E la Sardegna diventa ago della bilancia tra Meloni e Salvini. Travaglio: “Non c’è miglior sardo…”

Non c’è miglior sardo…

(Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – Oggi il popolo sardo ha una grande responsabilità, perché le Regionali in Sardegna potrebbero avere conseguenze politiche più importanti delle Europee in tutta Italia. Le Europee sono abbastanza scontate: la classifica dei partiti dovrebbe confermare quella delle Politiche, con qualche lieve spostamento in su o in giù (il M5S cresce e Conte è molto sopra la Schlein nei sondaggi, ma l’astensione al Sud rischia di penalizzarli più di altri partiti e rende improbabile un sorpasso repentino sul Pd). In Sardegna invece il centrodestra rischia molto di più. Gli elettori sardi hanno quattro opzioni.

1) Eleggere presidente il sindaco-sciagura di Cagliari Paolo Truzzu (FdI) e consacrare, ove mai ve ne fosse bisogno, il regno della Meloni sul centrodestra, blindandone la maggioranza per chissà quanto tempo.

2) Punire Truzzu per i disastri di Cagliari che minaccia di ripetere su scala regionale, ma senza tradire il centrodestra: cioè fare come suggeriscono sottobanco i leghisti, usando il voto disgiunto per una lista di destra e per Renato Soru come presidente (che così ruberebbe non solo a sinistra, ma anche a destra e Truzzu perderebbe, con grave scorno per la Meloni e grande gioia sia per Salvini sia per il centrosinistra).

3) Eleggere Soru presidente, premiando un dinosauro che aveva già governato la Sardegna, si era impegnato a farlo per un solo mandato, si era ricandidato per il secondo e aveva perso, aveva comprato l’Unità e l’aveva fatta fallire (ora è imputato per bancarotta fraudolenta per distrazione e dissipazione), si era fatto eleggere in Europa e ora fa ciò che rimproverava a Michela Murgia nel 2014 (“danneggia la sinistra, è di destra”), incapace com’è di accettare l’idea che il suo tempo è finito: fa concorrenza al centrosinistra (e al Pd della Schlein, dopo averla sostenuta alle primarie) con un’arlecchinesca coalizione Azione-Rifondazione senz’alcuna speranza di vincere, ma con molte speranze di far perdere il centrosinistra o, in alternativa, di essere decisivo se nessuna coalizione ottenesse il 40% e avesse bisogno di una ruotina di scorta.

4) Eleggere Alessandra Todde, ex manager Olidata, ex sottosegretaria 5Stelle, candidata non solo di Conte, ma anche di Pd, Sinistra-Verdi e una lista civica autonomista: cioè l’unica aspirante presidente che può battere le destre e, dal laboratorio sardo, lanciare il primo seme e battere il primo colpo di quel fronte progressista che ogni cittadino perbene spera di rivedere presto a Palazzo Chigi.

Con l’opzione 1, in Italia non cambierebbe nulla. L’opzione 3 è pure fantascienza. Ma la 2 e soprattutto la 4 cambierebbero molte cose: il giorno della fine di questo governo da incubo sarebbe più vicina, o meno lontana.