Il legale di Palamara vede il consigliere di Forza Italia. L’imbarazzo del Csm

di Liana Milella e Conchita Sannino

Fonte: Repubblica

Un clamoroso passo falso. Un incontro off-limits tra interrogante e difensore dell’ “interrogato”. Così al Csm esplode il caso Lanzi, proprio nel giorno della prima audizione a Palazzo dei Marescialli di Luca Palamara, l’ex presidente dell’Anm accusato di corruzione in atti giudiziari e radiato dalla magistratura. Si scopre infatti che l’atteso appuntamento di ieri – con Palamara che risponde per un’ora e mezza alle domande della Prima commissione, dove sono avviate procedure per incompatibilità su 27 magistrati – aveva avuto un’insospettabile anteprima. Alessio Lanzi, noto avvocato di Milano e consigliere laico del Csm indicato da Fi, ha incontrato 24 ore prima, in uno studio romano, Roberto Rampioni, uno dei difensori dell’ex pm sotto processo a Perugia. Non una visita di cortesia. Soprattutto perché, nei giorni scorsi, lo stesso Lanzi, e con lui anche l’ex pm Nino Di Matteo, ha combattuto una battaglia per ampliare il più possibile il perimetro dell’audizione dell’ex pm romano, dominus di trame e accordi per la spartizione di nomine che ora Palamara definisce “il Sistema”.

La notizia del rendez-vous Lanzi-Rampioni piomba mercoledì sera in Consiglio. Ne discutono subito, nell’Ufficio di presidenza, il vice del Consiglio David Ermini, il primo presidente della Cassazione Pietro Curzio, il Pg Giovanni Salvi. Ma Lanzi, chiamato a spiegare, minimizza, attenua: quasi fosse inconsapevole dell’oggettiva e imbarazzante coincidenza di quell’incontro. Tensioni nuove in un Csm già a lungo lacerato dallo scandalo: le cene notturne all’hotel Champagne di Palamara & Co. (partecipano anche il deputato Cosimo Ferri e il parlamentare-indagato Luca Lotti), le 60mila pagine di chat che fanno tremare tanti magistrati italiani. L’agenda però non subisce variazione: ieri, alle 9, accompagnato proprio da Rampioni, Palamara varca la soglia del Csm. In qualità di teste siede a quel tavolo della Prima commissione che, fino al 2018, conduceva da vicepresidente. E qui esplode il secondo problema della giornata. Perché l’ex leader di Unicost, a domanda specifica, conferma di aver saputo dell’esistenza del trojan inoculato nel proprio cellulare dal deputato Ferri, al quale la notizia sarebbe arrivata – attraverso i membri Csm Gianluigi Morlini e Antonio Lepre – da fonte più che autorevole: il consigliere giuridico del Quirinale Stefano Erbani. Circostanza che quest’ultimo ha sempre smentito con assoluta nettezza, mentre Morlini e Lepre, con altri tre consiglieri, si sono dimessi in seguito allo tsunami dell’inchiesta.

Sulle modalità e sui contenuti dell’audizione di Palamara, d’altro canto, si era consumata la lunga trattativa nei giorni scorsi. Perché Lanzi, con Di Matteo, ha spinto per domande a 360 gradi su tutte le chat.
Ma, nella commissione presieduta da Elisabetta Chinaglia della sinistra di Area, la richiesta è stata bocciata, il voto è finito in parità, tre a tre. Lanzi, Di Matteo e il laico indicato dalla Lega Emanuele Basile, contro Chinaglia, la “davighiana” Ilaria Pepe, e Maria Paola Braggion di Magistratura indipendente.

Così Palamara è stato “sollecitato” solo su alcune questioni: il caso Procura di Roma e il ruolo di Antonello Racanelli, l’aggiunto di piazzale Clodio con cui il “re” del sistema ipotizzavano l’uso strumentale del dossier del pm Stefano Fava contro il procuratore uscente Pignatone e il suo aggiunto Ielo. Sì anche a sentirlo sulle “richieste” ricevute per la nomina dei 6 aggiunti di Milano: ma qui Palamara spiega di non aver avuto pressioni da Greco, mentre ribadisce l’interlocuzione con Pignatone.
No, invece, a sentirlo sulle chat con Claudio Fracassi di Area. La data dell’audizione viene fissata mercoledì alle 11 per giovedì, ieri. Ma due ore più tardi, alle 13, Lanzi, è già nello studio di Rampioni. Un altro “inedito”, nel Csm che non smette di riservare sorprese.