Cosenza. Porcaro (pentito) e le cose che non ha mai detto

Dopo la solita tarantella di notizie sul pentimento dell’ennesimo malandrino a nonna cosentino che oramai caratterizza l’attesa che intercorre tra un pentito che si dichiara e un altro che sta per farlo, la domanda è: cosa dirà, o meglio, cosa ha già detto Roberto Porcaro? Che Porcaro sia da tempo scivulatu, non è certo una “notizia dell’ultima ora”, anche se così sembra. I giornalisti di regime, in questi ultimi giorni, si sono solo limitati a “ratificare”, a sgamo avvenuto, quello che da almeno 9 mesi era di pubblico dominio. La notizia del pentimento di Roberto Porcaro circolava da mesi non solo sulle frequenze di “radio malavita”, ma anche negli studi di tanti avvocati.

A mettere a pulici intri i ricchie di mafiosi e affini sul pentimento di Porcaro, e a far circolare la notizia, questa volta, non sono state le solite talpe, ma la stessa Dda di Catanzaro che inserisce nell’ordinanza dell’operazione “Reset (1 settembre 2022)” una intercettazione, dove non si rileva nessuna “notizia criminis”, tra Patitucci, la signora Rosanna Garofalo (moglie di Patitucci), e la signora Silvia Guido, ex moglie di Roberto Porcaro. Nell’intercettazione è riportato il colloquio fra i tre, dove la signora Guido dice senza mezzi termini ai suoi interlocutori di aver “percepito” più un di qualcosa che non quadrava nell’atteggiamento del marito. Accusa l’ex marito di aver intrapreso la via della collaborazione, e questo avveniva il 19 luglio 2020. Quasi 3 anni fa.  Altro che “ultima ora”.

A rendere “ufficiale” il pentimento di Porcaro l’arrivo del servizio centrale di protezione a Cosenza e il plateale rifiuto dei familiari a seguirli nella località protetta, avvenuto verosimilmente, nel periodo pasquale. Ma nonostante ciò la timidezza giornalistica ha continuato ad avere la meglio su una notizia che tutti i cronisti di nera vorrebbero avere in “esclusiva”. E solo quando si è reso necessario mettere una pezza, è arrivata la notizia senza condizionali e punti interrogativi.

Ma cosa ha detto Porcaro in questi mesi agli investigatori? Prima di entrare nelle “cantate” occorre fare una precisazione. Il pentimento di Porcaro, a differenza di tutti gli altri, ha avuto un grosso impatto emotivo non solo sul solito substrato malavitoso che galleggia in città, ma su tutta la società cosentina. Un pentimento che preoccupa tutti. Aleggia in città, cosa che non è avvenuta ad esempio con il pentimento di Lamanna e altri, una sorta di inquieta attesa che si respira in ogni dove: tanti sono gli armadi nelle case dei cosentini che nascondono il suo “scheletro”. Negli ultimi 12 anni Porcaro, boss “ad honorem”, ha gestito e organizzato ogni genere di affare illecito in città e provincia. Droga, strozzo, pizzo, truffe allo stato, riciclaggio, compravendita di voti, corruzione a tutti i livelli, tutte attività che lo hanno reso ricco e potente, e che gli hanno permesso di allacciare importanti amicizie con la “Cosenza da bere, quella che conta e che si dice perbene”. Una ricchezza che Porcaro ha sempre “diviso”, tra alti e bassi, con il suo mentore: il grande e potente boss Francesco Patitucci che lo ha sempre considerato, in tutto e per tutto, una sua creatura.

Cresciuto sotto la sua ala protettrice, ha sempre svolto il ruolo di “segretario di fiducia” del boss, u guagliuni, crisciutu a muddricheddri, a cui lasciare le consegne e i segreti in caso di “cattura”. Un ruolo che ha permesso a Porcaro di “crescere” scalando senza fatica alcuna la vetta del clan. A Cusenza si dicia: si rispetta u cani ppe amuri du patruni. E Porcaro, per quanto mitizzato come malandrino, è sempre stato il cagnolino di Patitucci.

