Cosenza. Le verità di Facciolla come un pugno nello stomaco a tutta la città “sommersa”

“Chi si gira dall’altra parte fa carriera, arriva alla pensione con plausi e complimenti, chi non si gira dall’altra parte invece paga le conseguenze” dice il magistrato Eugenio Facciolla proprio nei giorni del pensionamento di Mario Spagnuolo e poco dopo Luigi De Magistris: “Questo è il paese che quando non ti pieghi devi stare attento”. L’occasione per queste dichiarazioni è la presentazione del libro SODOMIA – Vita di un Boss e di un Operaio alla Ubik. Un incontro storico se non altro perché De Magistris e Facciolla non si incrociavano da almeno 15 anni. Entrambe le esperienze sono attraversate dalle storie del libro ed entrambi ricostruiscono le proprie carriere professionali e l’ambiente calabrese.

Nel libro confluiscono dichiarazioni inedite, documenti di archivi e testimonianze e così la presentazione diventa un lungo percorso che parte dalle bande e le violenze fino alla massomafia e i colletti bianchi. E i nomi di avvocati, clan, magistrati e imprenditori aleggiano durante il dibattito.

Il link al video –  https://www.youtube.com/watch?v=mbLl0v-blcM

Gli inizi. Le bande, gli affari con esponenti dello Stato e gli accordi non scritti

All’inizio c’erano bande di criminali che praticavano estorsione e prostituzione. Facciolla ne dà il quadro economico: “All’inizio c’erano bande armate. Una città che ancora oggi si regge su un finto benessere. Si costruiscono palazzi, si comprano appartamenti e non si capisce chi ci va ad abitare e chi c’è dietro queste operazioni immobiliari”. E le bande hanno modo di crescere proprio grazie alla vicinanza di alcuni ambienti delle istituzioni e in particolare della giustizia. Nel libro si ricostruiscono gli affari di Vitelli, della discoteca Akropolis e della procura dell’epoca, o quelli del clan Muto sempre con le procure simboleggiate da La Perla. E infine una ricostruzione inedita della pace dei due clan (Perna e Pino) storicamente sancita al Due Palme. Nel libro (e Facciolla conferma) emerge il retroscena: il Due Palme era una sceneggiata, la pace era stata sancita con avvocati e magistratura. C’era chi osservava e voleva la conferma.

Gli omicidi eccellenti, il collegamento tra Cosmai e Losardo

In questo clima nascono gli omici eccellenti, le guerre e poi i processi storici. Facciolla è lapidario: “Si uccideva non perché erano sicuri dell’omertà della gente, ma per la certezza dell’impunità. Cosa ben diversa”.  Quindi ricostruisce una serie di vicende. Da una serie di ricerche contenute in SODOMIA emerge la possibilità che l’aggiustamento del processo Cosmai a Bari sia stato possibile seguendo la stessa strada utilizzata per aggiustare il processo Losardo dal clan Muto. Sempre a Bari. Secondo Facciolla non è un’ipotesi impossibile. “Quel processo (Cosmai) è stato aggiustato e per molti altri ci sono delle somiglianze. Tutti fatti a Bari, stesso collegio giudicante”. E su Cosmai ci tiene a sottolineare. “Cosmai, qualcuno lo ha ricordato come episodio più rilevante della sua carriera: cosa falsa. Non c’è traccia di tale attività, si tratta del procedimento Missing che portai avanti io. Il collegio difensivo capitanato da Marcello Manna fa istanza, del tutto anomala, chiedendo che non fosse Eugenio Facciolla a rappresentare l’accusa nel processo di appello Missing. Poi continuai io arrivando a condanne definitive”. Quel qualcuno seppur mai nominato sembra facile da ricondurre a Spagnuolo. Che molte volte insieme ad altri ricorrerà direttamente o no in questi fatti.Altro riferimento del libro è Bergamini. Nel libro un testimone eccellente in proposito dice che, se un omicidio si fa in un territorio è perché “ci sono le coperture”. Basta il riferimento alla riapertura del processo per far scattare un applauso spontaneo alla platea.

Il salto di qualità e il ruolo dell’avvocatura

A Cosenza è riuscito quello che non è stato possibile in nessuna parte d’Italia. La strategia della dissociazione che permetteva di avere sconti di pena depotenziando però qualsiasi collaborazione. Nel ‘97 Facciolla arriva al Garden da Palmi e dice: “Mi trovo con più collaboratori che imputati normali. Il foro era stato bravissimo perché avevano portato la dissociazione che usavano nel terrorismo nei processi di mafia. Si presentavano con il proprio avvocato contestandosi solo la propria partecipazione in qualche fatto di sangue”. E poi ancora: “Rendevano dichiarazioni alla DDA di Catanzaro e in parallelo alla Procura di Cosenza con un inquinamento totale. La gestione dei pentiti è stata sempre accompagnata dalle polemiche sul loro patrimonio. Ci fu chi recuperò soldi in usura a Garofalo. Nel processo alla fine finì condannato solo Garofalo”.

