Fallimenti pilotati, una questione tutta cosentina (di Saverio Di Giorno)

Saverio Greco e Mario Spagnuolo

di Saverio Di Giorno

Si stava raccogliendo testimonianze e documenti per verificare una segnalazione ricevuta ormai qualche tempo fa. Da quella, nel collegare poi episodi e dati si finisce per descrivere un meccanismo che vede insieme attori economici e di controllo. E non si tratta di singoli episodi di corruzione e collusione, ma uno schema sempre uguale, organizzato appunto. Si diceva che proprio mentre si cercavano verifiche arriva l’ormai famigerata “lettera dei dipendenti” della clinica Misasi. In quella lettera tra le varie assurdità e insinuazioni infamanti si leggono alcune righe che sanno di minaccia, ma aprono proprio a questa questione del sistema. Prima di arrivare a quelle righe e permettere di capire, a fondo, il senso bisogna però fare qualche passo indietro: dare alcuni dati e ricostruire alcune vicende.

I fallimenti. Una questione tutta cosentina

Quando i media nazionali hanno dato la notizia che Ferrero, er Viperetta, era stato raggiunto da una notifica da parte della procura di Paola si sono sorpresi. Hanno dovuto spiegare come e perché il patron della Sampdoria avesse a che fare con la Calabria. Perché in Calabria è facile fallire. Facile e frequente. In quel caso Ferrero aveva messo su un trust che serviva a tenere in piedi i concordati. Ecco, in questo paio di righe c’è il nocciolo della questione. Cerved è un’agenzia che compie studi sull’economia italiana e di recente ne ha fatto uno proprio sui fallimenti. I risultati della ricerca evidenziano che la Calabria è una delle poche regioni in controtendenza rispetto al resto d’Italia. Dal 2017 al 2018, ad esempio, i fallimenti sono aumentati del 63% (e tutto questo in una regione dove il privato è veramente poco!). E quali sono le modalità con cui si fallisce di più? I concordati preventivi.

In questo modo quando un’attività fallisce, si fa il concordato e va in mano ad una ristretta cerchia di imprenditori che possono quindi rilevarla con due spicci. Su questa seconda parte più volte si è descritta la tecnica, ma il sistema a cui stavolta ci si riferisce inizia prima. Prima del fallimento, quando appunto fallisce. E… quando? E soprattutto come?

Il precedente storico e il salto di qualità

Andando a scavare a ritroso emerge già un particolare sistema che coinvolge i fallimenti. Il clan Perna aveva diversi interessi in Puglia e nel Barese (non è un caso che molti soggiorni venivano trascorsi là e nemmeno che alcuni processi si siano arenati proprio da quelle parti). In particolare la gestione riguardava materiale proveniente dalle attività commerciali fallite a Cosenza. Come funzionava? Il prestanome o il proprietario di questa attività pugliese comprava materiale dalle attività cosentine (che ovviamente erano obbligate a darglielo) con assegni. Questi assegni non venivano mai pagati. Si pagava poi a nero una parte di quella merce. In questo modo con una serie di reali passività velocemente l’attività falliva e poteva essere comprata con poco. Questa storia ha riguardato una serie di attività commerciali di Cosenza. Non solo, ma talvolta anche gli attacchi incendiari o i danneggiamenti vari possono essere utili per giustificare il fallimento. Si faceva in modo quindi di creare le condizioni del fallimento per agire poi. Prima e dopo. E tale sistema vige ancora?

Secondo alcune segnalazioni ricevute, probabilmente sì e con un salto di qualità. E questa rappresenta una novità perché che vi siano una serie di operazioni per pilotare i fallimenti per far rientrare i soldi delle attività agli stessi falliti o una serie di relazioni tra curatori, tecnici, giudici e avvocati emerge da una serie di episodi e anche da qualche indagine. Ma che esista un modo anche per ostacolare prima le attività degli imprenditori per condurli al fallimento significa controllare il respiro di un territorio. Le segnalazioni indicherebbero una situazione del genere e vi sono una serie di episodi a sostegno. In che senso? Sostituiamo agli assegni non pagati e le intimidazioni con parole come accreditamenti, mancati finanziamenti, sequestri e dissequestri, segnalazioni di irregolarità e quant’altro e il meccanismo sembra uguale. L’attività viene danneggiata perché segnalata, perché qualche “ritardo burocratico” impedisce di sbloccare fondi o posti e non riesce più ad andare avanti. Gli episodi più evidenti riguardano ovviamente la sanità perché le attività sanitarie sono quelle che fruttano di più e quindi più appetibili.

