Io, dirigente scolastica: non mi sono mai sentita “padrone” (di Simona Sansosti)

Gentilissimo Dott. Carchidi,
seguo da sempre il suo giornale online e lo ritengo degno di lettura perché voce libera in un paese dove spesso la stampa è vittima delle logiche di potere.
Seguo le sue inchieste e le denunce e l’ammiro per il coraggio e la schiettezza.
Ciò detto, mi preme intervenire – valuti lei l’opportunità della pubblicazione di questa mia riflessione – dopo aver letto il pezzo “Cosenza, la dittatura dei dirigenti scolastici: la Cisl” (http://www.iacchite.com/cosenza-la-dittatura-dei-dirigenti-scolastici-la-cisl/).

di Simona Sansosti, dirigente scolastica

Non è nel mio stile difendere le posizioni di un’unica categoria, mentre mi appartiene solidarizzare con l’intera classe lavoratrice che oggi come ieri, grazie alle mistificazioni dall’alto o agli specchietti delle allodole, si cerca di dividere. Rifiuto e combatto tutte quelle circostanze in cui si cerchi di mettere i lavoratori gli uni contro gli altri, secondo la logica del divide et impera, perché ciò significa indebolire la loro forza contrattuale e i diritti di tutti, soprattutto nel mondo della scuola, dove fa comodo creare falsi miti e sobillare conflitti solo per indebolire il sistema della scuola pubblica a favore di una logica privatistica.
Qui lo faccio solo perché sono inclusa in quella categoria professionale che è stata dipinta come “dei padroni che si percepiscono unti dal Signore” e all’interno della quale ci sono stati gettati tutti i dirigenti scolastici senza alcuna distinzione di sorta.
E lo faccio con la consapevolezza che le generalizzazioni sono idonee a suscitare scalpore e audience, ma non rendono giustizia alla verità fattuale.

Sono dirigente scolastico da quattro anni. Non mi sono mai sentita un “padrone”, né un “unto dal signore” e, senza falsa modestia, non credo di essere percepita come tale né dal personale della scuola che ho l’onore di dirigere, né dai genitori e dagli alunni. Non mi sono sentita tale e non mi sento tale non solo per il mio carattere, tratto che qui non è fondamentale, ma per la mia formazione e, soprattutto, perché ho avuto la fortuna, dico oggi, di aver trovato, sul mio cammino professionale, docenti seri, motivati, disponibili e genitori cooperativi con i quali abbiamo costruito una vera comunità educante, basata sul rispetto reciproco, l’ascolto attivo, la collaborazione sincera, il leale sostegno, il dialogo costruttivo. Se manca una sola di queste componenti, diventa difficile qualunque gestione efficace e democratica in una realtà complessa come la scuola.

Il concorso per Dirigenti del 2011 è stato durissimo e selettivo e su esso si sono riversati centinaia di ricorsi di ogni tipo, avvallati anche dai noti “ricorsifici”, che hanno investito la giustizia amministrativa e quella penale, che puntavano all’annullamento della procedura (basti pensare alle discussioni e agli attacchi di politici, sindacati, esponenti di partito, allorquando si è optato per la preselettiva con schede informatiche anonime) ma in Calabria, a differenza di altre Regioni, nessuno dei ricorsi è stato ritenuto degno di accoglimento.
Con ciò non voglio dire che nei concorsi pubblici non si siano verificati casi, anche acclarati dalla giustizia, con interventi “altri e alti”, ma circoscrivere il fenomeno alla sola Calabria o al mondo scuola lo ritengo non esaustivo soprattutto perché il sistema è il medesimo in tutta Italia e non ci sono zone geografiche o comparti che non corrano il rischio di essere infettati da questo virus.
E da calabrese bisogna avere il coraggio e l’onestà intellettuale di dire che anche qui, come nel resto d’Italia, pure i meritevoli, sebbene a fatica e tra mille ostacoli all’interno di un sistema dove spesso il merito è mortificato, riescono ad affermarsi. E di quanti beneficiano di “altri” canali, sarebbe opportuno, per amore di verità, farne nomi e cognomi, non correndo così il rischio di tirare nel calderone anche chi può affermare di non rientrare in questa fattispecie.

Ho vinto il concorso da Dirigente Scolastico investendo il mio tempo e le mie energie nello studio assiduo e arrivando a sacrificare la mia famiglia. Proprio per questo, comunque, mi rifiuto di diventare l’esimente che possa legittimare un sistema di reclutamento dei dipendenti pubblici nel quale la certezza dell’anonimato non è garantita in tutte le fasi concorsuali e nel quale la presenza di alcune falle procedimentali e burocratiche potrebbe rendere rischiosa la garanzia di imparzialità.

