Cosenza, Oliverio e Occhiuto: Grandi Opere Illegali (di Battista Sangineto)

Buongiorno a tutti. Se qualcuno avesse ancora dei dubbi sulla “vicinanza” tra Mario Oliverio e i fratelli Occhiuto, ci sono moltissime “emergenze” – come direbbero i magistrati onesti – che stanno lì a dimostrare quanti affari, anzi quanti Grandi Opere Illegali abbiano concepito insieme. E il quadro come al solito è squallido e desolante.

di Battista Sangineto 

La politica calabrese è quanto di più impresentabile si possa trovare nel palcoscenico nazionale: amministratori pubblici, politici e imprenditori sono accusati, dalla Procura di Catanzaro, di turbata libertà degli incanti, corruzione, abuso d’ufficio e frode in pubblica fornitura.

Questi sono i reati contestati, fra gli altri, a Mario Oliverio e a Mario Occhiuto, il primo ancora candidato alla presidenza della Regione Calabria ma stavolta da indipendente, mentre il secondo non è candidato direttamente ma in compenso ha il fratello Robertino… in piena corsa. Al centro dell’indagine, ci sono i bandi di gara  per la costruzione del nuovo ospedale, della metropolitana di superficie e del Museo del Nulla-Alarico. Tutti insieme nell’associazione a delinquere che, secondo la Procura di Catanzaro, aveva “lo scopo di commettere una serie indeterminata di delitti contro la pubblica amministrazione”. Il processo è iniziato ad aprile.

Sono state messe sotto accusa, insomma, tutte le progettate “Grandi Opere” cosentine: Metro leggera, Museo del Nulla-Alarico e Nuovo Ospedale. A Cosenza, negli ultimi 8 anni, si sono fatti, o si intendono fare, ponti fuori misura e fuori contesto, edifici pubblici destinati a rimanere contenitori, il Museo del Nulla-Alarico per 8 milioni di euro, senza contenuti e infrastrutture antieconomiche, la metro di superficie per 156 milioni di euro, che frammentano e dividono, invece di ricucire le aree della città. Per non voler parlare delle minacciate e ridicole opere degne del Barone di Münchhausen come l’Ovovia, il Parco fluviale, quello della scienza o l’ancor più risibile Parco del benessere che completerebbero l’opera di Disneyficazione della città.

Tutta questa smania di modernità mentre il Centro storico di Cosenza continua, nonostante i 90 milioni promessi, a cadere a pezzi. Mentre il nostro straordinario patrimonio, quello che sarebbe in grado di fornire l’identità individuale e quella, collettiva, della comunità va in rovina, si spendono centinaia di milioni di euro per introdurre, a forza, nuove architetture o infrastrutture che hanno il solo pregio di “DISNEYFICARE”, omologandola a centinaia di altre nel mondo, la nostra città.
Ogni città storica, e Cosenza ha una storia bimillenaria, è diversa, ha una propria personalità, è capace di innescare l’orgoglio dei propri cittadini, la loro capacità creativa, il potere di attrazione dello spazio urbano. Ogni città è di per sé unica e per questo è inconcepibile che si pianifichi una omologazione che fa perdere ogni traccia di unicità, di coscienza di sé. Come dice Salvatore Settis a proposito delle città: “Lo spazio in cui viviamo è un formidabile ‘capitale cognitivo’ che fornisce coordinate di vita, di comportamento e di memoria, costruisce l’identità individuale e quella, collettiva, delle comunità. Il grado di stabilità del paesaggio urbano che ci circonda è in diretta proporzione a un senso di sicurezza che migliora la percezione di sé e dell’orizzonte di appartenenza, favorisce la produttività degli individui e delle comunità, innesca la creatività. Per converso, la frammentazione territoriale, la violenta e veloce modificazione dei paesaggi urbani, il dilagare delle periferie-sprawl prive di centro innesca patologie individuali e sociali“. A Cosenza, forse più che altrove, queste patologie, individuali e collettive, sono diventate ormai evidenti a chicchessia.

Una smodata smania, insomma, di omologare costruendo nuove architetture e di frammentare ulteriormente il contesto territoriale sembra aver colto non solo il sindaco, l’architetto Occhiuto, ma anche il Presidente della Regione, Mario Oliverio.
Il procuratore Gratteri si sarà accorto che la Soprintendenza ABAP, in data 16 luglio 2018, in risposta al Comune di Cosenza che aveva chiesto, alla già citata SABAP, un parere paesaggistico a proposito del mega progetto denominato “Riqualificazione urbana del fiume Crati. Da Vaglio Lise al centro storico” la risposta era stata: “non potendo soddisfare le richieste perché non si posseggono i necessari chiarimenti … i procedimenti (il parere paesaggistico n.d.r.) sono da ritenersi sospesi ad ogni effetto di legge”?

Grazie al documento pubblicato da Iacchitè (http://www.iacchite.blog/metro-anche-palla-palla-e-fuorilegge-la-soprintendenza-lo-inchioda-ecco-le-prove/) scopriamo che tutte queste inutili, dannose e costosissime “Grandi Opere” sono TUTTE prive di autorizzazioni e pareri da parte degli Enti preposti alla tutela ed alla salvaguardia del Patrimonio culturale e paesaggistico (D.Lgs. 42/2004), compresa la Regione Calabria in virtù del suo QTRP del 2016.
Sulla base di questo documento possiamo affermare che ad essere fuori dalle Leggi non è solo il sindaco Occhiuto, ma anche il Presidente della Regione, Oliverio, nella doppia veste di controllato, in quanto finanziatore della metro leggera, e di controllore che avrebbe dovuto verificare che, nell’elaborazione del progetto di massima, fosse rispettata una Legge paesaggistica regionale.