Dalla sanità fino ai sequestri

Ormai parlare dell’Asp di Cosenza è come sparare sulla Croce Rossa. É sempre più evidente lo stato pietoso a cui l’hanno ridotta decenni di intrallazzi. Il fulcro sta nell’organismo di accreditamento. Il rubinetto dei fondi. A chi sì e a chi no. Vengono segnalate irregolarità, vengono addirittura fatti controlli, sopralluoghi e intanto si sospendono i fondi.

É il caso della clinica Santa Lucia, la cui procedura è ferma dal 2020 ed era stata protagonista di una querelle che aveva riguardato la Bernaudo. Ora è in stato di crisi ma comunque è ripartita … vedremo in seguito se resisterà e se invece non ce la farà a chi andrà.

Caso ancora più lampante quello della RSA di San Nicola Arcella (http://www.iacchite.blog/san-nicola-arcella-rsa-san-francesco-battaglia-legale-infinita/) per la quale l’Asp decide di non rinnovare la concessione e poi riprire il bando e la commissione salterà per mille motivi (assenze, conflitti di interesse). Una RSA perfettamente funzionante a cui, ci diceva l’amministratore, erano arrivati controlli, forze dell’ordine e ispezioni e al cui bando per la gestione – dato non da poco – avevano partecipato anche parte dei ras della sanità cosentina. Faceva gola. Altri casi come Caloveto si sprecano. Il meccanismo è chiaro. Il vecchio malfunzionamento della burocrazia? Mica tanto se si pensa che questo malfunzionamento si accanisce solo su alcuni mentre altre strutture private ottengono ripetuti accrediti e magari hanno anche milioni di debiti come è stato per l’ex clinica Tricarico di Belvedere.

Tra questi magici giochini, fatture, incarichi e machcinari pagati il doppio o il triplo i debiti dell’Asp sono miliardari e le infiltrazioni pari ad altre, ma miste questa non è stata sciolta (http://www.iacchite.blog/cosenza-il-fantastico-mondo-dellasp-contabilita-e-massoneria-di-saverio-di-giorno/). Questa, direbbe Lucarelli, è un’altra storia. Rimaniamo sullo schema che emerge. Quando una struttura è appetibile e sfugge ai radar dei soliti noti o quando un certo gruppo perde di forza (si pensi al caso della clinica San Bartolo e ai Morrone) cominciano problemi di vario tipo. Uno schema ripetuto. Se è facile ricostruire lo schema per le strutture sanitarie, più complesso per le altre attività su cui pure risulta che ci sarebbe uno schema simile. In tal caso bisogna guardare a sequestri e dissequestri, ma anche a danneggiamenti oppure bisogna guardare alle storie delle attività e dei pagamenti verso e dalle pubbliche amministrazioni. Chi riceve e chi no. chi viene attenzionato e chi no.

Si può partire anche dalla fine. Da chi gestisce poi i fallimenti dando un’occhiata alle visure camerali. In uno dei casi di Ferrero ad esempio era toccato al giudice Torretta a Paola, a cui tocca anche la RSA di San Nicola. Un giudice vicino a personaggi in vista nella costa. Ma si dirà: non vale, l’ambiente di Paola è piccolo, facile che capiti più volte la stesso nome. Ma a Cosenza? Innanzitutto a Cosenza vi è un ristretto giro di rapporti, parentele e unioni che già di per se dovrebbe porre qualche problema. Vi sono per esempio togati attivi nel settore fallimenti e aste vicini ad assessori e/o avvocati (per esempio Goggiamani), c’è il caso del giudice onorario che si prende all’asta la casa del faccendiere Mimmo Barile. C’è ad esempio Angela Marletta, moglie di Maximiliano Granata, avvocato e attivo nel settore della depurazione, campo nel quale gli interventi della procura di Cosenza, in tema di sequestri e dissequestri, sono assai frequenti. Ecco, bisogna capire se vi è una corrispondenza come nel caso della sanità tra attività in difficoltà, attenzionamenti e ricorrenza di nomi.

