente i processi e appena sette giorni dopo i Lupi perdono anche lo scontro diretto sul campo del Trapani. Per fortuna, però, le due squadre rimangono appaiate al vertice, conseguendo entrambe il titolo di Campione d’Inverno.

Battuto nettamente l’Avellino, i Lupi ottengono il decimo successo esterno a Lecce e si confermano al comando col Trapani; poi finalmente quattro vittorie in casa su L’Aquila, Brindisi, Crotone e Akragas, un buon pari a Siracusa e una vittoria a Marsala isolano il Cosenza al comando. E nonostante il capitombolo a Taranto (0-5!) i rossoblù conservano il primato grazie alla sconfitta del Trapani a Brindisi.

1 – (continua)