L’autorità di gestione del progetto, la Regione Calabria cioè, cosa ha fatto finora e cosa sta facendo? Si è, forse, accorta che non può presentare il progetto definitivo della metro perché non ha l’autorizzazione paesaggistica necessaria che dovrebbe essere fornita sia dalla Soprintendenza ABAP di Cosenza, sia dalla Regione medesima in base al proprio Quadro Territoriale Regionale Paesaggistico?

Si sono accorti, forse, che la metro non poteva esser costruita perché nell’area interessata da queste “Opere” gravano ben due vincoli paesaggisti approvati con due decreti ministeriali emanati uno il 15 luglio 1969 e l’altro il 26 giugno 1992? Si sono, forse, accorti che non hanno redatto neanche la Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) e la Valutazione di Impatto Strategico (VAS)?

In questi stessi giorni abbiamo appreso, dall’eurodeputata 5stelle Laura Ferrara che l’ha resa nota, la risposta di Johannes Hahn, a nome della Commissione europea per le Politiche regionali, alla richiesta di chiarimenti in merito al progetto di metro tranvia dell’area urbana cosentina. Hahn ha affermato che: “Il grande progetto per un sistema di collegamento metropolitano tra Cosenza, Rende e l’Università della Calabria è fonte di grande preoccupazione per la Commissione. Ad oggi, il progetto non ha generato alcuna spesa dichiarata alla Commissione nella programmazione 2014-2020 mentre, come giustamente sottolineato dall’onorevole deputato richiedente, il progetto definitivo non è ancora stato approvato. Inoltre, considerando il tempo necessario per la realizzazione di progetti infrastrutturali, è estremamente difficile che la costruzione dell’intera linea metropolitana possa concludersi entro la chiusura del periodo di programmazione 2014-2020. La Commissione ha invitato più volte l’autorità di gestione del progetto a valutare la situazione e a preparare piani alternativi che prevedano la riprogrammazione delle risorse verso altre azioni/progetti. Finora le autorità responsabili del programma non hanno deciso di presentare alla Commissione una richiesta volta a modificare il programma conformemente a quanto dispone l’articolo 30 del regolamento (UE) n 1303/2013”.

Questa dichiarazione di Hahn, insieme al blocco imposto dalla Procura di Catanzaro a queste “Grandi Opere”, mi sembra di straordinario interesse perché smentisce tutte le sciocchezze finora propalate a proposito della impossibilità di cambio di destinazione dei fondi Europei e costituisce un’opportunità perché ci permette di avanzare la proposta di utilizzare i 156 milioni della metro per il ripristino di Viale Mancini, parzialmente distrutto dal Sindaco Occhiuto (se fosse possibile farei pagare i danni proprio a lui), ma, soprattutto, andrebbero destinati al restauro integrale del Centro storico della città.Questi 156 milioni, insieme agli altri 90 già stanziati dal Cipe, sarebbero una dotazione talmente ragguardevole da farci guardare in modo davvero molto positivo alla Rinascita della nostra città storica.
Sono decenni che, spinti dalla smania di realizzare quello che chiamano progresso, abbiamo lasciato cadere in rovina il Centro storico di Cosenza e continuiamo, colpevolmente, a non capire quanto sia importante che quell’insieme di abitazioni, piazze, strade e vicoli venga ricomposto. Ricomposto per far rivivere quella Storia che i nostri morti hanno, per due millenni e mezzo, scritto su ogni pietra di quel luogo. Walter Benjamin sostiene che l’unica redenzione possibile è quella offerta dalla memoria perché “Il passato reca con sé un indice segreto che lo rinvia alla redenzione. Non sfiora forse anche noi un soffio dell’aria che spirava attorno a quelli prima di noi? … Se è così, allora esiste un appuntamento misterioso tra le generazioni che sono state e la nostra”. Se è vero quel che dice Benjamin, la responsabilità di aver mancato quell’appuntamento è, dunque, di tutti noi cosentini perché non abbiamo perseguito, per decenni, la redenzione nella memoria, mentre, nel caso delle “Grandi Opere”, la responsabilità ricade, tutta, sul Sindaco Occhiuto e sul Presidente Oliverio che hanno progettato e finanziato questa orrenda, inutile, costosa e dannosa cementificazione.

Noi cittadini dobbiamo smetterla di subire e dobbiamo reclamare il diritto alla città, dobbiamo rivendicare il potere di dar forma ai processi di urbanizzazione, ai modi in cui le nostre città vengono costruite e ricostruite, e dobbiamo rivendicare il potere di farlo in maniera radicale. Grazie a questa speciale congiuntura creatasi a seguito di inchieste giudiziarie ed inanità progettuali che impediscono la costruzione di queste “Grandi Opere”, potremmo finalmente realizzare ciò che speriamo di poter fare da anni: il ripristino del Centro storico. Tutti questi soldi dovranno essere impiegati avendo, chiara, un’idea della città, della sua antica e complessa storia urbanistica e monumentale. Come ho scritto più volte, questi 240 milioni dovrebbero essere impiegati per l’acquisto, il risanamento ed il riuso del maggior numero possibile di immobili privati e pubblici, mettendo in moto una grande, organica e, questa sì, indispensabile ‘Opera Pubblica’. Si provi ad immaginare quante intelligenze, quanto e quale immane lavoro saranno necessari, ma anche quante e quali ricadute culturali, sociali ed economiche avrà il restauro del Patrimonio culturale sedimentatosi per più di due millenni sul colle del Pancrazio.