Nel libro non emergono solo i casi di Manna e Spagnuolo, ma vengono nominati dai testimoni e dai documenti anche altri esponenti, tra cui Sorrentino, D’Ippolito e Franz Caruso (attuale sindaco di Cosenza) per gli appalti sulla gestione delle mense con Paolo Romeo, Franco Pino e Tonino Gentile (alias il Cinghiale). Queste connivenze che vedono organizzazioni criminali dialogare a tu per tu con parti avvocatura, avvicinare magistrati e gestire appalti sono l’occasione per il salto di qualità.

Il ruolo di Pittelli, Lombardi e le massonerie deviate

Il passaggio a questo livello nel libro è indagato. Il tentativo dei clan dell’epoca di inserirsi nella guerra di procure, il tentativo di arrivare attraverso Manna a Pittelli. E di lì ai rapporti massonici e coperti. In questo si inserisce il ruolo di Lombardi. Lupacchini nella prefazione al libro documenta l’evoluzione dei rapporti con Spagnuolo. E ed entrambi gli ospiti ricostruiscono la figura di Lombardi e il coacervo di rapporti intorni.

Facciolla: “Mariano Lombardi all’epoca e almeno all’inizio mi seguiva molto, Luigi (de Magistris) lo sa perché in alcune occasioni abbiamo lavorato nello stesso ufficio, poi come ebbe a dichiarare Lombardi stesso in un giornale locale qualcosa era cambiato. Fu costretto a scaricarmi in poche parole”.

De Magistris ricostruisce i ruoli: “Il procuratore Lombardi non era una cattiva persona. Lui inizialmente aveva stima per chi vedeva come onesto. Lombardi non potette fare più niente quando toccammo con le attività investigative Pittelli. Risultava come elemento di collegamento di alcune famiglie di ‘ndrangheta e colletti bianchi. Era anche avvocato del procuratore”. Ed è in questa rete che rimase intrappolato “Io informai Mariano Lombardi e Mario Spagnuolo. Dovetti informarli di una serie di perquisizioni, tra cui una a Chiaravalloti. Dissero: questo provvedimento è delicato ce lo dobbiamo leggere. Dopo qualche giorno, il procuratore aggiunto mi restituisce il decreto non firmato perché dice che non se la sente e il capo non mi dice nulla”.

I proiettili istituzionali, gli allontanamenti e gli anticorpi

“I proiettili istituzionali hanno sostituito il tritolo” perché le campagne mediatiche e le indagini “colpiscono la reputazione”. Descrive così la strategia de Magistris. Quando toccò a Pittelli invece: “Per evitare fughe di notizie secretai il provvedimento e iniziarono le perquisizioni. Il pomeriggio del 21 marzo 2007 mi fu tolta l’indagine dal procuratore. Sei mesi prima il figlio della moglie del procuratore era stato assunto nella società di Pittelli e il procuratore aveva fatto fideiussione”.  A distanza di 11 anni Palamara dice che all’epoca il sistema si difese dimostrando di avere gli anticorpi.

Facciolla invece dà un particolare inedito: “Lupacchini viene in Calabria nel 2005, inviato per decapitare, per giubilare, Facciolla, così lui stesso dice. Io ero responsabile dell’indagine Tamburo per gli appalti sulla Salerno – Reggio Calabria che erano appalti con accordi a monte già a Roma”. Sempre nel libro emerge il ruolo di Ennio Morrone, che secondo alcune intercettazioni si sarebbe dato da fare per depotenziare l’inchiesta ispettiva di Lupacchini.

Secondo un altro testimone del libro questa volontà di fermare Facciolla parte dagli anni precedenti. E poi Facciolla continua. “A marzo 2018 io ero a Roma per un accesso al MISE, un’indagine che riguardava diversi milioni di euro regalati con un’operazione tutt’altro che chiara. E con una strana sospetta coincidenza da Catanzaro partono atti che danno il via ad una vicenda che tutt’ora continua e che conoscete”. Sottolinea: “pochi colleghi sono disposti a starti vicino”.

Link al libro – https://www.amazon.it/SODOMiA-Operaio-nella-citt%C3%A0-Potere/dp/B0C1J3BT6F/ref=tmm_pap_swatch_0?_encoding=UTF8&qid=&sr=

Entrambi concordano su un dato, se c’è una tale cappa nel cosentino, non è questione di omertà ma per Facciolla di impunità, mentre De Magistris così chiosa: “Se il magistrato al quale ti devi rivolgere frequenta abitualmente quelli che devi denunciare, allora il calabrese non è omertoso o connivente, è intelligente”.

Un’ora densa in un silenzio attento e partecipe. Per entrambi è necessario continuare a rimanere in trincea perché gli strascichi giudiziari continuano e impegnano. Entrambi rivendicano non solo il diritto a dire la propria versione e i fatti di cui sono diretti testimoni, ma anche il dovere di farlo. La libreria è piena e alcuni sono in piedi. Le persone colgono i riferimenti, reagiscono e applaudono. Dimostrano di conoscere molti fatti, di essere attenti e di essere interessati a quelli che non conoscono. Se la speranza è messa a rischio, almeno la memoria è forte.