Crotone. Il Pd si autosalva e si autoaffonda

IL PARTITO DEMOCRATICO DI CROTONE SI AUTOSALVA E SI AUTOAFFONDA
Tra dimissioni respinte, mozioni di sfiducia e lettere d’amore a sé stessi: il PD crotonese balla sull’orlo del commissariamento

Fonte: U’Ruccularu

Nel Partito Democratico di Crotone non c’è mai silenzio, solo rumore di sedie che si spostano.
Il partito si è riunito per “aprire una riflessione” e ne è uscita una rappresentazione perfetta della sua crisi: chi voleva dimettersi non è stato lasciato andare, chi doveva restare rischia di essere cacciato, e chi dovrebbe guidare preferisce scrivere lettere.

DIMISSIONI RESPINTE: BARBERIO RESTA PER ASSENZA DI ALTERNATIVE
Tutto comincia nell’assemblea provinciale.
Il segretario Leo Barberio, unico dirigente regionale ad aver sentito il peso della disfatta elettorale, ha messo sul tavolo le dimissioni.
Un gesto raro, quasi romantico, nel panorama del PD calabrese, dove si resta al comando anche dopo aver perso perfino la dignità.
Ma dopo tre ore di dibattito, la conclusione è stata lapidaria: “non ci sono alternative.”
Tradotto: il PD crotonese non sa chi mettere al posto suo.
E così, invece di aprire una fase nuova, ha deciso di andare avanti con lo stesso gruppo dirigente, lo stesso metodo e le stesse facce.
La sconfitta è stata liquidata come “colpa collettiva”, e quindi di nessuno.
Il partito che una volta si vantava di formare le classi dirigenti ora non riesce nemmeno a trovarne una di riserva.

I RIFORMISTI DI DEVONA ALL’ATTACCO: «BYPASSATI E UMILIATI»
A rimettere pepe sulla ferita ci hanno pensato i Riformisti e Progressisti, l’area che fa capo ad Andrea Devona e che a livello regionale risponde a Ernesto Alecci.
Una mozione con toni durissimi, dove si accusa la segreteria cittadina di aver “bypassato il direttivo” dopo il tracollo elettorale, preferendo convocare direttamente l’assemblea per evitare il confronto.
“Dopo un risultato disastroso – si legge – si sarebbe dovuto convocare il direttivo nelle ore successive, e invece il gruppo dirigente ha scelto di escluderci.
È l’ennesimo tentativo di evitare la discussione nelle sedi opportune.”
In sintesi, i riformisti chiedono la testa della segretaria cittadina Annagiulia Caiazza, accusata di autoreferenzialità e di aver ridotto il partito a un guscio vuoto.
La resa dei conti è stata annunciata per l’assemblea cittadina, dove i numeri promettevano battaglia: dieci dirigenti per Caiazza, sei per i dissidenti.
Ma nel PD crotonese, si sa, i cambi di campo sono frequenti quanto gli Spritz.

BUFERA IN ASSEMBLEA: TRA SFIDUCIA E COMMISSARIAMENTO
Nell’assemblea cittadina, la tensione è esplosa.
La proposta di Tommaso Sinopoli di sostituire la segretaria con un “coordinamento” è stata stoppata dallo stesso presidente della Commissione di Garanzia, Carmine Talarico(Pro Caiazza), che ha chiamato Roma per chiedere lumi.
La risposta del nazionale è stata una doccia gelata: “Non si può sostituire il segretario con un coordinamento. Se viene sfiduciato, subentra un commissario.”
Ed è qui che molti hanno iniziato a guardarsi le scarpe.
Perché a Crotone tutti vogliono cambiare tutto, ma nessuno vuole il commissariamento.
Il rischio di perdere anche quel poco di controllo rimasto ha congelato ogni decisione.
Barberio, nel frattempo, resta “in sospeso”: pronto a dimettersi davvero se non si chiarirà la linea nei tre comuni al voto nel 2026 — Crotone, Cirò Marina e Cutro — dove il PD è incapace perfino di scegliere un candidato sindaco.
“Se qualcuno pensa di addossarmi la sconfitta, farò un passo indietro”, ha dichiarato Barberio, lasciando intendere che nel partito c’è chi già trama per farlo fuori.
Un partito in fiamme che discute se spegnere l’incendio o abituarsi come se fosse l’eterno fuoco greco.

