Cosenza. Verità e giustizia per Salvatore: “Mamma curva” gli ha voltato le spalle

Il cielo è truvulu sopra il Tribunale di Cosenza, meglio noto come porto delle nebbie e la piazza appare come una macchia grigia. I pochi presenti al sit-in si raccolgono in un unico capannello. Non si sentono slogan, né cori, non ci sono bandiere: solo uno striscione con scritto “Giustizia per Salvatore”. Per tutti, Aciaddru. Ancora una volta, l’appello rivolto dalla famiglia per sostenere la giusta e sacrosanta battaglia affinché sia fatta piena luce sulla morte di Salvatore è caduto nel vuoto. Gli amici, gli ultrà, non hanno risposto. L’atmosfera tra i presenti è mesta, la piazza è silenziosa, e qualche goccia di pioggia bagna chi ha deciso di esserci. Chi ha scelto di dedicare un po’ del suo tempo a un amico, e non vuole dimenticare che dietro la morte di Salvatore c’è un sistema che uccide, che tortura, che umilia, che degrada e finisce per spegnere la dignità di chi non si piega. E la fa sempre franca.

Ieri in piazza c’era chi pensa che Salvatore meriti rispetto e verità. E niente — né il tempo, né l’orario, né il lavoro, né la famiglia, né i problemi, né i cazzi e controcazzi della vita — avrebbe potuto impedirgli di esserci. Perché esserci, a volte, è l’unico modo per dire da che parte stai e quanto sincera sia l’amicizia. E si sa: per un amico si fa qualunque cosa, figuriamoci trovare un’ora del proprio tempo per partecipare a un sit-in.

Nessuno vuole colpevolizzare chi non c’era. Ognuno ha le proprie ragioni, le proprie vite da rincorrere, le proprie battaglie da combattere. Ma chi ha condiviso con Salvatore la fede e la passione per la curva, sa che questa è una questione di fratellanza, di appartenenza, di lealtà: quella che ti lega alle persone che hai stimato, che hai esaltato, a cui hai riconosciuto il valore della sincerità. Un legame che non può essere onorato con un post su Facebook. Merita di più: la generosità di Salvatore non può essere sepolta dall’indifferenza. La sua storia — come quella di tanti — chiede verità, chiede giustizia, chiede di essere ricordata. Un dovere per chi ha vissuto con lui i gradoni, portare avanti la sua battaglia. In merito a questo, ognuno fa le proprie e scelte e i conti con la propria coscenza. Ma il dato resta:”mamma curva” non c’era. Gli ha voltato le spalle.

Quella che appare in piazza è una scena sincera e densa. Nel silenzio dei presenti si avverte il dolore di chi ha pianto troppo, ma anche la tenacia di chi è convinto che la verità non sia un privilegio, ma un diritto. Un diritto che Salvatore merita, e che i pochi presenti hanno rivendicato nella quieta malinconia della piazza. Poi, un rumore rompe il silenzio: stormi d’uccelli neri volteggiano nel cielo truvulu sopra il Tribunale. Prima del loro vespero migrar, hanno voluto esserci. Non potevano andare via senza mandare almeno un esule pensiero all’amico Aciaddru. Almeno loro non l’hanno dimenticato.