Cosenza. 110 anni nel pallone, dalla Piazza d’Armi al Città di Cosenza

Il primo stadio di Cosenza FOTO STENIO VUONO - Il senso del tempo, il valore di un posto: Cosenza

COSENZA. 110 ANNI NEL PALLONE, viaggio nel calcio dei quartieri: LE ORIGINI

Oggi Cosenza sportiva festeggia la ricorrenza dei 110 anni dall’inizio “ufficiale” del calcio nella vecchia Piazza d’Armi, sul fiume Busento, dove si giocò il primo Cosenza-Catanzaro proprio il 23 febbraio 1914. Di seguito, una ricostruzione storica dei primi “stadi” della Città dei Bruzi. A futura memoria. 

Il “Città di Cosenza”

Qual era lo stadio di Cosenza negli anni eroici del calcio pionieristico?

In principio la vecchia piazza Prefettura, dove Aldo De Filippis portava la sua “rivoluzionaria” palla-piede, poi la vecchia Piazza d’Armi e il largo Busento. La Co­senza del calcio, pur arrangiandosi dignitosamente, non è riuscita ad avere uno stadio nel vero senso del termine per più di vent’anni.

Le leggende urbane tramandano epiche partite nelle quali il pallone scompariva inesorabilmente in qualche dirupo o addirittura nel fiume…

In pieno regime fascista prima si studia la soluzione di contrada Muoio, poi quella del “Militare” di via Roma, ma il podestà Tom­maso Arnoni si rende conto che è il momento di risolvere definitivamente un problema che sta diventando vitale per la città e di mettere fine a situazioni tragicomiche.

Viene così individuato un terreno in pieno centro, su via Roma, a pochi metri dal “Militare”, destinato originariamente a ospitare un edificio scolastico. Sarà quello il posto dove sorgerà il tanto sospirato “Città di Cosenza”.

1931: L’INAUGURAZIONE

Bussa alle porte la stagione 1931/32, il Cosenza Sport club giocherà in Prima divisione e gli sportivi fremono per avere il nuovo stadio. Il 28 ottobre 1931 gli zelanti dirigenti fascisti sono orgogliosi di poter inaugurare la struttura, anche se ancora è visibilmente incompleta. La tribuna è rimasta scoperta, i muri non sono stati sopraelevati e restano da perfezionare molte rifiniture. Su “Fra Nicola” del 15 luglio 1932 leggiamo inoltre che il “Città di Cosenza” non può neanche essere sottoposto a un energico controllo proprio perché è privo di regolari entrate ed esposto quindi al “portoghesismo più sfacciato”. Ma la città è troppo impaziente di poter toccare con mano “lo stadio”. Per l’occasione i dirigenti del Cosenza Sport club, capeggiati dal presidente Tom­maso Cori­gliano, hanno previsto un’amichevole coi fiocchi contro le riserve (e qualche titolare) del grande Napoli. Per la cronaca, il Cosenza si imporrà per 2-1.

Gli occhi di tutto lo strabocchevole pubblico però sono concentrati sull’oggetto del desiderio ovvero lo stadio. I cronisti dell’epoca (anche per evitare spiacevoli inconvenienti…) sottolineano che “il campo è bello, spazioso e tecnicamente perfetto” e, in effetti, in quel periodo non sono molte le città del meridione che possono vantare un impianto del genere.

LA RISTRUTTURAZIONE

Il podestà mantiene fede alle sue promesse e nel giro di qualche anno il “Città di Cosenza” viene adeguatamente ristrutturato, a partire dal terreno di gioco, che per disposizione della Lega viene allargato di cinque metri e portato alla misura richiesta, il fatidico cento per sessanta. Vengono so­pra­elevati i muri e previste le entrate, viene co­struito anche lo spogliatoio per l’arbitro, ma soprattutto nasce la tribuna coperta, denominata tribuna B.

Siamo nel 1935. La Lega calcio ha istituito per la prima volta il campionato di serie C e il Co­senza affronterà avversari blasonati co­me Cagliari, Piom­bino, Pe­scara, Perugia e Saler­nitana, ol­tre che il tradizionale Ca­tan­zaro.

IL PROBLEMA DELLE OTTO COLONNEQuesta volta però le polemiche non mancano. A molti non piacciono per niente le colonne nella tribuna coperta. In tutto saranno otto e, in maniera piuttosto evidente, impediscono una buona visuale della partita.

Le autorità fasciste replicano affermando di aver applicato al­la lettera il progetto dell’ingegnere Gua­la­no e il capro espiatorio di­venta inevitabilmente lui. Ma tant’è: ormai non si può più ritornare indietro. Dal 1936 il “Città di Cosenza” ha ufficialmente un suo custode, che vi abita regolarmente con la sua famiglia, ed anche una scuola elementare, ubicata sotto la tribuna B. Il custode è il mitico Mastro Peppe Florio.

Sette campionati senza la soddisfazione dell’agognata promozione in serie B e arriva la guerra. Il campionato 1945/46, quello della promozione in Serie B, viene disputato interamente al vecchio “Militare” perché il “Città di Cosenza” era diventato una baraccopoli per gli sfollati.Finita la guerra e sistemate le famiglie sfollate, il “Città di Cosenza” riprese la sua attività con il campionato di serie B mirabilmente conquistato dal Cosenza di Renato Vignolini. E’ chiaro che il Comune lavorò molto per rinnovarlo e re­staurarlo. La scuola elementare venne spostata, vennero ‘create’ due curve (o gradinate, come si diceva allora), una in muratura (quella su via Cattaneo) e una in tubi Innocenti e lamiera (quella su via Acri).

La tribuna A venne coperta centralmente e qualcuno la definiva persino ‘tribuna vip’… Ai due lati i muri erano stati rialzati ed erano stati ricavati due settori, i ‘distinti’ nord e sud, separati dal terreno di gioco da quantità… industriali di filo spinato (i cosiddetti ‘cavalli di Frisia’) per evitare invasioni e contestazioni violente. Vennero ricostruiti gli spogliatoi sotto la tribuna B (prima si trovavano dal lato dell’ingresso secondario). Lo stadio era stato messo in condizione di poter ospitare almeno dodicimila spettatori (nei fatti oltre quindicimila). Circa dieci anni dopo avrebbe preso il nome di “Emilio Morrone” per onorare la memoria dello sfortunato e giovanissimo portiere cosentino morto sul campo di Scalea dopo un incidente di gioco. Ma questa è un’altra storia, che vi racconteremo ancora.