Non mi appartengono, poi, alcune definizioni usate nell’articolo per descrivere i dirigenti scolastici. Rispetto le leggi come qualunque dirigente dello Stato deve fare, senza utilizzare mai gli strumenti che mi vengono riconosciuti in maniera “dispotica e autoritaria”. In altre parole, non ho mai fatto “quello che mi pare”, come non lo fanno i docenti della scuola che dirigo con i quali le decisioni vengono prese in maniera condivisa. Ciò non significa che non possa commettere degli errori, ma sono sempre pronta a rivedere le mie posizioni e decisioni nel rispetto delle norme vigenti.

Non nego, poi, che i dirigenti scolastici vengano, nostro malgrado, come lei ha scritto, considerati alla stregua dei manager, ma non è quello che vorremmo. Almeno non è quello che voglio io. La scuola non è un’azienda e tale non dovrebbe essere intesa, perché non deve fare profitti o distribuire merci, ma è il luogo ove si costruiscono visioni e ideali, dove si superano preconcetti e stereotipi e deve erogare ai cittadini un servizio di qualità, dove l’efficienza non si misura dal numero di prodotti venduti o dalle pratiche evase, ma da come si riescono a formare cittadini consapevoli e responsabili. Purtroppo, le pastoie burocratiche sono tali e tante che spesso gli aspetti didattici, se non si ha un corpo docente motivato e responsabile, rischiano di passare in secondo piano e non certo perché siamo interessati al nostro portafogli. Del resto, la busta paga parla da sola e risulta assolutamente sproporzionata, in peius, rispetto alle responsabilità (amministrative, contabili, civili e penali) che i legislatori ci hanno accollato, prima fra tutte quella sulla sicurezza delle scuole, nonché al numero di dipendenti e utenti che sono in organico (nel mio caso 120 dipendenti e oltre 700 alunni).

Non faccio, poi, che un breve cenno ai dirigenti scolastici europei i cui stipendi sono ben più alti, o agli altri dirigenti pubblici, il cui confronto tra responsabilità e retribuzione è oltremodo, per noi, umiliante. Basti solo ricordare che molti dirigenti pubblici sono dirigenti solo di sé stessi e percepiscono il triplo.
Del resto, che la scuola non sia un terreno su cui i nostri politici intendano investire è cosa arcinota: gli stessi stipendi dei docenti sono, vergognosamente, più bassi rispetto a quelli dei paesi più influenti della Comunità Europea e il riconoscimento sociale verso tutti gli operatori della scuola, grazie anche a certa disinformazione, è ai minimi storici.

Con l’ultima considerazione, poi, vorrei sfatare un mito: sono anche io iscritta CISL. Come tanti miei colleghi siamo tesserati di un sindacato. Ho scelto la CISL per le coperture assicurative in quanto la loro polizza mi è sembrata più conveniente ed estesa. Non ho mai chiesto né beneficiato di privilegi, del resto, quando dovevo essere trasferita, mi è stata assegnata l’ultima scuola che avevo indicato, la quindicesima, la più lontana da casa, quella che, presumibilmente, era rimasta. In ogni caso, la mia personale vicenda non vale a sollevare i sindacati da eventuali interferenze come quelle da lei evidenziate.
Ogni giorno percorro, come anche molti insegnanti e amministrativi, un’ora di macchina all’andata e una al ritorno. Non ho, come tutto il personale della scuola, benefit economici per questo (buoni pasto, rimborso spese, ecc. come avviene negli altri settori della p.a.), ma ho la gratificazione dei miei collaboratori, dei docenti, delle famiglie e, soprattutto, dei ragazzi. Questo mi interessa.

Concludo sottolineando la mia personale soddisfazione, nonostante tutto, per ciò che faccio e per come lo faccio: sono fiera della scuola che dirigo e per consentirle di vedere anche l’altra metà del mondo scuola, quella che non sempre è alla ribalta delle cronache, quella che a taluni fa comodo tacere, quella che non ama il palcoscenico mediatico e i riflettori preferendo la sostanza all’apparenza, la invito, con immutata stima e apprezzamento, a venire ad incontrare me, i miei docenti e i miei studenti e parlare con noi del valore della libertà, dell’importanza di avere gli strumenti culturali per non lasciarsi soggiogare dal potere, della necessità di investire nella formazione per essere donne e uomini liberi.

Simona Sansosti