Se vi è poi bisogna porsi una domanda. Mentre è “facile” fermare un accreditamento ad una clinica, su quali basi si muovono le forze dell’ordine? Vi è un’indagine aperta dietro e con quali notizie di reato? Ecco che quindi il sistema per funzionare necessita di un sistema integrato di organi burocratici, di controllo e poi attori economici. Questi cioè userebbero mezzi legali per creare difficoltà e poi intervenire. E qua si arriva alla lettera infamante de iGreco al sindacalista Ferdinando Gentile.

La lettera rivelatoria de iGreco

In questa lettera questi im-prenditori fanno fare ai dipendenti un appello “al procuratore Spagnuolo affinché non persegua e passi sopra i gravissimi reati commessi dai nostri 2 colleghi saliti sul tetto”. E poi fanno riferimento alla nuova proprietà che “ha chiuso tutte le porte a queste pratiche che hanno mandato in fallimento la vecchia gestione (…). Dietro Gentile si nasconde magari anche qualche imprenditore che non vede l’ora di creare casino nella sanità cosentina? Noi non lo sappiamo ma chiediamo al procuratore Spagnuolo di vigilare con la massima attenzione e umanità che da sempre lo contraddistingue…”.

Cioè chiedono a Spagnuolo prima di chiudere un occhio e poi di indagare … come fosse il loro maggiordomo. Alla luce di questa ricostruzione dell’economia cosentina però hanno anche un’altra lettura in linea con lo schema: la magistratura (certa magistratura) viene aizzata contro alcune attività e alcuni imprenditori per ostacolarli e favorirne altri? E i reati di base? In molti casi non è difficile trovarne uno perché i nostri imprenditori sono quello che sono, in altri casi si trova un pretesto per agire (e se è successo sarà interessante vedere le carte) in fondo Spagnuolo non è nuovo a pretesti e proprio nel campo della sanità (http://www.iacchite.blog/cosenza-quando-spagnuolo-si-invento-un-reato-per-interrogare-tursi-prato-tutti-i-retroscena-del-patto-per-il-fratello/). D’altra parte Spagnuolo è anche interessato a questioni tributarie e commerciali essendo addirittura a capo della famigerata Commissione Tributaria di Cosenza ed infine, come ormai i lettori di Iacchite’ sanno a memoria, se iGreco hanno questo potere che urlano con arroganza è anche grazie a Liguori sotto le cui mani si sono arenate a Terni le indagini e le inchieste.

Al di là delle segnalazioni, quando si racconta la storia del disastro economico cosentino, bisognerà forse aggiungere un nuovo capitolo. Tutto lascia pensare che non abbiamo solo fallimenti pilotati, ma anche creati. Una ricostruzione che fa pensare che non ci siano solo attori economici che avvicinano procedure e tra mille legami tra curatori, giudici e avvocati si introducono e comprano, ma che l’operazione in alcuni casi parta da prima. É una terra dove si fallisce tanto, troppo e in controtendenza per il giro economico che c’è. E questi fallimenti sono preceduti spesso da avventure legali e burocratiche. Nei casi in cui l’attività frutta o se non si è riusciti ad averla e chi ce l’ha non appartiene alla cricca o se il proprietario perde di forza e si può mettere ai lati… ecco, in tal caso, casualmente, arrivano controlli, blocchi, ritardi, malfunzionamenti mirati fino al cedimento. E poi si dà il via a concordati e tutto il resto. Chiaro per far questo non bastano singoli legami di semplice vicinanza o di diretta corruzione tra gruppi, politici, funzionari e parti di magistratura, ma un’intero sistema organizzato ed efficiente. Altro che inefficienze meridionali, quelle ci sono solo per i fessi…