Cosenza. Le cantine sociali e i racconti degli ubriachi: sempre gli stessi ma mai uguali (di Franco Panno)

di Franco Panno

Si chiamano pubs, il primo che aprirono nella mia città chiuse per un agguato mafioso, una cosa poco inglese. Noi continuavamo a frequentare con tanto di giacche di pelle, stivaletti e creste, le cantine sociali. Il vecchio e il nuovo, direbbe Eizenstein, quello della corazzata Potemkin, che non è una cagata pazzesca, ma uno dei film più grandi della storia del Cinema.

Entravamo in questi posti posti dove gli avventori già rantolavano, alcuni venivano buttati fuori senza pietà. Si beveva vino, cattivo, annacquato, accompagnato da un mini spuntino di alici pepate, provolone e mortadella tagliata grossa. Andavamo spesso dal Cazzone, una bettola maleodorante, più che di pub londinese, sapeva di Cayenna. In questi posti, smaltivamo le nostre pene d’amore. Entravamo salutando con un “Hey man”, l’oste della malora ci rispondeva con un “Parra cumu ta fattu mammata… trad. Parla come ti ha fatto tua madre”. La cantina sociale, oggi scomparsa, assieme agli ubriaconi di una volta, dalla lacrima facile, non molesti. I pubs soppiantarono le cantine, la socialità diventò altra cosa, Birra sofisticata, Hamburgers and fries, ma mancano tanto quei cartoni di provolone, mortadella e alici annaffiato da un vino invivibile, che ti mandava in orbita al primo bicchiere. Manca tanto la chiusura delle serata “Buona serata a tutti” risposta “Vaffanculo”.
Mancano soprattutto i racconti degli ubriachi, sempre gli stessi, mai uguali.
John Barleycorn must die, The Traffic
Buongiorno