Il socialismo: Pietro Mancini e Pasquale Rossi

La prima sezione del Partito Socialista a Cosenza è stata costituita nel 1904 da Pietro Mancini, pietra miliare per la politica progressista e riformista della nostra città.

Nato a Malito nel 1876, Pietro Mancini ha sempre indicato tra i suoi maestri di sapienza e di vita, Pasquale Rossi, un altro grandissimo cosentino.

Medico, studioso e scienziato, è stato tra i pionieri del socialismo cosentino. Ecco come ce lo descrive lo stesso Pietro Mancini nel libro “Il Partito Socialista Italiano nella provincia di Cosenza”.

“… Egli fu un innovatore. La psicologia collettiva con Tarde in Francia e con Sighele e Barzellotti in Italia, e poi con Ferri, Croppali, Niceforo ed Orano, aveva studiato il lato delinquenziale della folla. Pasquale Rossi scoprì l’animo della folla e ne esaminò il lato generoso, benefico, spesso eroico: una rivelazione che gli diede rinomanza all’estero e in Italia. La ricerca scientifica lo portò al positivismo, la professione di medico all’umanitarismo che egli credette socialismo e socialista era ritenuto dal conservatorismo cittadino. Era un’anima armoniosa di bene, un temperamento mite, alieno dai contrasti e da lotte di partito… Scrutava con occhio linceo l’animo della folla ma gli sfuggivano gli slanci ascensionali delle masse operaie e contadine…Il socialismo era per lui umanesimo. Il popolo, i giovani lo idolatravano ma le consorterie clerico monarchiche massoniche della città lo osteggiavano in tutti i modi… Cosenza dei “benpensanti” praticanti religiosi e amici dei preti e dei massoni gli aveva preferito due avvocati…”.

Pasquale Rossi (nato nel 1867 e morto a soli 38 anni nel 1905) è, dunque, teorico della folla e della psicologia della folla. Anzi, secondo gli autori statunitensi Becker e Barnes, è il protagonista del miglior trattato sulla folla che sia stato mai scritto. Si riferiscono al testo “Sociologia e psicologia collettiva”, del 1904, un trattato che contiene la storia delle teorie della folla.

Pietro Mancini
Pietro Mancini

LA PAROLA SOCIALISTA

Ma torniamo a Pietro Mancini, che, dopo la morte di Pasquale Rossi, diventerà il punto di riferimento principale del socialismo cosentino. A Roma, dove si era laureato in Giurisprudenza, era stato allievo di Antonio Labriola, che lo aveva iniziato agli studi marxisti. Tornato a Cosenza, svolge l’attività professionale di avvocato penalista (sarà lui a difendere Riccardo Pranno, il giustiziere del boss Zapeppa) e insegna filosofia al liceo classico Telesio.

Con il Psi si impegna subito in una impari battaglia contro i clericali spalleggiati dalla Banca Cattolica e i massoni finanziati dalla Banca Popolare, che hanno una inevitabile maggiore influenza sul tessuto cittadino e lo governano a loro piacimento.

Nel 1905 fonda e dirige “La Parola Socialista”, un giornale di battaglia politica, organo provinciale del Psi, uno dei più antichi fogli socialisti dell’Italia del Sud, che continuerà a uscire, sia pure con molte pause, fino agli anni Sessanta.

“… La Massoneria che ingombrava fu bersaglio preferito fin dal primo numero del giornale, dal titolo “Il Fascio Democratico”, che fin dal nascere iniziò con Parola Socialista un’aspra polemica dalla quale riportò i panni molto laceri… Divenne subito la voce di protesta di tutti i cittadini liberi della nostra provincia…”.

(Pietro Mancini, “Il Partito Socialista Italiano nella provincia di Cosenza”)

Eletto consigliere comunale nel 1907, nel 1921, dopo la scissione del partito, è il primo deputato socialista calabrese.

Nel frattempo, incombeva il fascismo. Mancini è rieletto deputato nel 1924 ma era stato già costretto a subire le aggressioni squadriste. Riporta più voti del quadrumviro Michele Bianchi ed è il solo deputato dell’opposizione che le regioni calabrese e lucana mandano alla Camera. Poi decade da deputato e conosce l’amarezza del carcere e del confino.

Nel novembre del 1943 è nominato dagli alleati prefetto di Cosenza; vi rimane fino all’aprile 1944, quando assume la carica di ministro senza portafoglio nel 2° Gabinetto Badoglio. Poi sarà ministro dei Lavori pubblici nel Gabinetto Bonomi.

Fausto Gullo, un altro faro della Cosenza progressista, spiega così le qualità umane, morali e politiche di Pietro Mancini.

“… La fedeltà, durata tutta la vita, all’ideale della giovinezza; il rigore verso se stesso e l’indulgenza verso gli altri; lo sdegno sempre in lui suscitato dai soprusi, dalle ingiustizie, dalle sopraffazioni; la volontà, mai venuta meno, di lottare contro un ordinamento sociale sentito dall’animo come iniquo; la condanna morale, senz’altro recisa, ma pur venata da una coloritura di bontà e di comprensione umana di chi, per debolezza, nei momenti più duri, ha abbandonato la lotta o comunque allentato il suo impegno; l’orgoglio di non aver mai mutato bandiera, apertamente rivendicato come unico premio di tutta la propria esistenza; il legame solido a un patrimonio culturale che si richiama costantemente ai grandi e genuini interpreti del marxismo in Italia”.