LA LETTERA DI CAIAZZA: TRA AUTOCOMMISERAZIONE E ORGOGLIO
A chiudere il cerchio — o meglio, ad alimentare l’incendio — è arrivata la lunga lettera della segretaria cittadina Annagiulia Caiazza, pubblicata su Facebook.
Un testo che si apre con cuori rossi e finisce con un appello alla “famiglia democratica”.
Un manifesto autoassolutorio, a metà tra confessione e omelia, dove Caiazza chiede scusa “a nome di tutti” e poi bacchetta i “detrattori avvezzi agli ordini di scuderia”.
“Questo non è un partito azienda né un comitato d’affari mascherato,” scrive,
“ma una casa dei democratici, un ginnasio di confronto libero e pluralista.”
Peccato che, fuori da quella casa, non ci abiti più nessuno.
Mentre lei ringrazia “chi ha messo la faccia e non un nickname”, il PD continua a perdere pezzi e credibilità.

TUTTO CIÒ CHE RESTA FUORI DAI VERBALI (E DENTRO I SILENZI)
Dietro i sorrisi di rito, gli abbracci di facciata e le foto e le letterine post-assemblea, il Partito Democratico crotonese nasconde un diario segreto fatto di risentimenti, manovre preventive e dossier interni.
Una parte del dibattito — quella non trascritta nei verbali e sfuggita ai comunicati ufficiali — racconta molto più della scena pubblica.

I RETROSCENA DELL’ASSEMBLEA PROVINCIALE
Fonti interne riferiscono che, prima della seduta a Fenimprese, alcuni esponenti della corrente riformista avevano già sondato la possibilità di un “azzeramento concordato”, con dimissioni simultanee di Barberio e Caiazza per consentire un commissariamento “tecnico”.
Il piano, che avrebbe permesso una ripartenza ordinata sotto la supervisione regionale, è saltato dopo la telefonata di un dirigente dell’area Grillo-Caiazza, che ha invitato a “non cedere alla propaganda delle minoranze”.
Nel frattempo, il documento politico preparato da Barberio (e poi non letto integralmente) conteneva un passaggio chiave omesso nelle cronache ufficiali:
“Il PD di Crotone ha smarrito il senso del suo radicamento territoriale. Non siamo più un partito di popolo ma di protocollo.”
Una frase che ha irritato la segreteria cittadina, accusata implicitamente di vivere di riunioni e post su Facebook più che di piazze e sezioni.

LA GUERRA FREDDA TRA RIFORMISTI E ORTODOSSI
La contrapposizione tra Devona e Caiazza non nasce con l’assemblea, ma affonda le radici nel congresso cittadino, quando la mozione riformista ottenne circa il 40% dei voti ma fu tenuta fuori da ogni incarico operativo.
Da allora, le due fazioni si sono mosse come eserciti in trincea: da un lato chi chiede apertura, dall’altro chi rivendica continuità.
Il risultato è un partito paralizzato, dove ogni proposta viene letta come un tentativo di golpe interno.
Emblematico il caso del direttivo mai convocato: il regolamento impone almeno una riunione ogni tre mesi, ma da quasi un anno non se ne tiene una.
Nel frattempo, le decisioni vengono prese in “riunioni informali” o gruppi WhatsApp, il che spiega l’accusa dei Riformisti di essere stati “bypassati”.

L’OMBRA DI GRILLO E IL “RINNOVAMENTO A ROVESCIO”
Figura silenziosa ma sempre presente, Gaetano Grillo continua a esercitare(o almeno ci prova) la sua influenza sul partito.
È stato lui — secondo indiscrezioni raccolte — a suggerire la linea della “non crisi”, invitando a respingere le dimissioni di Barberio per “non offrire il fianco ai populisti”.
Una strategia che, nelle intenzioni, doveva garantire stabilità, ma che nella pratica ha prodotto solo immobilismo.
Grillo, che si definisce “fabbricatore di partiti”, appare oggi come il simbolo del rinnovamento a rovescio: mentre invoca discontinuità, è lui stesso il ponte vivente con la stagione Vallone-Sculco-Oliverio, quella che molti cittadini identificano come l’origine del declino del centrosinistra crotonese.

