Depurazione, va in fumo l’appalto Cosenza-Rende. In arrivo sanzioni per la Regione

Il Cinghiale, con una nota indirizzata ai media, mette la parola fine alla travagliata gestione della delibera Cipe n. 60 dell’aprile 2012, quella che assegnava 217 milioni di euro alla Calabria per importanti interventi depurativi finiti in procedura di infrazione. 

Non solo questi soldi non arriveranno più, a causa dell’inefficienza della Regione nel gestire le gare in questione, ma sono previste sanzioni salate per la Calabria.

I finanziamenti erano stati sbloccati dalla Giunta Scopelliti ma sono stati poi, di fatto, gestiti dalla Giunta Oliverio e spesso le vicende che hanno riguardato gli interventi sono state tragicomiche. L’intervento diretto del Cinghiale è certamente una presa di distanza dalle vicissitudini che hanno portato alla perdita dei finanziamenti. Perché è chiaro che Tonino il furbo vuole sottolineare di essere completamente estraneo a questo disastro.

Nel novero di questa delibera Cipe c’è anche l’adeguamento dell’impianto consortile (Consorzio Valle Crati) di Coda di Volpe di Rende e la realizzazione dei collettori fognari nei comuni ricadenti nell’agglomerato Cosenza-Rende, che comprende ben 25 comuni. Si trattava di un intervento da 35 milioni di euro, 10 dei quali sarebbero dovuti arrivare dal privato vincitore della gara, che era stato già individuato nella General Construction (oggi Geko) di Alfonso Gallo. 

piano1 Più volte ci siamo occupati di questa gara e più volte abbiamo sottolineato il ruolo disastroso del presidente del Consorzio Valle Crati Maximiliano Granata, che ha pilotato prima il dissequestro della struttura (per le vicende che hanno provocato la procedura di infrazione a carico della Regione da parte della Commissione Europea) e poi l’affidamento giudiziario alla stessa azienda che poi avrebbe dovuto vincere la gara.

Maximiliano Granata
Maximiliano Granata

Una manovra tanto spregiudicata quanto folle perché finita nel mirino di una faida interna al PD, che ha avuto il risultato di bloccare la Conferenza dei servizi e quindi l’aggiudicazione di un appalto evidentemente “pilotato”.

La General Construction andava bene alla corrente minnitiana del PD ma non a quella adamitica e così è saltato il tappo. Con situazioni analoghe anche in altri agglomerati come quelli di Castrovillari, Corigliano-Rossano e Scalea. Solo per rimanere nella provincia di Cosenza.

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piano3Ma torniamo all’intervento del Cinghiale.

“Dopo anni di prenotazione e programmazione di risorse nazionali e comunitarie mai utilizzate – scrive Gentile – i numeri del disastro dei sistemi depurativi in Calabria sono sempre più drammatici. I dati del Ministero dell’Ambiente, tratti dall’audizione del Ministro Galletti alla competente Commissione della Camera dei Deputati, parlano da soli: la Calabria è interessata da 13 procedure d’infrazione che riguardano agglomerati con una popolazione superiore ai 15.000 abitanti, e ben 128 agglomerati con una popolazione superiore ai 2000 abitanti.

Le procedure, tutte già notificate allo Stato italiano, – continua la nota – sono in buona parte destinate a tradursi in sanzioni finanziarie comminate dalla Corte di Giustizia Europea. Sanzioni che, per effetto del diritto di rivalsa, inserito nella legge di stabilità 2016, ricadranno pari pari sullo striminzito bilancio della Regione e delle amministrazioni locali.

Percorrere a ritroso la storia di queste drammatiche vicende, – sottolinea Gentile – che si ripercuotono pesantemente su una economia regionale che dovrebbe fondarsi sul turismo costiero, mette in luce una lunga sequenza di inadempienze e incapacità, politiche e amministrative”.

gentileGentile ricorda che “la delibera Cipe n. 60 dell’aprile 2012 aveva assegnato alla Calabria 217 milioni di euro per interventi che avrebbero interessato 32 agglomerati depurativi in procedura d’infrazione. Parte di queste risorse – circa 57 milioni – veniva a suo tempo garantita dagli amministratori regionali come derivante dall’applicazione di procedure di project financing. Si immaginava cioè – dice – che gli investitori privati avrebbero reso disponibili fondi propri per anticipare i costi di realizzazione degli impianti. Ovviamente, niente di tutto questo è accaduto, e non si ha più traccia nemmeno dei 159 milioni di fondi pubblici assicurati per il co-finanziamento.

Nel frattempo per tutti i 32 casi osservati dalla Commissione è intervenuta una sentenza di condanna. A breve saranno quantificate le sanzioni, particolarmente onerose. Mentre l’ambiente degrada – conclude – si smarrisce l’ennesima opportunità di sviluppo in Calabria”.

Fin qui il Cinghiale.

Valle-CratiParlando delle conseguenze cosentine di questo disastro, se ne deduce che ormai il ruolo del Consorzio Valle Crati, gravato da questa pesante procedura di infrazione addirittura come stazione appaltante, non solo è inutile ma dovrebbe finire, com’è giusto che sia, sotto la lente di ingrandimento della magistratura. Maximiliano Granata non potrà più millantare di avere soldi da gestire e posti da distribuire: la pacchia è finita.

Così come si dovrebbe pensare ad un piano serio per ridurre i danni dell’impianto di Coda di Volpe che, come sottolineato più volte anche dagli organismi preposti, non può rimanere nelle condizioni di inquinamento nelle quali si trova.

Ma è probabile che il Cinghiale stia anticipando, così com’è accaduto per i clan mafiosi della sanità sul Tirreno, qualche importante mossa della magistratura.