Il direttore di Iacchite’ nel mirino di Granieri

Il procuratore Granieri

Continua l’attività frenetica in procura. Il dottor Granieri non si dà pace. Vuole dimostrare alla città tutta la sua dedizione per il suo delicato incarico lavorativo che espleta solo nell’interesse dei cittadini suoi datori di lavoro.

Negli ultimi periodi ha attivato i suoi uffici come non mai, che lavorano a ritmi cinesi. I nostri informatori ci fanno sapere che da giorni il procuratore capo Granieri ha ordinato ai suoi sottoposto di far pervenire tutto il “materiale” giudiziario riguardante quel delinquente del direttore di Iacchite’ Gabriele Carchidi, sulla sua scrivania. Un via vai frenetico nei corridoi del tribunale, tutti alla ricerca della querela “smarrita”. Ha addirittura formato un pool.

Un gruppo di pubblici ministeri che stanno valutando come arrestare il direttore. La prima proposta pare sia quella di vedere se si possono cumulare le centinaia di denunce che in tutti gli anni di onorato servizio il direttore ha accumulato. E mentre politici corrotti e mafiosi da lui coperti, sguazzano alla grande, cerca di inventarsi, com’è suo costume, reati contro quelli che non si accodano ai suoi intrallazzi. Specie quelli che li svelano.

Ma oramai è sgamato. E soprattutto non ci fa paura. Voi direte ma come fai a sapere questo? Così come Granieri si informa su di noi, anche noi abbiamo i nostri informatori dentro le sue stanze. Giudici e pubblici ministeri onesti, che non ce la fanno più a essere “complici” forzati di tutte le porcherie che giornalmente si consumano in tribunale. Che dovrebbe essere il posto più trasparente del mondo, ridotto invece ad una agenzia del malaffare per gli amici degli amici. Un palazzo inviso alla città, che tutto fa tranne che amministrare giustizia nel nome e per conto del popolo italiano. Infatti nessuno si rivolge più alla procura quando subisce un reato. Perché sa che tanto nessuno muoverà un dito. Specie se la denuncia interessa qualche suo amico. E allora i furbetti del palazzo di giustizia ammantano questo con il solito ritornello: l’omertà dei cittadini. Ma i cosentini sanno bene che non è così.

C’è da dire che noi siamo abituati a ricevere minacce, ma essere minacciati dal procuratore, così come fanno i mafiosi, è indice della fetenzia che circola da anni in tribunale. Qualcuno potrebbe dire: vogliamo le prove di quello che dici. Bene. Se in questo preciso momento facessimo una “perquisizione” nell’ufficio del procuratore capo, troveremmo in bella mostra sulla sua scrivania una pila di cartelle tutte siglate Carchidi.

Questo ovviamente prima che il Nostro leggesse il mio articolo…

GdD