Cosenza, l’ultima de (i)Greco: “Guarascio non cede ma noi avevamo… Moggi!”. Big Luciano, radiato a vita dal calcio

La telenovela Cosenza oggi si arricchisce di un personaggio in più: nientepopodimenoche Luciano Moggi. Il gruppo (i)Greco, nell’annunciare che il patron Guarascio ha risposto picche alla loro offerta di rilevare il Cosenza Calcio, hanno reso noto di avere interessato per l’eventuale progetto proprio il famigerato Big Luciano. Citiamo testualmente: “… Non a caso nei giorni scorsi abbiamo acquisito la preliminare e piena disponibilità del direttore Luciano Moggi, storico totem nazionale del mondo del pallone che conta e vero talent scout dei principali atleti che hanno segnato la storia del palcoscenico del calcio, entusiasta di far parte del nostro progetto con un ruolo di primo piano…”.

Ora, senza voler essere per forza giustizialisti, come si fa a chiamare in causa uno come Moggi che è sputtanato più delle porte delle chiese sconsacrate e radiato a vita dal calcio? Big Luciano è stato processato per associazione a delinquere e frode sportiva e l’ha passata liscia solo perché i reati sono andati in prescrizione e non certo perché era innocente. Ma la giustizia sportiva l’ha allontanato per sempre dal mondo del calcio.

Le motivazioni della Suprema Corte all’epoca non lasciavano e non lasciano spazio a interpretazioni: “Più che di potere di Luciano Moggi si deve parlare di uno strapotere esteso anche agli ambienti giornalistici e ai media televisivi che lo osannavano come una vera e propria autorità assoluta”.

MOGGI HA COMMESSO DUE REATI: ASSOCIAZIONE A DELINQUERE E FRODE SPORTIVA

Si legge che Moggi è stato il “principe indiscusso” del processo Calciopoli – conclusosi con la prescrizione di gran parte dei reati per lo stesso Moggi e per altri imputati – e “l’ideatore di un sistema illecito di condizionamento delle gare del campionato 2004-2005 (e non solo di esse). L’ex dg della Juve esercitò un’irruenta forza di penetrazione anche in ambito federale”. Dalla sentenza 36350 e dalle quasi 150 pagine depositate oggi viene spiegato come “Moggi abbia commesso sia il reato di associazione per delinquere, sia la frode sportiva in favore della società di appartenenza (la Juventus)“, ed ha anche ottenuto “vantaggi personali in termini di accrescimento del potere (già di per sé davvero ragguardevole senza alcuna apparente giustificazione)”.

L’associazione per delinquere diretta da Moggi – spiega la Cassazione – “era ampiamente strutturata e capillarmente diffusa nel territorio con la piena consapevolezza per i singoli partecipi, anche in posizione di vertice (come Moggi, Pairetto o Mazzini), di agire in vista del condizionamento degli arbitri attraverso la formazione delle griglie considerate quale primo segmento di una condotta fraudolenta”. Dai giudizi che l’ex dg bianconero esprimeva in tv e sui media “potevano dipendere le sorti di questo o quel giocatore, di questo o quel direttore di gara con tutte le conseguenze che ne potevano derivare per le società calcistiche di volta in volta interessate”, rileva la Cassazione nel suo verdetto. Dell’ex dg juventino, la Suprema Corte dice che aveva una “poliedrica capacità di insinuarsi, sine titulo, nei gangli vitali dell’organizzazione calcistica ufficiale (FIGC e organi in essa inseriti, quali l’AIA)”. Senza timore di cadere in “enfatizzazioni”, secondo la Cassazione, Moggi aveva una “incontroversa abilità di penetrazione e di condizionamento dei soggetti che s’interfacciavano con lui”.

LE MINACCE NEGLI SPOGLIATOI

Luciano Moggi, con le sue ‘incursioni’ negli spogliatoi degli arbitri, al termine delle partite, non solo “non lesinava giudizi aspramente negativi sull’operato dei direttori di gara”, ma esercitava un “potere di interlocuzione aggressiva e minacciosa, frutto soltanto di un esercizio smodato del potere: emblematici gli episodi che riguardarono l’arbitro Paparesta e il guardalinee Farneti”. La Lega consentiva, infatti, solo visite di cortesia negli spogliatoi da parte dei dirigenti calcistici. In ultima analisi, si legge che “la carica d’interessi ultraindividuali di Moggi è stata particolarmente intensa e tale da sconvolgere l’assetto del sistema calcio, fino a screditarlo in modo inimmaginabile e minarlo nelle sue fondamenta, con ovvie pesantissime ricadute economiche”. Senza prescrizione il finale sarebbe stato ben diverso per Luciano Moggi. E qui siamo ancora alla giustizia ordinaria, altro discorso vale per la giustizia sportiva, per la quale Moggi è stato radiato a vita dal calcio.

MOGGI RADIATO A VITA DAL CALCIO

Lo ha confermato  la sentenza del Consiglio di Stato. Calciopoli arriva anche l’ultimo verdetto che stabilisce la radiazione per Luciano Moggi da qualsiasi rango o categoria della Federazione italiana gioco calcio (FIGC). 

Undici anni dopo Calciopoli, il 16 marzo 2017, era arrivati anche l’ultimo verdetto, ed era una conferma. O meglio, un no a un ricorso. Il Consiglio di Stato ha confermato la radiazione di Luciano Moggi, ovvero la “preclusione a vita alla permanenza in qualsiasi rango o categoria della Federazione calcio“. La carriera calcistica di Luciano Moggi era definitivamente chiusa.

L’ex dirigente della Juventus aveva provato la strada di “uscire” dalla Giustizia sportiva per appellarsi a quella ordinaria. Aveva quindi fatto ricorso al Consiglio di Stato contro la radiazione, ma la Quinta Sezione ha stabilito che la decisione della Corte federale della Figc (11 maggio 2012) resta insindacabile e quindi definitiva. Il ricorso di  è stato giudicato inammissibile, “per difetto di giurisdizione del giudice statale”. Definitiva la radiazione per Luciano Moggi.

Radiazione definitiva, dunque, dopo l’inchiesta Calciopoli cominciata nel 2006. Proprio il 4 maggio di quell’anno furono pubblicate alcune intercettazioni telefoniche di un’inchiesta archiviata dal tribunale di Torino in cui alcuni dirigenti si informavano con il designatore arbitrale Pairetto sui nomi degli arbitri per dirigere le partite della Coppa dei Campioni. Scoppiò un vero e proprio scandalo mediatico, l’11 maggio ci furono le dimissioni di Luciano Moggi da direttore generale della Juventus, insieme a Giraudo e Bettega, per l’inchiesta che ‘teorizzava il reato di associazione a delinquere finalizzata alla frode sportiva’. Le accuse vedevano Luciano Moggi intrattenere rapporti con alcuni soggetti del giornalismo sportivo italiano, in modo da mettere in cattiva luce l’operato di arbitri e società. Nel luglio del 2006 la Corte Federale della FIGC conferma la squalifica di Luciano Moggi per cinque anni con la proposta di radiazione arrivata definitivamente il 16 marzo 2017.

Eppure, oggi c’è qualcuno che per dare consistenza a un suo sedicente progetto per rilevare il Cosenza Calcio, chiama in causa Moggi come se fosse un dirigente sportivo di specchiata moralità. Cose da pazzi!