Per dimensionamento delle istituzioni scolastiche si intende quel procedimento attraverso il quale la Regione opera ogni anno la razionalizzazione e programmazione della propria rete scolastica, secondo quanto stabilito dall’articolo 138 del D. lgs. 112/98 e dalla riforma del Titolo V della Costituzione.
Le Regioni, di concerto con i Comuni e le Province, devono provvedere a questa falcidia entro il 30 novembre di ogni anno. Ed è da questa regolamentazione imposta dallo Stato che deriva la questione che sta tenendo banco a Crotone e provincia in questo avvio d’autunno. Ma più in generale in tutta la Calabria.
In sostanza deve “dimagrire” il numero di dirigenti e direttori dei servizi e con essi il numero delle sedi scolastiche, mediante accorpamento, esistenti in ogni regione: dalle 961 previste nel 2024 alle 938 che dovranno essere nel 2027. Un risparmio di 23 sedi e in Calabria, nel medesimo arco temporale, il risparmio tra dirigenti e direttori dei servizi dovrà essere di 5 unità. Poca roba, è come se si stesse dando fuoco a una foresta (il patrimonio del sistema scolastico) per nutrirsi di poche lucertole alla brace. Una storia all’italiana, dunque, un Paese che strappa le tende di casa per farsi le mutande, credendo di risparmiare, e poi i soldi li spende in medicine per curarsi, ma molti, davvero molti di più di quanti ne avrebbe speso andando in merceria a comprarsi l’indispensabile indumento intimo.
Il malessere studentesco – e non solo quello – nella provincia di Crotone è diffuso e uniforme, nessuno è contento per come sono state prospettate le cose e si addita l’ ente Provincia come fautore di tutto. Quella stessa Provincia che dalla sua nascita, sino alla prematura soppressione imposta dalla legge Delrio, aveva fatto dell’edilizia scolastica il suo fiore all’occhiello, costruendo di sana pianta nuovi istituti, a cominciare dal “Pertini”. In buona sostanza, sta riaccadendo per la scuola quello che era avvenuto con i tagli alla sanità pubblica, laddove il risparmio della spesa ricadeva su scuola, appunto, sanità, servizi, welfare e pensioni.
Per quanto riguarda l’istruzione, si è passati dalle classi pollaio, conseguenti al taglio della spesa, allo sballottamento di studenti e insegnanti, passando per i banchi a rotelle dell’era Covid. La ratio del dimensionamento scolastico che si sta tentando di attuare è che possono essere assegnati un dirigente scolastico e un direttore dei servizi generali solo a istituzioni scolastiche con una popolazione di almeno 600 unità. Sotto questa soglia scatta l’accorpamento.
Il caso della sanità la dice lunga in merito agli effetti di certe scelte che alla distanza finiscono per far lievitare la spesa in maniera abnorme. Tra il 2010 e il 2015 con i governi Berlusconi prima e Monti dopo, furono tagliati 25 miliardi e successivamente altri 12. Accorpamenti e soppressioni di strutture ospedaliere, blocco di assunzioni di medici e personale sanitario, razionamento di presidi e attrezzature mediche li stiamo pagando ben oltre i 37 miliardi di tagli e il covid ha inferto il colpo letale. Macelleria sociale in nome di presunti risparmi di spesa che, qualora si registrassero, andrebbero a finire, tanto per fare un esempio, in quel pozzo senza fondo che è la spesa per il solo soccorso e smistamento dei migranti che nel 2017 aveva raggiunto quota 4,4 miliardi. Per contro, la spesa pubblica per sanità e istruzione, messe insieme, nello stesso anno di riferimento era aumentata di soli 600 milioni circa. E’ un paradosso una simile situazione contro il quale le regioni dovrebbero fare muro e innalzare barricate laddove gli si impone questa manfrina inutile del dimensionamento scolastico con un decreto legge che risale al 1998. Questo è quanto; agli studenti al massimo gli si può chiedere, come avrebbe fatto San Filippo Neri, “state buoni se potete”, mentre a chi governa e può decidere: “fate qualcosa, se volete”. Evviva la “SQUOLA” !
Antonella Policastrese