Tufolo-Farina alza la voce: petizione, ricorso al TAR e mobilitazione contro il “cemento di via Israele”
Assemblea pubblica affollata: cittadini determinati a difendere il verde, mentre l’amministrazione Voce tira dritto
Fonte: U’Ruccularu
L’ASSEMBLEA DI QUARTIERE
Giovedì 4 settembre il quartiere Tufolo-Farina si è riunito in via Israele per un’assemblea pubblica convocata dal Comitato di Quartiere.
L’argomento sul tavolo è ormai noto: il progetto di edilizia residenziale pubblica che il Comune di Crotone intende realizzare su un’area certificata come destinata a verde.
La partecipazione è stata numerosa e sentita: residenti, famiglie, sostenitori e rappresentanti civici hanno riempito lo spazio, trasformando l’incontro in un atto di resistenza civile.
DAL CONFRONTO ALLE AZIONI CONCRETE
Non solo proteste, ma decisioni operative. Il Comitato ha messo in campo tre strumenti:
Petizione popolare contro la delibera comunale, da avviare con la certificazione di alcuni consiglieri comunali;
Raccolta fondi per finanziare un ricorso al TAR;
Nomina di un legale di fiducia, che seguirà il percorso giudiziario insieme al Comitato.
Al centro, anche la volontà di raccogliere proposte dai cittadini per migliorare la vivibilità del quartiere: dal verde pubblico ai servizi, dalle infrastrutture alla mobilità.
LE VOCI DEL QUARTIERE
L’avvocato Giuseppe Trocino ha sottolineato la natura della battaglia:
“Non è solo una questione di terreno o di un edificio, ma la difesa di un principio: il diritto dei residenti ad avere spazi verdi, strutture pubbliche e servizi che rendano vivibile il nostro quartiere”.
Alfonso Gaetano, reggente del Comitato, ha ricostruito i passaggi della vicenda:
L’Ordine degli Architetti e l’Ordine degli Ingegneri hanno espresso pareri contrari al progetto;
Il Comitato ha presentato un’istanza formale al Comune;
L’Amministrazione ha rigettato la richiesta, motivando il diniego con la presenza di un finanziamento già stanziato.
“È un atteggiamento di chiusura totale verso i cittadini”, ha ribadito Gaetano.
E ancora: “La prima azione è politica: la petizione popolare.
La seconda è legale: valutare ogni strada per difendere i diritti del quartiere.
È fondamentale che i residenti conoscano la verità e si uniscano per difendere i valori della comunità”.
LA CITTÀ SPACCATA TRA CITTADINI E PALAZZO
L’assemblea di Tufolo-Farina segna un salto di qualità nel conflitto tra quartiere e Comune.
La vicenda via Israele è diventata un simbolo: da un lato la retorica dell’amministrazione, che dietro parole come “mescolanza sociale” e “permeabilità urbana” cerca di legittimare una scelta impopolare e fare gli interessi dei palazzinari;
dall’altro la richiesta di regole, equità e partecipazione.
La decisione di tirare dritto, nonostante i pareri contrari degli Ordini professionali e le istanze protocollate, conferma la linea di un’amministrazione più interessata a difendere i propri atti e a blindare i finanziamenti che ad ascoltare i cittadini.
Politicamente, la partita è chiara: ogni voce critica è trasformata in ostacolo, ogni comitato non allineato in un nemico, ogni cittadino in dissidente da delegittimare.
È il segno di un nervosismo crescente: la paura di perdere consenso alle prossime elezioni trasforma la gestione del territorio in un terreno di scontro, dove il cemento diventa bandiera elettorale e il verde pubblico un intralcio da abbattere.
Ma questa vicenda ha già prodotto un effetto imprevisto: ha ricompattato un quartiere che, da semplice periferia dormitorio, oggi si sente comunità politica.
Tufolo-Farina, con le sue assemblee e i suoi atti concreti, è diventato il laboratorio di una resistenza civica che potrebbe presto allargarsi al resto della città.
LA DETERMINAZIONE DEL QUARTIERE
La serata si è chiusa con un clima di forte determinazione: i cittadini hanno ribadito la volontà di essere protagonisti delle decisioni che riguardano il loro futuro, opponendosi a quello che considerano un ennesimo colpo agli spazi verdi e alla qualità della vita.
Via Israele non è più solo un pezzo di terra.
È diventata la cartina di tornasole di una città divisa, dove tra il Palazzo e i cittadini si scava un solco sempre più profondo, dove emerge il vero volto di questa amministrazione: autoritaria, repressiva e dittatoriale.
In pratica l’identikit politico dei regimi totalitari moderni che non nascondono i propri modi di fare, che riescono a mandare avanti i propri interessi senza alcuna difficoltà, sotto il sol nascente di un nuovo sistema oppressivo consolidato: la democratura.









