Bancarotta e riciclaggio (i)Greco. Il memoriale di Enzo Novelli. Il ricatto di Musaio e il tradimento (a pagamento) di Trabalza e Pirosu

Alessandro Musaio

Enzo Novelli era uno dei quattro fratelli soci al 25% del Gruppo Novelli, una delle aziende agroalimentari più importanti dell’Umbria e che aveva esteso i suoi orizzonti anche in altre regioni. Enzo Novelli è morto nell’estate del 2017 a meno di un anno dalla clamorosa cessione del Gruppo ai calabresi del Gruppo iGreco, sponsorizzati dal Pd renziano e dal Ministero dello Sviluppo Economico attraverso una fitta rete di relazioni trasversali. E protetti alla procura di Terni da un altro calabrese, il procuratore Alberto Liguori, che ha clamorosamente insabbiato la denuncia della parte sana del Gruppo Novelli contro una cessione palesemente irregolare e mafiosa. 

Enzo era il più giovane dei 4 fratelli soci al 25% del Gruppo Novelli. Dopo Luigi Novelli, morto il 13/8/2013, è il secondo a passare a miglior vita. Torquato e Ferdinando, i più anziani, sono ancora in sella o quantomeno lo erano quando sono state prese le decisioni finali per il clamoroso “attacco” al Gruppo Novelli. Enzo gestiva il mangimificio e il Pet Food, glieli hanno chiusi in men che non si dica. Prima di morire, Enzo Novelli decide di scrivere un memoriale nel quale raccontare com’è potuto accadere tutto questo (memoriale enzo novelli-prima parte). Una sorta di romanzo, un muro di gomma. Ferdinando e Torquato fanno di tutto per venirne in possesso ma non ci riescono. Prima o poi verrà fuori… Ed è venuto fuori. Questa è la seconda parte. 

IL MEMORIALE DI ENZO NOVELLI – SECONDA PARTE – 

Con il tempo, i rapporti con il nuovo Cda diventavano sempre più difficili: non erano mai disponibili a parlare con me, né per illustrare le loro idee, né per allinearci sulle strategie migliori da seguire, né per chiedere il mio consiglio su nessun aspetto relativo al mangimificio che credo di conoscere meglio di loro. In particolare, l’episodio che forse mi ha procurato più dolore e amarezza è stata la chiusura assolutamente ingiustificata della mia creatura da parte di Torquato e poi in seguito suo figlio Stefano: il Pet Food, al quale ho dedicato gli ultimi 10 anni della mia vita.

Nonostante l’aiuto di mio figlio Lorenzo nella stesura di un Business Plan tangibile, che dimostrava con i fatti non solo come il business del Pet Food si sarebbe autofinanziato a fronte di un piccolo investimento iniziale, ma come era anche in grado di produrre liquidità per sostenere in parte gli altri business più in difficoltà del pane e delle uova. Il Cda, da poco entrato alla guida del Gruppo, decideva di non riaprire le attività produttive di fatto chiudendo definitivamente l’impianto del Pet Food e lasciando che il business, che con determinazione e passione avevo portato alla luce anni prima, morisse. Purtroppo ora, dati gli ultimi sviluppi, comprendo a malincuore le motivazioni di quella sciagurata decisione del Cda: abbassare il più possibile il valore del Gruppo per poterlo poi “regalare” ai loro amici. Non a caso, il business del Pet Food del Gruppo attualmente in mano a iGreco è adesso il più allettante e quello con il maggiore potenziale di sviluppo.

Nonostante la grandissima delusione che ho ricevuto con la chiusura del Pet Food, ho voluto comunque avere un confronto con il Cda per capire meglio le loro motivazioni, ma visti i loro impegni continui e la loro indisponibilità a parlare con me, ho suggerito al signor Musaio la possibilità di inserire un professionista di mia fiducia per aiutarmi nel dialogo con loro, che potesse consigliarmi a chiedere le giuste informazioni, a capire i bilanci perché non ritenevo di avere gli strumenti necessari ad analizzare il loro operato in modo oggettivo. A questa mia proposta ecco cosa mi è stato risposto dal signor Musaio: “Togliti dalla testa un’idea del genere perché se provi a farla, le banche ti chiuderanno i rubinetti ed io faccio saltare l’azienda”. Capii allora che gli amministratori non facevano l’interesse dell’azienda ma anzi cercavano di tenere volontariamente me e i miei fratelli Luigino e Ferdinando all’oscuro di tutto usando continue minacce che solo ora comprendo essere totalmente infondate in quanto, se avessero fatto quanto dichiaravano, loro sarebbero stati i primi colpevoli di un fallimento quantomeno evitabile.

Sentitomi minacciato, impaurito e spaventato ho subito avvertito la responsabilità per tutte le famiglie e le persone che avevo inserito personalmente in azienda perché capivo che la situazione mi stava sfuggendo di mano e sentivo di non avere gli strumenti per oppormi. Così decisi di condividere questo mio malessere con mio fratello Torquato ma la sua risposta, di cui solo oggi purtroppo ne comprendo il senso fino in fondo è stata: “Ti dò ragione, neanche io capisco cosa stia succedendo ma mi risolvo subito perché abito all’undicesimo piano…”.  (ancora oggi non ho ben capito se era un’istigazione al suicidio, mah).

Nonostante tutto, Luigino e Ferdinando riuscirono a nominare Folco Trabalza come professionista esterno che servisse ad avere resoconti periodici sull’operato degli amministratori e l’andamento aziendale in generale. Personalmente non conoscevo il signor Trabalza ma l’idea di un professionista che ci affiancasse era quello che stavo cercando da tempo. Purtroppo però dopo quasi un anno, il signor Trabalza non aveva ancora fornito informazioni di alcun genere, ma, al contrario, era stato nominato presidente del Collegio sindacale dagli amministratori continuando poi a non fornire nessuna informazione. La mia sensazione è che Folco Trabalza non lavorasse negli interessi dei soci ma che sia stato “comprato” dagli amministratori per continuare a tenere tutti all’oscuro delle manovre alle quali stavano lavorando e di cui solo oggi se ne vedono purtroppo i risultati.

Dopo la chiusura forzata del Pet Food, e nonostante il valore dell’impianto diminuisse giorno dopo giorno, il Gruppo ha comunque continuato a ricevere manifestazioni di interesse tanto che molte aziende venivano a visionare il nostro impianto di gran segreto, io non venivo neanche informato di queste visite e il cicerone della situazione era Renato Pirosu, persona che è sempre stata di mia grandissima fiducia per tanti anni e che in particolare durante una di queste visite ho provato a chiamare ripetutamente al cellulare senza avere nessuna risposta. In quel momento mi sono sentito tradito anche da una persona che ritenevo un amico oltre che un collaboratore fidato.

2 – (continua)