Grande Aracri potrebbe già parlare da pentito il 10 giugno al processo Aemilia ’92

di Tiziano Soresina

Fonte: Gazzetta di Reggio

REGGIO EMILIA. Se Nicolino Grande Aracri entrerà davvero nel programma di collaborazione con la giustizia, potrebbe “esordire” da pentito già il 10 giugno a Bologna quando partirà il processo d’Appello sulle morti violente di Nicola Vasapollo (ucciso il 21 settembre nella propria abitazione di Pieve Modolena) e Giuseppe Ruggiero (che ne seguì la sorte il 22 ottobre a Brescello). E sarebbe un apporto decisamente nuovo per Aemilia ’92, visto che proprio il boss è considerato dalla Dda di Bologna coinvolto come mandante in entrambi gli omicidi. In primo grado è stato condannato all’ergastolo per il delitto di Brescello e assolto per l’altro fatto di sangue. Il capoclan potrà ripuntare i fari sugli altri tre imputati (Antonio Ciampà, Angelo Greco e Antonio Lerose) che sono stati assolti nel primo grado in Assise a Reggio Emilia? Vedremo.

«Siamo solo all’inizio – fanno sapere intanto gli inquirenti dell’Antimafia di Catanzaro – ma per valutare la bontà delle dichiarazioni di Grande Aracri ci vorrà tempo». Buttano acqua sul fuoco gli investigatori – per il momento solo calabresi, visto che da circa un mese il boss sta facendo rivelazioni alla Dda – ma le aspettative sono già enormi, anche perché il gruppo criminale cutrese, oltre a farsi spazio in Calabria ben oltre al Crotonese (Sila cosentina, costa catanzarese), ha costruito negli ultimi trent’anni un’autentica scalata alle regioni del Nord (Emilia-Romagna, Lombardia, Veneto, Valle d’Aosta) e alla Germania, come illustrano varie inchieste antimafia. Un’aggressione a non pochi settori economici, grazie al lavoro illegale sotto traccia di fior di professionisti, in gran parte ancora non identificati nelle indagini. «A me mi servono i cristiani buoni, mi servono… mi servono avvocati, architetti, ingegneri», dice il boss in un’intercettazione di tempo fa. Ne svelerà i nomi?

Colletti bianchi collusi, ma anche tanti affiliati non ancora incastrati, visto che Grande Aracri si vanta, in un discorso captato, di avere al suo servizio 500 uomini. Per non parlare delle ramificazioni per ottenere gli agganci giusti in politica, nella massoneria, in Cassazione, in Vaticano.

Entrature corruttive svelate da alcune indagini, ma non in profondità. Il presidente della Commissione parlamentare antimafia, Nicola Morra, affonda il colpo: «Grande Aracri è un uomo dalla mente criminale raffinatissima – dice – ed è bene considerare che la ’ndrangheta cutrese non è un problema della Calabria ma dell’intero Paese. Lui è quello che ha fatto fuori il suo ex capo (Antonio Dragone, ndr) diventando il riferimento carismatico delle ‘ndrine che sotto la sua guida si sono infiltrate nell’economia emiliana, sconfinando nella bassa Lombardia e nel Veneto. Un individuo – continua – di bassa istruzione ma di grandi capacità che ha saputo conquistare le fasce della società-bene pronte a piegarsi alla corruzione. Le sue auspicabili dichiarazioni ai magistrati saranno decisive per chiarire le “schifezze” con la politica».

Sullo stesso tasto batte Giovanni Paolo Bernini, esponente parmigiano di Forza Italia, coinvolto nella maxi inchiesta Aemilia da cui ne è uscito prosciolto: «Spero che la verità sui rapporti di potere politico-amministrativo del processo Aemilia siano rivisitati alla luce delle dichiarazioni che mi auguro vengano rilasciate dal pentito affinché possano venire a galla le vere responsabilità politiche a Reggio Emilia ed in Emilia-Romagna nel favorire il radicamento della cosca». Un leader spietato, sanguinario, protagonista di una guerra di ‘ndrangheta, poi votatosi al controllo illegale del tessuto economico, spaziando ed inquinando vari settori, grazie anche a imprenditori compiacenti che sinora, in gran parte, l’hanno fatta franca. Ora “Manu i gumma” da ergastolano vuole votare il sacco, in cambio di benefici. Ma dovrà dare un contributo di notevole spessore per entrare davvero in un percorso da pentito.