Il neopentito, figlio di persone oneste e perbene appartenenti al ceto medio cosentino, ha sempre ubbidito agli ordini di Patitucci anche quando facevano credere a tutti di essere in conflitto per via della sua assidua frequentazione con gli zingari. In realtà, frequentando gli zingari, copriva le spalle al suo boss, spesso minacciato, per comportamenti scorretti nella ripartizione dei proventi illeciti, dagli zingari e non solo. Insieme hanno accumulato una immensa fortuna che spesso hanno utilizzato, all’insaputa dei più, per corrompere politici e servitori dello stato infedeli garantendosi impunità e immunità. La premiata ditta Patitucci/Porcaro in più di un decennio di monopolio del crimine, oltre a macinare una montagna di guagna, si è ben sistemata nei pubblici uffici e nell’economia legale cittadina, affiliando alla filiera dell’intrallazzo le persone giuste adescate nei posti giusti. Non c’è dubbio sulla loro capacità di creare fitte reti di amici degli amici che non esitano a distruggere quando non sono più funzionali ai loro loschi affari.

Patitucci e Porcaro sono due veri imprenditori del crimine che di cose vastase insieme ne hanno fatte tante. E il loro stretto rapporto sarà già stato “oggetto” di numerosi verbali del neo pentito Porcaro. Chissà come la prenderà Patitucci. Di cose da dire il neopentito ne ha tante. Avrà sicuramento già spifferato agli investigatori la rete di approvvigionamento e spaccio della droga in città e provincia. Principale attività economica di tutti i clan. Finalmente sapremo dove si vende ad etti la coca, che il questore Spina non riesce a trovare, e dove si consuma. Conosceremo l’identità di tutti i prestanome che gestiscono le loro attività, e i tantissimi intestatari fittizi dei loro beni.

Sarà invece più difficile che conosceremo chi sono i loro agganci al Comune, e in tutti gli altri enti pubblici. Mentre è più probabile che la Dda consenta a Porcaro di “cantarsi” gli avvocati corrotti, e qualche altro professionista prestati alla malavita. Di sicuro avrà già pronto l’elenco degli imprenditori che riciclano il denaro sporco, e la lista dei galoppini che trasportano in posti sicuri a guagna. Ma non è affatto certo che glielo faranno tirare fuori. Avrà però indicato agli investigatori luoghi e nascondigli sicuri in uso ai clan, e svelato l’intera rete di fiancheggiatori e collusi. Ché questi sono meno coperti e protetti del livello più alto.

Da questo pentimento che ha mandato in fibrillazione mezza città ci si aspetta, però, qualcosa in più, ovvero le cose che Porcaro non ha mai detto a nessuno: i segreti che gli hanno permesso di dominare in città. Che sono poi le cose che suscitano il maggiore interesse. Potrebbe – il condizionale è più che mai d’obbligo – dire quello che ha sempre tenuto nascosto ai suoi sodali. A cominciare dai nomi di tutte le talpe che lavorano per lui nelle forze dell’ordine. Tanti pentiti raccontano di aver appreso di questo o quel blitz o perquisizione, di indagini in corso e microspie varie da Porcaro che aveva contatti con ispettori, brigadieri, marescialli.

Potrebbe – e qui il condizionale, se possibile, è doppio se non triplo… – fare i nomi dei politici che hanno fatto affari con lui e Patitucci ricevendo in cambio voti e altre utilità. Porcaro potrebbe raccontare per davvero il lato oscuro di questa città che ha frequentato, arricchito dalle confidenze che il suo ex boss Patitucci gli ha fatto sulla “terra di mezzo cosentina”. La sua collaborazione potrebbe aprire, finalmente, le porte a tante verità che nessuno ha mai voluto raccontare. Ecco perché il suo pentimento fa paura a tanti. Se è questo che gli investigatori vogliono tirargli fuori lo scopriremo presto. Altrimenti dovranno spiegare il perché lo hanno descritto come un boss di altissimo livello per poi trattarlo alla stregua di un Turboli qualunque, facendogli raccontare la solita lagna fatta di strozzo, pizzo e pezzata. Ma è già successo con altri pentiti e non hanno dato nessuna spiegazione. Altrimenti Mario Occhiuto non sarebbe al Parlamento a parlare di Matteotti (!) e non disquisirebbe della “bellezza” delle orribili statue del suino Orrico.