LA STRATEGIA DEI SILENZI
Un’altra parte mai riportata delle discussioni interne riguarda i rapporti (ormai logori) con la segreteria regionale e con la stessa Elly Schlein.
Il PD nazionale osserva, ma non interviene: teme che un commissariamento in Calabria possa scatenare una reazione a catena in altre federazioni fragili.
Per questo, la linea è quella del “silenzio operativo” — non si smentisce, non si conferma, si lascia marcire.
Un dirigente provinciale, sotto anonimato, ha riassunto così la situazione:
“Siamo un partito dove chi vince un congresso diventa intoccabile, e chi perde viene espulso dal gruppo WhatsApp.”

IL NON-DETTO DI CAIAZZA
Anche nella lunga lettera della segretaria cittadina, alcuni passaggi meritano lettura tra le righe.
Quando scrive “non siamo un comitato d’affari”, si riferisce indirettamente alle accuse mosse nei suoi confronti dai Riformisti, che da mesi denunciano la gestione personalistica delle tessere.
Quando parla di “nickname e profili falsi”, punta il dito contro alcuni Dem che hanno criticato la segreteria attraverso questa pagina.
Un dettaglio gustoso: durante un confronto acceso, qualcuno avrebbe mostrato proprio uno screenshot di U’ Ruccularu, provocando un mezzo tumulto e un “chi l’ha scritto?” rimasto senza risposta.

VERSO IL COMMISSARIAMENTO
Eppure, dietro il linguaggio zuccherato e le scuse di circostanza, resta un fatto politico:
le lettere di Pugliese e Scali, le mozioni dei Riformisti e le stesse parole di Barberio e Caiazza hanno ormai aperto la porta a una sola soluzione — il commissariamento.
La direzione nazionale è già stata informata.
Se la situazione non si sblocca, l’arrivo di un commissario è più che un’ipotesi.
Un intervento d’urgenza per salvare il salvabile prima che il movimento Crescere di Voce e Occhiuto travolga definitivamente il campo progressista alle amministrative 2026.
Perché è chiaro a tutti: con i Caiazza che gestiscono le tessere e i Grillo che fabbricano “nuovo corso” da un secolo, il PD crotonese non sarà mai un argine alla destra.
La lettera, lunga e rapsodica, è il perfetto simbolo di un partito che parla di unità mentre si divide in silenzio.
Piuttosto, ne è la caricatura.

IL FUTURO CHE NON C’È
Ad Oggi la situazione resta identica: Barberio ufficialmente in carica ma pronto a mollare;
Caiazza trincerata dietro un lessico di gratitudine e resistenza; Devona e i Riformisti all’opposizione permanente; Grillo in regia silenziosa; e il Nazareno che aspetta solo il momento giusto per commissariare senza passare per carnefice e senza creare terremoti.
In mezzo, gli iscritti. Pochi, confusi, spaesati.
Quelli che ancora credono nel partito come strumento e non come eredità.
Quelli che, come diceva un militante storico, “vengono al circolo solo per spegnere le luci, ma non sanno più dove sta l’interruttore.”

AUTOSALVEZZA E AUTOAFFONDAMENTO
Il PD di Crotone si è autoassolto e autoaffondato nella stessa riunione.
Ha respinto dimissioni, rinviato decisioni, applaudito sé stesso e chiesto unità dopo essersi scannato.
Un partito che vive di mozioni e lettere aperte, ma muore di chiusura e silenzi.
In fondo, la fotografia perfetta di questa crisi è tutta qui:
una segretaria che ringrazia, un segretario che minaccia dimissioni, una minoranza che urla “by-passati” e un popolo che non c’è più.
Il resto è teatro politico, con le luci accese davanti ad una platea vuota.