Cosenza, la verità sul ponte dei vavusi e quell’autorizzazione che non c’è (di Pasquale Rossi)

di Pasquale Rossi

Il ponte dei “vavusi” (ponte di Calatrava per i nuovi di Iacchite’) costruito con i soldi delle case popolari o se preferite dell’edilizia sociale?
20 milioni di euro per un ponte che collega il nulla con il nulla che erano destinati ai senzacasa calabresi? Era da tempo che chiedevamo come era stato finanziato e la risposta era sempre stata: fondi europei e nazionali. Erano, invece, addirittura soldi trattenuti sulla busta paga di tutti i lavoratori (ex Gescal) e destinati alla costruzione e alla manutenzione delle case e dei quartieri popolari.

La grandeur, “vavusaggine” allo stato puro, del sindaco-architetto è stata alimentata da un uso perlomeno inappropriato, come sembrerebbe evincersi da fonti giornalistiche, dei soldi pubblici? E i quartieri popolari? E via Popilia, San Vito e via degli Stadi? E, soprattutto, il centro storico che, con questa montagna di soldi -in origine i fondi ex Gescal ammontavano a 175 milioni di euro- avrebbe potuto essere TUTTO ristrutturato con denaro destinato proprio a questo scopo?

Il sindaco Occhiuto ha preferito radere al suolo interi isolati seicenteschi del centro storico pur di erigere il PONTE DEI VAVUSI per più di 20 milioni di euro, come ha dichiarato lui stesso in una intervista, contro i 14 previsti dal progetto Mancini. Quanto verrà a costare tutto l’ambaradan (parco fluviale e altre cazzate del genere) fantasticato da Occhiuto, se il progetto Mancini prevedeva, per le opere di urbanizzazione, una spesa di 36 milioni? Ora, ci costerà 40, 50 milioni? Quindi 20 milioni più 50 milioni fa un totale di 70 milioni di spesa per un’opera totalmente inutile che collega il nulla con il nulla. Tanto più che, nel raggio di poche decine di metri, vi sono ben altri due ponti che collegano la sponda est con quella ovest.

Se proprio avessero voluto renderlo utile, avrebbero dovuto costruirlo più a nord collegandolo, magari, alla strada 107 Silana-Crotonese.
Insieme alla palese inutilità bisogna aggiungere il danno paesaggistico creato da un’opera troppo grande, addirittura gigantesca per un ambito paesaggistico in fondo ristretto, con una valle non troppo grande e con un fiume largo solo tre metri in estate e dieci in un normale inverno.
Fra qualche anno il centro storico sarà distrutto e i 50 milioni di euro spesi per il PONTE DEI VAVUSI saranno stramaledetti dai nostri figli e dai nostri nipoti ai quali, invece di lasciare un città storica restaurata e capace di trasmettere valori etici ed estetici per secoli, lasceremo questa copia della copia di un ponte disegnato da un architetto di cui fra un paio di generazioni si sarà persa la memoria ed anche i ponti, credo.

C’è una ulteriore, gravissima, questione che, finora, non è venuta del tutto a galla: è possibile che il PONTE DEI VAVUSI non abbia l’autorizzazione paesaggistica da parte della Soprintendenza che, per dirimere la scottante questione, avrebbe demandato alla direzione centrale del Mibact la risoluzione, mandando tutti gli incartamenti in loro possesso.

Del resto, come potrebbe avere una autorizzazione paesaggistica un’opera così fuori scala che ha stravolto le caratteristiche del nostro paesaggio urbano e fluviale? Come può aver ottenuto, secondo il Decreto Legislativo 42 del 2004, l’autorizzazione paesaggistica da parte della Soprintendenza? E se l’ha ottenuta, sulla base di quali valutazioni la Soprintendenza ha ritenuto che non violasse gli articoli 131, 134, 136, 146 e 148 del Decreto Legislativo 42/2004 e s.m.i.?

Un’antenna alta 104 metri e pesante 800 tonnellate, una sede stradale larga 22 metri e lunga 120 metri. Un gigantesco corpo estraneo che, visto da nord, quasi fa scomparire il nostro centro storico incastonato sul Pancrazio. Un ponte che peraltro, dal punto di vista del disegno architettonico, altro non è che la copia della copia della copia dell’unico ponte che Calatrava disegna, subendo moltissime critiche dagli addetti ai lavori, da decenni ovunque: a Siviglia, a Valencia, ad Atene, a Gerusalemme etc. etc.

In quanto alla politica del fare ne abbiamo piene le tasche, perché questo sindaco ha fatto solo sconcezze: la colata di cemento di Piazza Fera, l’orrendo restauro del Castello e la sua trasformazione in lounge bar, le luminarie sempiterne, il tamarrofiume boulevard, l’orrendo parcheggio di Piazza Fera costruito da una azienda con legami mafiosi, i ridicoli, costosissimi e totalmente improduttivi bocs-art e così via. Questa visione “estetistica della città” ha stravolto Cosenza e, temo, anche i cosentini, ma è arrivato il momento di smetterla.
Non dovrebbe, in questo caso, intervenire la magistratura? Ma questo, come ben sapete, è un altro tasto dolente, che proprio una settimana fa ha portato Gratteri nel ristorante di Occhiuto la sera stessa del suo compleanno…