Crotone. Dal silenzio alla piazza, la Città alza la voce contro la violenza

DAL SILENZIO ALLA PIAZZA: CROTONE ALZA LA VOCE CONTRO LA VIOLENZA

Fonte: U’Ruccularu 

Un evento simbolico che rompe l’omertà e invita a denunciare: il Soroptimist Club accende i riflettori sulla rete di protezione per le donne. Ma la vera sfida è trasformare l’indignazione in azione strutturale.

L’INVITO A DENUNCIARE: LA DENUNCIA È IL PRIMO PASSO VERSO LA PROTEZIONE
L’evento promosso sul lungomare di Crotone ha avuto il merito non solo di sensibilizzare la cittadinanza sul fenomeno della violenza di genere, ma soprattutto di rendere visibile un messaggio chiave: denunciare è fondamentale. Denunciare non significa rimanere sole, ma attivare protocolli specifici, dove la donna viene accompagnata, tutelata e seguita lungo un percorso di protezione, sostegno e giustizia.
Il talk pubblico, organizzato dal Soroptimist Club con il contributo delle istituzioni locali e nazionali, ha avuto il grande merito di portare alla luce la rete di strumenti e figure di riferimento a disposizione delle vittime, incoraggiando a rompere il silenzio e offrendo uno spazio pubblico di riconoscimento, ascolto e dignità.
La visibilità data all’evento ha rappresentato un forte impulso alla sensibilizzazione collettiva, dimostrando che la lotta alla violenza sulle donne non è una battaglia privata, ma una responsabilità condivisa da tutta la comunità.

UN ELOGIO A MARIA LUCIA COSENTINO E AL SOROPTIMIST CLUB
L’iniziativa “La violenza sulle donne. Abbattere il muro di violenza ed omertà”, tenutasi sul lungomare di Crotone, promossa dal Soroptimist Club e in particolare dalla sua presidente Maria Lucia Cosentino, merita un elogio sincero e convinto. In un contesto allarmante, in cui la violenza sulle donne nel crotonese ha registrato un inquietante aumento del 70%, l’organizzazione di un evento pubblico di tale portata rappresenta non solo un atto di coraggio civico, ma anche un gesto profondamente politico nel senso più alto e autentico del termine: quello di prendersi cura della cosa pubblica.

Maria Lucia Cosentino, figura guida e catalizzatrice del Soroptimist crotonese, ha dimostrato una leadership illuminata e proattiva. La scelta di portare un tema così drammatico – troppo spesso relegato al privato o affidato al solo sistema giudiziario – in uno spazio aperto e simbolicamente condiviso come il lungomare cittadino si è rivelata un’intuizione vincente. Ha trasformato la città in un’agorà, restituendo al pubblico la possibilità di ascoltare, riflettere e, forse, agire. Il messaggio è stato chiaro: la violenza di genere non è questione privata, ma fatto politico, sociale e culturale che riguarda tutti.
La sua affermazione – “giornata storica per Crotone, lo Stato e le istituzioni oggi sono con la gente e per la gente a rompere il muro di omertà” – riflette una visione chiara e inclusiva, tesa a trasformare la denuncia in proposta, la paura in voce, l’isolamento in rete. Il suo invito a “fare rete”, a “dare voce al silenzio” e a “essere sentinella” riassume perfettamente l’essenza del Soroptimist: un’associazione che non si limita alla solidarietà di facciata, ma lavora per connettere energie, costruire alleanze, generare cambiamento.
Cosentino è riuscita, con intelligenza e determinazione, a mobilitare autorità civili, religiose, istituzionali e scolastiche in un’unica cornice d’impegno, restituendo al tema della violenza sulle donne la centralità che merita. Ha trasformato un evento in un messaggio collettivo: non c’è più tempo per restare in silenzio.

UN’ANALISI COSTRUTTIVA SULL’INIZIATIVA: “IL TALKSHOW SUL LUNGOMARE”
Pur riconoscendo la forza simbolica e sociale dell’iniziativa, è doveroso sottoporre l’evento a un’analisi critica costruttiva, necessaria per comprenderne i limiti e le potenzialità future.
La formula scelta – un talkshow all’aperto – ha senz’altro favorito la partecipazione e la visibilità, ma ha anche esposto l’iniziativa al rischio di una certa frammentazione narrativa. L’alternarsi di numerosi interventi istituzionali ha lasciato poco spazio all’interazione reale con il pubblico, trasformando la piazza più in una platea che in un laboratorio di confronto. Il rischio è quello di replicare il format del convegno da palcoscenico, che emoziona ma non sempre struttura. La domanda centrale – “Ci sono più donne disposte a denunciare o il fenomeno sta crescendo?” – è rimasta senza una risposta operativa o supportata da dati locali, lasciando nell’aria più un allarme che un’analisi.
Un altro aspetto critico riguarda l’enfasi quasi esclusiva sull’educazione, ribadita in più interventi da esponenti religiosi e politici. Se da un lato è vero – come ha osservato l’arcivescovo Torriani – che “la violenza nasce da un cuore educato male”, è altrettanto vero che un cuore violento va fermato prima che agisca, con strumenti immediati, efficaci e accessibili. L’educazione è la base, ma non può sostituire politiche pubbliche strutturate, risorse per i centri antiviolenza, formazione specifica per le forze dell’ordine, e soprattutto procedure snelle e chiare per chi vuole denunciare.

Il procuratore Domenico Guarascio ha toccato uno dei nodi più gravi: la lentezza e l’inefficacia dei procedimenti penali, la “pochezza di parole” nei verbali, la mancanza di strumenti culturali e procedurali adeguati a gestire le complessità emotive delle denunce. Un allarme importante, che andrebbe seguito da azioni concrete, audit pubblici, protocolli da condividere con le vittime.
Anche gli interventi istituzionali, come quello della sottosegretaria Wanda Ferro e del questore Panvino, pur densi di buone intenzioni, non hanno chiarito in modo operativo quali strumenti sono a disposizione delle vittime e come possono essere attivati, specialmente in un territorio come il crotonese dove la diffidenza verso le istituzioni è spesso elevata. La testimonianza della lettera letta dal questore è potente, ma rimane un caso isolato, se non si accompagna a un modello replicabile, un percorso standardizzato e garantito per tutte.
Infine, l’auspicio dell’arcivescovo di “intercettare il vento come le pale eoliche” è una metafora poetica e ispirante, ma la produzione di “energia sociale” richiede più che vento: servono strutture, pianificazione, continuità. Occorrono centri antiviolenza stabili, protocolli d’emergenza, presìdi psicologici e legali, educazione affettiva nelle scuole, e soprattutto una rete interistituzionale che non si limiti a una foto di gruppo ma lavori ogni giorno, in silenzio, nel concreto.

DA UN GIORNO SIMBOLICO A UN PROCESSO PERMANENTE
L’iniziativa del Soroptimist, guidata con intelligenza e coraggio da Maria Lucia Cosentino, ha avuto il merito di aprire una breccia nel muro dell’omertà e dell’indifferenza. Ma affinché questa crepa diventi varco, la sensibilizzazione deve evolvere in strategia, la partecipazione in responsabilità, l’evento in processo permanente.
Se davvero vogliamo “invertire il senso di marcia”, come ha auspicato il questore Panvino, allora è tempo di passare dai microfoni ai meccanismi, dai buoni propositi ai piani integrati. Solo così potremo dire, con onestà, che la Calabria – e Crotone in particolare – sta finalmente alzando la testa.