La morte del piccolo Giancarlo, parla il prof. Vinci: “L’hanno lasciato annegare”

Carmine Manna, il titolare della piscina di Campagnano

Al porto delle nebbie stamattina nuova udienza del processo a carico di Carmine Manna e di cinque istruttrici della piscina comunale di Campagnano per la morte del piccolo Giancarlo Esposito, di appena 4 anni.

Davanti al giudice Marco Bilotta ha deposto il professore Francesco Vinci, dell’Università di Bari, noto per il ruolo di consulente legale nella difesa di Raffaele Sollecito, indagato per l’omicidio della studentessa Erasmus inglese Meredith Kercher. E’ stato lui ad effettuare l’autopsia sul piccolo Giancarlo.

Vinci era stato già chiaro l’8 luglio 2014 nell’immediatezza dell’autopsia.

Posso confermare – aveva detto e ha detto ancora oggi – che si è trattato di un annegamento. Lo si evince dagli esami del sangue. Abbiamo controllato che vi fosse un uguale concentrazione di sangue nella cavità sinistra e destra del cuore. La densità era diversa. Ciò significa che c’è stato un passaggio d’acqua a livello polmonare.

Sono poi emersi altri rilievi generali che depongono nettamente a favore di questa ipotesi: microemorragie e congestione di vasi. Nel complesso quello che si evince consente di fare una diagnosi compatibile con l’annegamento”.

Vinci ha anche aggiunto che non ha trovato cibo nello stomaco ma solo acqua, nè tantomeno ha riscontrato nessun’altra patologia. Ragion per cui il bimbo è morto per annegamento

Non solo. Il medico legale ha confermato che il piccolo Giancarlo non è stato salvato perché non è stato tirato fuori dall’acqua in tempo.

Il processo è stato rinviato al 27 febbraio, quando deporrà la madre di Giancarlo, Alessandra Gozzi e alcuni testi della parte civile.

Il quadro, dunque, è in perfetta linea con quello che scriviamo da un anno. Esistono gravissime responsabilità dei gestori della piscina di Campagnano per la morte del piccolo Giancarlo. Responsabilità che sono state coperte da una procura allineata e coperta con il “sistema” messo in piedi dal sindaco della città, con il quale Carmine Manna è tuttora sodale.

Manna è stato addirittura assessore fino alla conclusione traumatica della consiliatura e si è ricandidato con Occhiuto anche alle ultime elezioni. La procura ha fatto di tutto per rallentare l’incardinamento del processo, non ha preso nessun provvedimento nei confronti della piscina comunale e anche le indagini hanno lasciato parecchio a desiderare. Ma quanto sta emergendo dal processo, con testimonianze sempre più chiare e precise contro Manna e le sue collaboratrici, non potrà restare impunito.

Cosenza si sta svegliando.