I drammi della malasanità: lettera di un padre disperato ad Oliverio

di Francesca Lagatta

“Presidente Oliverio,

chi Le scrive è un “emigrato” dalla Calabria perché nella nostra Regione non abbiamo strutture idonee a determinate patologie e da Lei dimenticato e privo di ogni sostegno ed ausilio. Chi Le scrive è un Padre che ha una figlia e la ama ed ancora aspetta da quello scricciolo di essere chiamato Papà a causa di taluni medici ed infermieri che le hanno negato una vita normale poco dopo la sua nascita.

Caro Ministro Beatrice Lorenzin, cari Presidenti Matteo Renzi e Sergio Mattarella, chi Vi scrive è il Presidente di una “ONLUS” che, a differenza di quanto si possa pensare, non naviga nell’oro ma vive di una misera pensione di invalidità e di viaggi della speranza necessari per salvare sempre in “extremis” la vita di sua Figlia, viaggi che non sono né retribuiti e tanto meno rimborsati. Da sempre pacifista ma che di fronte al silenzio assordante e alla palese assenza così come, ahimè, succede per tante altre famiglie italiane come la mia, ci state costringendo di non poter più curare i nostri figli e questo perché non siamo benestanti. Ci state umiliando sia come esseri umani che come cittadini. Io voglio solo continuare a sperare. Io voglio solo continuare a far visitare mia figlia nei centri migliori d’Italia. Io voglio solo rincorrere il sogno di essere chiamato Papà.

Abbiamo tutti noi le nostre macchine del tempo, alcune ci riportano indietro, e si chiamano ricordi, altre ci portano avanti e si chiamano sogni. I miei ricordi sono quelli di una Sanità malata, fatta di camici bianchi che hanno negato il diritto alla la vita a mia figlia, che aveva solo la colpa di essere nata nel posto sbagliato, al momento sbagliato. I miei ricordi sono le tante corse in ospedale da una regione all’altra, nel mentre mi chiedevo se mia figlia sarebbe giunta ancora viva in ospedale.

I miei ricordi sono porte chiuse in faccia ad ogni mia richiesta di aiuto rivolta alle istituzioni. I miei ricordi negli ultimi sei anni sono sofferenza ed umiliazione. Ma ancora voglio sperare in un futuro ed in una vita migliore e voglio illudermi che, dopo questa mia missiva, forse qualcosa cambierà e magari insieme a Voi potremo tutti utilizzare la macchina del tempo che guarda solo al futuro per continuare a sognare un’Italia dove il diritto alla salute ed alle cure venga garantito anche al Centro-Sud del nostro Belpaese. Dove anche chi non ha un euro in tasca, come me, potrà curarsi e curare i propri cari e dove la ricerca possa essere il fiore all’occhiello, e dare vita, chissà, a un progetto serio di tecnologia staminale per fare delle tante vite spezzate tante vite salvate, e magari realizzare un centro neurologico pediatrico ad alta specializzazione, un centro riabilitativo a carattere scientifico che ridia speranza e possa diventare un’attrattiva dei tanti scienziati italiani emigrati all’estero per causa di forza maggiore. E magari intestarlo alla mia Giulia.

Vi chiedo di raccogliere questo mio ultimo grido disperato e di cogliere nel mio inginocchiarmi con umiltà chinando il capo con dignità, un aiuto concreto per mia figlia Giulia e per le tante Giulia. Spero che questo possa rappresentare il tramonto dell’abbandono e l’alba di un nuovo sogno. Non voglio più pensare pensare che la morte di un altro bimbo sarà causata dell’assenza di Stato.

Certo di una Vostra cortese risposta, colgo l’occasione per salutare distintamente.

Gabriele Montera, Papà di Giulia e Presidente di “UNA LOTTA X LA VITA ONLUS”

Con queste dure parole, il coriglianese Gabriele Montera, papà della piccola Giulia, ha voluto inviare un messaggio alle più disparate cariche istituzionali, e in particolar modo al Presidente della Regione Mario Oliverio, affinché tutti i bambini gravemente malati possano restare nella propria terra per curarsi e difendere il proprio diritto alla vita. A Giulia, invece, bimba calabrese con 6 anni di martiri alle spalle, la sfortuna l’ha colpita due volte quando ha deciso di farla nascere in una regione dove, più che in qualsiasi altro posto d’Italia, la sanità è mero business per ricchi che non garantisce assistenza e cure adeguate ai bisognosi.

La sua storia è quella di una bambina ridotta in stato vegetativo perché fatta nascere con quattro settimane di anticipo con un parto che le ha provocato esiti ischemico anossici e lesioni del tronco cerebrale e senza che nessuno si fosse accorto che già in pancia fosse affetta da citomegalovirus. 

Il suo papà, pensionato e abbandonato dalle istituzioni, ha dato vita all’associazione nazionale “Una lotta vita x la vita” per far fronte alla spese ingenti e per dare voce ai tutti quei bambini che, come sua figlia, sono lasciati soli al proprio destino. Gabriele è un uomo che non smette di lottare perché ha un unico grande sogno: sentirsi chiamare Papà dalla sua bimba. 

Gabriele, perché ha deciso di scrivere questa lettera? 

«L’indifferenza delle istituzioni e la sordità della politica si muovono ed agiscono a tutela delle grosse lobby di potere ed a garanzia del potente di turno. Ed è brutto sentirsi solo, figlio di uno Stato che non ti garantisce, padre di una bambina abbandonata al proprio destino, umile essere umano che cerca aiuto ed ottiene solo sberle in faccia».

Perché dalla Calabria sei stato costretto a trasferirti in Sicilia? 

«Il Servizio Sanitario Nazionale, che dovrebbe essere un insieme di strutture e servizi che assicurino la tutela della salute e l’ assistenza sanitaria, in realtà non promuove più la salute e la ricerca. Oggi esistono territori di serie A e territori di serie B, regioni dove la risposta sanitaria è pressoché eccellente e regioni dove invece si brancola nel buio. A causa di tutto ciò sono diventato un “emigrante”, ho dovuto lasciare la mia terra, la Calabria, i miei affetti, la mia casa per andarmene in affitto in un’altra regione».

Il Sistema Sanitario Nazionale vi assiste? 

«Non direi. Vivo grazie a una pensione di invalidità e alle piccole donazioni di alcuni amici che hanno conosciuto la nostra storia sui social, ma determinate prestazioni mediche per mia figlia si possono fare solo a pagamento. In più, per per garantire a mia figlia gli esami salva vita e le cure assistenziali, devo viaggiare continuamente in tutta Italia, in virtù del fatto che mia figlia è in cura al Bambin Gesù di Roma, al Carlo Besta di Milano e al Gaslini di Genova, a seconda della patologia di riferimento, essendo Giulia paziente pluri patologica. Mi chiedo dove sia lo Stato. Il politico di turno non può decidere se e quando fare un esame, non può sostituirsi ai medici».

Che cosa chiede allo Stato? 

«Di ridare una dignità ai bambini malati e le loro famiglie. In questo modo veniamo umiliati ogni santo giorno. E chiedo anche che il diritto alla salute ed alle cure non sia solo un diritto costituzionalmente garantito sulla carta».