Italietta 2023. Sorelle, cognati, consorti, figli e… Geronimo: è l’ora dell’Orgoglio Familista

(DI TOMMASO RODANO – ilfattoquotidiano.it) – L’evoluzione sociologica e in un certo senso genealogica del “familismo amorale” l’ha declinata Romano Prodi l’altra sera in televisione, ospite di Piazzapulita su La7: “Un tempo c’era il nepotismo, ora c’è il sorellismo, il cognatismo e il figlismo. È un progresso rispetto alla Prima Repubblica”. Sull’altare della famiglia si sacrifica ogni merito, e la politica – che della società è uno specchio e nemmeno il migliore – non si è mai distinta in senso contrario. Come sostiene Prodi, forse siamo di fronte a un’evoluzione: il nepotismo pane e salame di prima è esploso, è diventato familismo al cubo, che nessuno sente più il bisogno di giustificare, ma semmai rivendicare con una punta d’orgoglio.

L’ultimo caso è l’incarico di Geronimo La Russa, primogenito del presidente del Senato, nel consiglio d’amministrazione del Piccolo Teatro di Milano, una delle massime istituzioni culturali cittadine. La nomina è del ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano. A destra hanno tutti applaudito l’ultima conquista del giovane avvocato Geronimo, già “pluri poltronato”. A sinistra qualcuno ha alzato il sopracciglio, ma il sindaco Beppe Sala si è limitato a un’impercettibile perplessità: “Ho qualche remora sul suo percorso culturale” (i più attenti ricorderanno che tra i primi approcci del figlio di La Russa con la cultura ci fu il “raid” a casa Vecchioni durante una festa di adolescenti: lui e gli amici camerati razziarono di tutto, come ricorda sconsolato il cantautore, “mi rubarono anche le mutande”).

Fratelli d’Italia, come noto, è terra di conquista per diversi gradi di parentela; figli, sorelle, cognati; ogni cena di Natale può diventare un colloquio di lavoro. Arianna Meloni, amata sister della premier, è la seconda donna più potente del partito e il marito Francesco Lollobrigida era stato nominato (ministro “della sovranità alimentare”) ben prima di lei. Il memorabile Andrea Giambruno, se non avesse combinato i disastri pubblici che l’hanno reso un reietto privato, sarebbe ancora first gentleman e pure conduttore di un programma politico su Rete 4.

Al governo si stanno adeguando tutti, rapidamente, agli standard del primo partito. La Federcalcio ha appena assunto, uno dietro l’altro, i figli di due ministri: Filippo Tajani, secondogenito di Antonio, titolare della Farnesina, e Marta Giorgetti, erede di Giancarlo, custode dell’Economia. Spettacolare il commento assolutorio di Andrea Abodi, a sua volta ministro dello Sport: “Chi ha un cognome non deve avere privilegi ma non vorrei arrivare al punto che avendo un cognome si debba avere addirittura un danno”. Non pare che si corra questo pericolo.

Quante saghe dinastiche nella politica italiana: i Letta (zio e nipote), i Mattarella, i Cardinale, i Verdini (che si mescolano con i Salvini). Cortocircuiti che non sono esclusiva dei partiti della “famiglia tradizionale”: vanno forte anche a sinistra. La deputata Michela Di Biase del Pd è arcistufa di essere chiamata “Lady Franceschini” (ma forse sarebbe stata ancora più stufa se avesse dovuto rinunciare al peso politico del marito Dario, quando volavano i coltelli per le candidature). Nunzia De Girolamo invece non si stanca del marito Francesco Boccia: se l’è portato anche in tv per alzare gli ascolti del suo programma, Avanti popolo. Non ha funzionato. Vincenzo De Luca è in trance agonistica, si fa ospitare in ogni salotto per distruggere il suo Pd: partito delle correnti, delle filiere di potere, delle candidature telecomandate. Ma il figlio Roberto faceva l’assessore a Salerno, dove il papà è stato sindaco per una vita; l’altro, Piero, è alla seconda legislatura alla Camera nello stesso partito che il padre disprezza.

Sinistra Italiana è piccina, ha pochi eletti e due volti mediatici: Nicola Fratoianni ed Elisabetta Piccolotti, marito e moglie. Ce ne sarebbe stato forse un terzo: Aboubakar Soumahoro, ma la bruciante carriera dell’ex bracciante è stata distrutta dalle rivelazioni sugli affari della moglie e della suocera (arrestate). Per difendere il diritto della compagna a esibire i suoi vestiti griffati, lui che entrò in Parlamento con gli stivali di gomma rivendicò il “diritto alla moda”. A Matteo Renzi e Maria Elena Boschi le attività dei genitori hanno portato poca fortuna: la famiglia, come la mano di Mario Brega, po esse fero e po esse piuma.