La strage di via Popilia

Dopo l’estate del 2000 si incrina il rapporto “collaborativo” instaurato dalla “confederazione” con la criminalità nomade. Rapporto che prevedeva una precisa divisione del mercato della droga: gli “italiani” trattavano la cocaina, gli zingari l’eroina.

La rottura dell’alleanza viene sancita dalla strage di via Popilia. Nel novembre del 2000 vengono infatti massacrati a colpi di kalashnikov, Benito Aldo Chiodo e Francesco Tucci.

La strage viene concepita da Franco Bevilacqua con una crudeltà incredibile.

Francu i Mafarda è l’esecutore materiale del delitto. E’ lui stesso a raccontare come a colpi di kalashnikov semina il panico in via Popilia in un sereno tardo pomeriggio del 9 novembre 2000. Il vero bersaglio, il 39enne Chiodo, viene centrato senza pietà, ma con lui muore anche Tucci, padre di famiglia 48enne, reo di trovarsi nel posto sbagliato in compagnia della persona sbagliata.

Mario Trinni, anch’egli estraneo ai contrasti tra il gruppo dei nomadi e il clan Perna – Ruà, in cui matura il delitto, è una specie di ‘miracolato’. Rimane ferito, ma si salva. Al centro della bagarre tra le due ‘ndrine, secondo quanto emerso dalle indagini, il commercio di cocaina.

La cocaina sarà fatale anche a Giuseppe Giugliano, 34 anni, capo di una band autonoma dalle cosche specializzata proprio nel traffico di droga.

Il 20 febbraio 2001 Giugliano viene ammazzato all’interno di un negozio di generi alimentari di piazza Valdesi. L’organizzazione operava utilizzando come appoggio logistico il negozio gestito da Giugliano. La droga invece veniva tenuta nascosta nel giardino dell’abitazione della famiglia Le Piane, a contrada Badessa.

Due mesi dopo a Potame viene fatto fuori un altro membro di questa organizzazione autonoma, Eugenio Ameruso.

Un evento imprevisto, tuttavia, scuoterà nei mesi seguenti gli equilibri già precari delle cosche in guerra: il pentimento del boss cosentino dei nomadi, Franco Bevilacqua. L’uomo svelerà agli inquirenti scenari inquietanti, raccontando di omicidi in preparazione e, persino, di una strage che avrebbe dovuto compiere il giorno di Natale del 2000.

Dopo il pentimento di Bevilacqua spariranno tre suoi sodali: Gianfranco Iannuzzi, “a ‘ntacca” (aprile 2001), Sestino Bevilacqua (novembre 2002) e Antonio Benincasa, “Vallanzasca” (maggio 2004).

Nel luglio del 2002, invece, sarà freddato Carmine Pezzulli, il “contabile” delle vecchie cosche.

Poi, finalmente, un periodo abbastanza lungo di pace. Interrotto soltanto dalla sparizione, nel 2006, di Angelo Cerminara a Cosenza. E dalla drammatica morte di una donna, Liberata Martire, morta a 39 anni nel corso di un raid punitivo nei confronti del marito Rocco Bevilacqua. Era il 29 gennaio 2007, via degli Stadi: il commando sparò alla cieca contro le finestre della sua abitazione e la figlia tredicenne la vide spirare.

Successivamente, il ritorno degli ultimi due rampolli della famiglia Bruni.

Michele Bruni, “erede” designato di Francesco, è morto nel giugno 2012 per malattia mentre il fratello, Luca, è sparito per sempre il tre gennaio 2013.

La cosca, di fatto, non esiste più.

Dell’omicidio di Luca Bruni scriviamo diffusamente nel capitolo dei pentiti.