In un momento di grande crisi culturale per la città di Cosenza, come è quello attuale, si chiamano in causa le antiche istituzioni deputate a questo scopo. Da anni ormai, l’Atene delle Calabrie, o l’antica Metropolis Brettion, si è trasformata nel paesello baloccato, spacciato, invece, sia come nuova Las Vegas che come grande città d’arte e cultura.
In realtà, Cosenza è oggi un forzato e volgare modello di tutto ciò, che ha azzerato, come logica conseguenza, i veri ambienti culturali, scandalizzati, probabilmente, dal nuovo volto che è venuto emergendo con prepotenza e arroganza.
È l’ora dei parvenu, che hanno trasformato il mangereccio in cultura, le croste dei pasticcioni dei colori in arte michelangiolesca, le uccisioni di animali in tradizioni culturali. Ed è quel che la città merita per il silenzio colpevole del vecchio mondo culturale, incapace di levare al sua voce contro le scandalose iniziative da Suburra che hanno preso piede da qualche tempo.
L’Accademia Cosentina, che ha dato lustro alla nostra città dal 1500 in poi, ed è una delle più antiche Accademie italiane, è ferma da anni a causa della chiusura mentale che i suoi membri hanno sempre dimostrato. Deleterio è stato chiudersi nel circuito dei soci di sempre, senza pensare che prima o poi detti soci sarebbero diventati anziani e privi delle energie mentali e fisiche adatte a far proseguire all’Accademia la sua antica missione. Un certo classismo nella scelta dei soci non è mancato, con il risultato ben visibile, oggi, di cosa sia diventata la prestigiosa istituzione: un moribondo all’ultimo stadio.
La società 2.0 proiettata verso la 3.0 – visto il veloce fluire del tempo – non può perdere la storia, il passato, le tradizioni e i libri, che devono, invece, convivere con la modernità e per questo è ora di capire che la cultura deve essere spurgata dagli errori del passato remoto e prossimo, che essa non è esclusivo appannaggio delle classi più abbienti e che soprattutto deve svecchiarsi. Sono molte le persone davvero colte che provengono o provenivano dal ceto medio-basso, ma a quanti di essi è stata data la possibilità di far parte dell’Accademia? E dei membri appartenenti alla Cosenza bene che ne hanno sempre fatto parte, quanti sono o sono stati degli emeriti incapaci? A dimostrarlo è, senza ombra di dubbio, la chiusura dell’Istituzione in se stessa al punto che senza aver ricevuto negli ultimi decenni linfa vitale essa è ormai sul letto di morte.
Il futuro che si preannuncia è più drammatico di quel che si può immaginare, mai come ora è il momento di lanciare un appello all’Accademia Cosentina, che tra qualche settimana nominerà il suo nuovo presidente, affinché si svecchi e si apra a tutti coloro i quali possiedono un bagaglio culturale degno di questo nome, indipendentemente dal censo. L’alternativa è sprofondare in una sub urbe, di cui già se ne subiscono i diktat e che renderà la società cosentina una grande babele di ignoranza. La città di Telesio non merita questo.