Le critiche di Gratteri al ddl Nordio, approvato in via definitiva dalla Camera, che cancella il reato di abuso di ufficio, e limita l’uso e la diffusione delle intercettazioni, somigliano molto al pianto del coccodrillo. Finge indignazione, per nascondere la frustrazione di non essere lui quello che fa le Leggi, per l’impunità che questo governo ha fortemente voluto per politici e colletti bianchi, ma la verità è che l’approvazione del ddl Nordio nulla toglie all’operato quotidiano del procuratore più famoso d’Italia: l’impunità per politici e collettivi bianchi in Italia, soprattutto in Calabria, c’è sempre stata. Non si arrestavano prima, non si arrestano oggi. Per taluni magistrati nella loro quotidianità lavorativa, con l’introduzione del ddl Nordio, non cambia niente. E la critica prima ancora che a Nordio andrebbe fatta a chi ha avuto la possibilità, in tutti questi anni, di rendere Giustizia ai cittadini, e per questioni di opportunità o peggio per affinità con il malaffare (che non è il caso di Gratteri), non l’ha mai fatto. Salvo poi lamentarsi delle limitazioni alle investigazione imposte dal ddl Nordio, le stesse che per anni molti magistrati si sono autoimposti: non indagavano prima su politici e colletti bianchi, e continueranno a non farlo anche oggi. Con l’aggiunta questa volta di fare tutto a “norma di legge”. Meglio di così. Altro che critica!
Tutto questo lo sa bene Gratteri che nei suoi otto anni di permanenza a Catanzaro di politici e colletti bianchi di spessore collusi, nelle sua rete ce ne sono finiti veramente pochi: si è limitato a recuperare vecchie inchieste (come quelle di De Magistris e Cordova sulla collusione tra politica, massoneria e ‘ndrangheta) arrestando qualche testa già caduta come quella di Pittelli e Manna. E le nuove inchieste da lui promosse si sono rivelate, al vaglio dei giudicanti, un vero e proprio flop investigativo, almeno dal punto di vista della collusione tra politici, colletti bianchi e ‘ndrangheta. E non certo per colpa del ddl Nordio che all’epoca ancora non c’era. Ma piuttosto per l’impossibilità, anche per un magistrato onesto come Gratteri, di superare certi limiti che in Italia nessuno può superare: “il famoso terzo livello che neanche Falcone e Borsellino sono riusciti a trascinare in tribunale”. Figuriamoci Gratteri. Di questo però Gratteri non parla mai. Critica Nordio che limita le investigazioni, senza mai aver promosso una sola inchiesta sulla potente massomafia che agisce indisturbata da decenni nel distretto giudiziario di Catanzaro. Eppure ne ha avuto la possibilità, ma non ha mai agito.
Certo, se stiamo alle conferenze stampa che accompagnano i blitz, il verdetto di colpevolezza per gli arrestati è cosa scontata, ma non tutti sanno che non sono le procure ad emettere le sentenze. Le accuse vanno provate in una aula di tribunale davanti un giudice. L’unico che può emettere sentenze. E sono proprio i giudici, e non certo noi, ad affermare l’inconsistenza investigativa del lavoro di Gratteri a Catanzaro. Per fare qualche esempio: “operazione Stige (2018)”, definita da Gratteri come «una delle più grandi operazioni degli ultimi 23 anni per numero di arrestati (169 arresti)». Secondo la tesi accusatoria di Gratteri/Luberto l’inchiesta dimostrava la collusione tra politica e ‘ndrangheta (cosca Faro-Maringola). Tanti i nomi di politici finiti nell’inchiesta: l’ex presidente della Provincia di Crotone ed ex sindaco di Cirò Marina Nicodemo Parrilla, l’ex sindaco di Strongoli Michele Laurenzano, l’ex assessore del Comune di Crucoli Tommaso Arena e l’ex consigliere dello stesso ente Gabriele Cerchiara. Dopo aver subito tutti una condanna in primo grado, la Corte di Appello di Catanzaro, giudicando il secondo troncone dell’inchiesta sui rapporti politca/’ndrangheta, su 27 imputati ne ha assolto 26 con una motivazione che umilia il presunto lavoro investigativo del duo Gratteri/Luberto. Dicono i giudici: “Nessun asservimento dei sindaci né tanto meno favori alla cosca Farao-Marincola, quadro indiziario in alcuni casi inconsistente e in molti punti basato su congetture e forzature investigative”. In sintesi: una inchiesta farlocca basata sul niente.
Operazione Rinascita Scott. Il fiore all’occhiello dell’attività investigativa di Gratteri in quel di Catanzaro. Su 338 richieste di condanna in primo grado, i giudici hanno assolto più di 130 imputati. Anche in questo caso i giudici hanno completamento smontato la tesi accusatoria di Gratteri sulla collusione tra politica e ‘ndrangheta. E l’assoluzione dell’ex sindaco di Pizzo Calabro e presidente Anci Calabria, Gianluca Callipo, e quella sostanziale di Pietro Giamborino conferma la totale incapacità investigativa di Gratteri, sempre a detta dei giudici, nel portare a termine una indagine sulla “zona grigia”. La lista dei flop di Gratteri è lunga, ci sarebbe anche Mario Oliverio e tanti altri, ma ci fermiamo qui. Delle due l’una: o Gratteri è vittima di un complotto di quasi tutta la magistratura giudicante che sistematicamente fa a pezzi le sue inchieste per invidia o per chissà che cosa, oppure è davvero un incapace che usa, nelle sue inchieste, pesci piccoli della politica e teste già cadute, senza curarsi di produrre i dovuti riscontri investigati, come alibi pubblico per darsi un tono da castigatori di corrotti e massoni. Il tutto con la consapevolezza che i veri massomafiosi sono altri. Ma non si possono toccare.
Insomma, Gratteri è un bravo magistrato, bravo solo però ad arrestare mafiosi, narcotrafficanti, assassini, affiliati, e delinquenti di ogni sorta, che non è certo cosa di poco conto, ma di inchieste serie sulla massomafia nel suo operato, neanche l’ombra. E non certo, lo ripetiamo, per colpa del ddl Nordio. Una indagine non vive solo di intercettazioni, che sono importanti, ma non sempre risolutive. Esistono tanti altri strumenti che un investigatore può usare per raggiungere l’obiettivo. Ma la cosa più importante in una indagine è la determinazione dell’investigatore. Che non può prescindere dal suo coraggio. Il coraggio di denunciare, con la stessa loquacità che si usa nelle conferenze stampa dopo un blitz, chi con pressioni, ostacoli, e tranelli vari, gli impedisce di svolgere il proprio lavoro. Perciò la critica di Gratteri al ddl Nordio somiglia al pianto del coccodrillo. Non è certo l’abuso di ufficio il punto di partenza investigativo per una indagine sul famigerato “terzo livello”: gli intoccabili. La sua critica a Nordio è solo un paravento per nascondere la sua mancanza di coraggio. Infatti dopo Falcone e Borsellino, nessun altro magistrato ha mostrato il loro coraggio, e questo vale anche per Gratteri.